“Gesù, sei condannato a morte. Quando penso a te in questo momento, penso a tutti gli ucraini che sono stati condannati a morte. Molti di loro non hanno nemmeno avuto il tempo di rendersi conto dell’inevitabilità della morte, di provare a fare qualcosa, di accettare questa morte. Penso anche a quegli ucraini che ora sono prigionieri del nemico e che non sanno se sopravvivranno e rivedranno i loro cari”. È cominciata con queste parole, cariche di dolore e nel ricordo di tutte le vittime, “La 366ª stazione”, la Via Crucis che, da un rifugio di Kiev, l’équipe dell’Ufficio nazionale di Caritas-Spes Ucraina ha trasmesso su YouTube venerdì 24 febbraio, giorno dell’anniversario dell’inizio della guerra su vasta scala in Ucraina.Le meditazioni di ogni “stazione” sono state scritte dai dipendenti di Caritas-Spes Ucraina. Nelle loro parole esprimono il dolore che il popolo ucraino ha provato. L’inizio dell’attacco, le fosse comuni, le morti, la preoccupazione per i figli partiti sul fronte, il coraggio delle donne, la distruzione di città e villaggi, le domande dei bambini.
Ogni stazione racconta, a partire dal Calvario vissuto da Gesù, una storia personale. “Da un anno, l’aggressore sta torturando impietosamente il nostro Paese”, ha detto mons. Oleksandr Yazlovetskyi, vescovo ausiliare della diocesi di Kyiv-Zhytomy. “In questo anno sono stati brutalmente uccisi civili e soldati. Milioni di persone sfollate sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Migliaia di villaggi sono stati completamente distrutti. Nell’anniversario di questa tragedia, il nostro Paese ha camminato e continua ancora oggi a camminare questa Via Crucis che è molto simile a quella che ha vissuto Gesù 2000 anni fa”.
Ogni quadro della Via Crucis si riattualizza. Prende i volti del popolo ucraino. Prende vita con le situazioni vissute in questo anno di guerra. Nella stazione numero 2 in cui si fa memoria di Gesù che si carica la croce sulle spalle, si percorre il giorno in cui è iniziato l’attacco armato su vasta scala della Russia contro l’Ucraina. “Mamma… Papà… Figlio… Figlia… Svegliatevi… È iniziata la grande invasione del nostro Paese. La guerra… Al mattino abbiamo sentito queste parole… Sirene ed esplosioni si sentono nelle città. Il figlio fa i bagagli, rassicura i genitori, la moglie, i figli e si arruola nell’esercito per difendere il suo Paese. Capisce che questa sarà una Via Crucis con prove e tribolazioni”.
L’incontro di Gesù con la Madre è il quadro in cui si fa memoria di tutte le donne ucraine che sono rimaste a fianco dei loro figli. “La mamma finge di essere coraggiosa, forte e quasi onnipotente. Sembra fragile, sensibile, tenera, ma in realtà è onnipotente, onnipotente nell’amore per il suo bambino. È questo amore che dà al bambino la forza, il coraggio e la resistenza per andare avanti, in salita”. Nella figura di Simone di Cirene, vengono ricordati tutti i volontari e gli operatori umanitari che hanno scelto di prendere la croce di “coloro che hanno perso la casa, che non hanno modo di guadagnarsi il pane, che stanno affrontando un lungo viaggio come emigranti o che si trovano in altre situazioni di bisogno”.
Un anno di telefonate e quel filo spesso sottilissimo della speranza che non muore. Il suono acuto del telefono irrompe nei pensieri della madre. Da 4 mesi è fonte di speranza e di ansia. “Pronto… No, non sento niente, nessuno dice niente…Il figlio di Valentina è tornato dalla prigionia. Dice che lì era un tale inferno che nessuno è sopravvissuto, ma io non ci credo. Dobbiamo pregare e aspettare”.Quando Gesù cade sotto la croce per la terza volta, si ricordano i missili che “seminano morte tutt’intorno. Non scelgono. Chi sarà il prossimo? Forse io? Freddo, buio e disperazione. Non ho più la forza di resistere. Forse la morte è la mia salvezza? Prendiamo la croce sulle nostre spalle insieme a tutta l’Ucraina”. “O Signore, Tu hai resistito ad ogni caduta e sei salito sul Calvario. Dacci la forza di rialzarci e la fede che la nostra sofferenza ci porterà alla vittoria”. Nella via della Croce ci sono anche le donne di Bucha, Izyum, Mariupol, Kherson a cui sono stati “strappati i vestiti, la verginità, la vita”. “Gesù, mi sento coinvolto. Mi sento coinvolto dal loro dolore, dalle loro ferite e dalla loro nudità. Sento che in ognuna di loro ci sono io. Proprio come in ogni casa distrutta, in ogni stanza delle tortura, in ogni tomba”.
Gesù è inchiodato sulla Croce. “Sei stato inchiodato a un albero, sanguinante, e tutta l’Ucraina sanguina con te, inchiodata alla croce della guerra: Mariupol, Charkiv, Olenivka, Dnipro, Kramatorsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv, Kyiv, Bakhmut, Vinnytsia… Quante lacrime e quanto sangue sono stati versati durante questo periodo di guerra”. “Oggi ricorre un anno da quando abbiamo visto tanti ucraini innocenti non solo deposti in una tomba, ma anche torturati prima di essere gettati in fosse comuni, privati della loro dignità.La tua storia, Gesù, sembra ripetersi. “Gesù, l’unica consolazione in tutti questi luoghi è che Tu hai dato la vita per ciascuno di coloro che oggi sono con Te. Ti chiediamo di stare con noi, di accompagnare personalmente tutti coloro che hanno perso i propri cari e tutti noi nel nostro cammino terreno, nelle gioie e nei dolori”.