Il cardinale Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo di Managua, ha invitato ieri in occasione dell’inizio della Quaresima, ad “amare il nemico”, senza fare riferimenti espliciti alle frasi pronunciate, il giorno precedente, dal presidente Daniel Ortega, che aveva bollato come “mafiosi” sacerdoti, vescovi, cardinali e perfino Papa Francesco. In un messaggio, infatti, l’arcivescovo ha affermato che il Signore ha proposto di “iniziare questo tempo di Quaresima, come progetto di vita, per amare il nemico, per pregare per quella persona che non ci piace, che è indifferente, perché Lui è venuto ad amarci tutti, senza distinzione”.
Daniel Ortega, come accennato, prosegue imperterrito negli attacchi alla Chiesa. Martedì, nel messaggio per l’anniversario dell’uccisione dell’eroe nicaraguense Augusto Sandino, ha accusato la gerarchia cattolica di “gravi crimini e orrori”, aggiungendo che “il papato ha dato tutto il suo appoggio a Mussolini, un alleato di Hitler”. Ha proseguito il presidente: “Che rispetto posso avere per i vescovi che ho conosciuto in Nicaragua, se erano somozisti? (cioè vicini al dittatore Somoza, spodestato dalla rivoluzione sandinista). Non credo nei papi o nei re: chi sceglie il Papa? Se vogliamo parlare di democrazia, il popolo dovrebbe innanzitutto eleggere i sacerdoti del popolo, i vescovi, e quello che ha il maggior sostegno da parte del popolo, dovrebbe essere il vescovo. Dovrebbe esserci una votazione tra il popolo cattolico in modo che anche il Papa sia eletto con voto diretto e non dalla mafia organizzata in Vaticano”. Il dittatore ha poi aggiunto di essere “un rivoluzionario grazie a Cristo”: “Mi sono formato nel cattolicesimo. Sono stato battezzato, ho fatto la prima comunione e sono stato confermato, ma non ho mai avuto affetto o rispetto per la maggior parte delle persone religiose”.
Nel discorso non ci sono stati riferimenti ai 222 detenuti politici deportati di recente negli Stati Uniti dopo essere stati privati di ogni diritto di cittadinanza e dei propri beni. E neppure al vescovo di Matagalpa, mons. Rolando Álvarez, condannato a 26 anni dalla “giustizia” del regime. Ieri, attraverso i social network, il Centro nicaraguense per i diritti umani (Cenidh) ha chiesto la liberazione immediata del vescovo, “detenuto ingiustamente”, e ha denunciato che, dal momento della reclusione nel carcere di La Modelo, non si ha alcuna notizia di lui, e non è stata concessa alcuna visita ai familiari. “La sua vita è in pericolo”, denuncia l’organizzazione.
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