Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”
Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”
Leggi la quinta puntata: Le badanti e la loro condizione di vita
Leggi la sesta puntata: https://www.ancoraonline.it/2023/03/02/partenza-senza-arrivo/
In Italia la dispersione scolastica nelle scuole di II grado è molto diminuita rispetto al passato, tuttavia il nostro paese occupa un terz’ultimo posto in Europa nel 2021. Il tema dell’abbandono scolastico dovrebbe essere una preoccupazione per tutti noi, per la società e per il governo. Troppi ragazzi rinunciano ad una preparazione adeguata, con gravi conseguenze per il loro futuro lavorativo e per l’intera società.
Ma chi sono gli studenti in Italia che decidono di lasciare prematuramente la scuola e quali sono le loro motivazioni?
Le cause sono articolate, ma vertono sempre e comunque intorno all’aspetto socio economico, in primis. Dunque, in molti rinunciano a studiare per necessità. Tuttavia, ci sono altre motivazioni come, l’inadeguatezza della scuola: obsoleta, che non risponde alle esigenze dei giovani, con metodi di studio inefficaci. E, come se non bastasse, ultimamente abbiamo anche vissuto il periodo pandemico del Covid 19 che ha arrecato disagi.
Nel periodo del lockdown le scuole hanno dovuto adattarsi e impartire lezioni a distanza, tramite mezzi informatici. Se da un lato abbiamo gioito perché le lezioni non sono state interrotte, dall’altro lato ci siamo resi conto dell’esistenza di un divario sociale, a causa della difficoltà di accesso alle classi virtuali da parte di ragazzi appartenenti a famiglie povere; tra queste molti immigrati. Dai dati del Ministero dell’Istruzione, infatti, si evince che l’abbandono scolastico è maggiore tra gli studenti stranieri rispetto a quelli italiani. Studenti con menti brillanti, costretti ad abbandonare la scuola per portare in famiglia uno stipendio, con perdita a livello personale ma anche a livello di collettività.
L’aspetto economico tuttavia, anche se determinante, non è l’unico. Anche l’allontanamento dal gruppo classe e dagli insegnanti, che serviva da stimolo nello studio, ha inciso sulla scelta dell’abbandono. Studiare da soli non ha permesso ai ragazzi di superare i singoli ostacoli nelle materie curricolari. È mancata anche l’assistenza psicologica per i tanto fragili adolescenti. È mancata la scuola, come Istituzione. Al posto di una scuola con vocazione per l’avvenire dei ragazzi abbiamo visto una scuola asettica, interessata alla propria sopravvivenza, una scuola che ha trascurato la parte più importante che la compone, cioè, i ragazzi. Abbiamo visto insegnanti stremati, in difficoltà per il carico di lavoro, alcuni di loro finendo per riversare le loro frustrazioni sugli studenti. Abbiamo visto qualche preside impegnato a difendere regole d’istituto e a sbandierare la realizzazione di innumerevoli attività extra curriculari. Attenti al management e a non “trasgredire direttive”, hanno perso di vista il diritto dei ragazzi ad essere accolti e sostenuti, al di là di tutto.
Un plauso ai tanti singoli lavoratori della scuola che hanno continuato, tra mille difficoltà, a lavorare con passione!
Adesso, finito il periodo acuto della pandemia, ci si appresta ad individuare e a contare i danni. Si parla di una generazione di adolescenti arrendevoli, confusi e soprattutto arrabbiati. E come dargli torto? La scusa dei “fenomeni estremi”, cioè della pandemia, può funzionare fino ad un certo punto. Lo Stato, la società laica, quella religiosa, dove sono stati? Siamo così deboli da non poter supportare una generazione di adolescenti in un momento problematico, oppure c’è semplicemente tanta indifferenza e tanto individualismo? O è forse incapacità? Smettiamo di chiederci “perché tanto rancore e fallimenti tra i giovanissimi?”. Sappiamo il perché, ci manca solo l’umiltà per ammetterlo.
La critica tuttavia serve solo se costruttiva; sollevare i problemi per poi cercarne le soluzioni. Bisogna partire in fretta dalla realizzazione di nuovi progetti di miglioramento nel campo della formazione dei ragazzi. Occorre rimediare alle nostre mancanze offrendo, prima di tutto, aiuti economici agli studenti bisognosi che vogliono studiare, aiuti con ripetizioni nelle materie curriculari, scoraggiandogli in questo modo ad abbandonare la scuola prematuramente. Occorre poi riformare la scuola, rivedendo le competenze-chiave e le abilità di base, da far acquisire ai ragazzi fin da piccoli; ritoccando le materie curriculari e la metodologia di studio, con l’avvio ad approcci diversi; consolidando le competenze informatiche, sia dei ragazzi che degli insegnanti; dotando le aule di tecnologia moderna; mettendo in sicurezza gli immobili, affinando l’insegnamento civico per formare una coscienza nel rispetto delle diversità.
Abbiamo finalmente l’occasione e mezzi per modellare una nuova scuola; inclusiva, accogliente, di qualità, con insegnanti dotati di vocazione; una scuola che non lasci indietro nessuno. Con mediazione interculturale per gli immigrati e per l’intera classe, perché tutti gli alunni hanno necessità di familiarizzare con la novità. La novità deve essere vista come ricchezza e plus valore, non come discriminante.
Non sprechiamo l’opportunità di migliorare!