“Non dovrebbe esserci in noi la propensione all’insulto o al vilipendio dell’avversario che si nota in certi dibattiti politici e che tanto danno arrecano alla convivenza civile”. Lo ha detto padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella prima predica di Quaresima per i cardinali e i membri della Curia, in Aula Paolo VI.

“Davanti ad eventi e realtà sociali ed ecclesiali – l’analisi del religioso – siamo portati a schierarci subito da una parte e demonizzare quella avversaria: se scoppia una guerra, ognuno prega lo stesso Dio di dare la vittoria ai propri eserciti e annientare quelli del nemico”. “Ciò non significa che sia proibito avere preferenze in campo politico, sociale o teologico o che sia possibile non averle”, ha puntualizzato Cantalamessa: “ma non dovremmo mai pretendere che Dio si schieri dalla nostra parte contro l’avversario e neppure dovremmo chiederlo a chi ci governa. È come chiedere a un padre di scegliere tra due figli. Dio sta con tutti e perciò non sta contro nessuno”.

“C’è qualcuno nei confronti del quale occorre essere intransigenti: quel qualcuno è il mio io”, ha spiegato il religioso illustrando la virtù della condiscendenza, che nel Nuovo Testamento assume il nome di benignità: “Siamo portati ad essere intransigenti con gli altri e indulgenti con noi stessi, mentre dovremmo fare il contrario: severi con noi stessi, longanimi con gli altri. Basterebbe questo da solo a santificare la nostra Quaresima”.

“Essere onesti nel tribunale del proprio cuore nei confronti della persona con cui si è in disaccordo”, l’indicazione di rotta: “Quando mi accorgo che sto mettendo sotto accusa qualcuno dentro di me, devo stare attento a non schierarmi sempre dalla mia parte, ma cercare invece mettermi nei panni dell’altro per capire le sue ragioni e quello che lui stesso potrebbe dire a me”. Questo esercizio, per il predicatore della Casa Pontificia, “non si deve fare soltanto nei confronti della singola persona, ma anche della corrente di pensiero con cui sono in disaccordo e della soluzione da essa proposta a un certo problema in discussione, nel Sinodo o in altro ambito”. L’esempio citato è quello di San Tommaso, che “premette a ogni sua tesi le ragioni dell’avversario che mai banalizza o ridicolizza, ma prende sul serio e ad esse risponde poi con le ragioni che ritiene le più conformi alla fede e alla morale. “Non si tratta di eliminare il giudizio dalla nostra vita, ma – come diceva Sant’Agostino – di eliminare il veleno dal nostro giudizio, cioè la condanna l’astio, l’ostracismo”, ha concluso Cantalamessa: “Un genitore, un superiore, un giudice, chiunque ha una responsabilità sugli altri deve giudicare. La forza dell’amore cristiano sta nel fatto che è capace di cambiare segno anche al giudizio, e dal segno di non amore farne segno di amore. Non certo con le nostre forze, ma grazie all’amore effuso da nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato”.

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