GROTTAMMARE – Nel libro “Le immagini non mentono quasi mai”, scritto da Francesco Vitali Gentilini e pubblicato da Poderosa edizioni, è possibile rivivere la storia e la cronaca in 151 Paesi, attraverso gli occhi di Claudio Speranza, videoreporter, giornalista, inviato speciale per meriti, per oltre mezzo secolo tra i più attenti testimoni del Tg1. Il libro, con prefazione di Nuccio Fava e la postfazione curata da Antonio Catolfi, è arricchito da più di 100 scatti. Numerosi i premi che ha ricevuto, tra cui quello dedicato a Ilaria Alpi/Hrovatin. È membro di Reporters Sans Frontières e dell’associazione dei Giornalisti Europei. Ancora oggi lavora come documentarista freelance, seguendo problematiche ambientali e sociali. Oggi, in pensione, Speranza si divide tra Roma e Grottammare.
Claudio la sua passione per la fotografia nasce quando era ancora un ragazzino, sfogliando l’album di famiglia che suo padre aveva realizzato con una Voigtlander a soffietto.
Pensandoci bene è proprio così. La mia passione al racconto per immagini nacque da bambino guardando gli album con le foto di famiglia ben custoditi nel cassetto di un armadio della sala da pranzo. La mia prima fotografia pensai di scattarla con mio padre felice di starmi vicino. Con il suo aiuto cercammo un posto dove inquadrare la mia città da un’angolazione insolita e la trovammo a San Pietro in Castello, una Chiesa situata tra piazza Ventidio Basso e Porta Solestà di Ascoli Piceno. L’inquadratura era suggestiva ma mio padre mi fece subito notare l’errore che stavo commettendo: avevo dimenticato la pellicola nella macchina. Il primo insegnamento anche in campo fotografico fu proprio di mio padre.
Lei afferma che durante i suoi viaggi aveva sempre con sé, in valigia, il libro “Il Piccolo Principe”. Perché?
“Il Piccolo Principe” è stato e continua ad essere per me il compagno di viaggio e il porta fortuna, fu il regalo di una ragazza a me cara. Antoine De Saint Exupery nella sua splendida opera ricorda a tutti noi ad avere maggiore tolleranza verso gli altri e ammirazione verso il mondo intero. La sua rosa ci indica un insegnamento sulla vera essenza dell’amore.
Lei ha anche lavorato con Eduardo De Filippo in “Natale a casa Cupiello” e in “Questi fantasmi”. Cosa ricorda di quella esperienza?
Ricordo la gioia che ebbi quando mi fu comunicato che sarei stato uno dei tre cameraman che avrebbero lavorato con Eduardo De Filippo grande drammaturgo del teatro napoletano, ma alle prime armi con il mezzo televisivo. Conobbi Eduardo in una sala prove di via Ottaviano e subito ne ebbi un’impressione particolare quando volle ironizzare benevolmente sul mio cognome avvicinandolo alla buona fortuna. Eduardo era un attore, drammaturgo e regista teatrale, ma aveva pochissima esperienza nella ripresa televisiva con tre telecamere in studio e fu questa la ragione perché anche a noi cameraman fu affidato un ruolo di maggiore collaborazione, impegno e responsabilità. Durante l’impostazione della prima ripresa televisiva, quello che apprezzammo di più di Eduardo fu l’umiltà. Capimmo subito che il suo compito era soprattutto l’insegnamento della recitazione agli attori, per la ripresa televisiva lasciò fare molto a Stefano De Stefani regista televisivo di supporto e a noi cameraman. “Natale a casa Cupiello” era una commedia tragicomica scritta da Eduardo ed era considerata tra le sue opere più significative per come racconta la metafora del disfacimento e della ricomposizione della famiglia. “Questi Fantasmi” è l’altra opera famosa di Eduardo che riprendemmo nel 1962 allo studio tre di via Teulada. I fantasmi erano una metafora per indicare virtù e vizi dei personaggi. Altra commedia dove conoscemmo non solo la sua immensa bravura come attore e la sua grande umiltà come tutti i grandi.
Dai terremoti agli attentati terroristici italiani ed esteri, come quello alle Torri Gemelle ed ancora viaggi spaziali, incontri sportivi e teatrali. Quale avvenimento l’ha colpito di più?
Ogni avvenimento ha una sua storia a sé che trasmette una determinata emozione ed è difficile stabilire quale mi ha colpito di più. Provo a ricordarne qualcuno che forse più di altri mi ha segnato e rimasto nel cuore. L’attentato al World Trade Center con l’abbattimento delle Torri Gemelle per opera di Al Qaida movimento terroristico di ideologia islamista. Seguii quella brutta storia partendo da Roma qualche ora dopo l’accaduto con Lilli Gruber e Pino Scaccia. Non ripresi solo macerie fumanti e Vigili del Fuoco ancora a lavoro sul terreno e dall’alto a bordo di un elicottero furono le immagini più significative che filmai mostrando l’intera catastrofe voluta purtroppo dall’uomo. Ripresi anche il terrore nei volti degli americani. Un popolo che non era abituato ad avere attacchi in casa propria, la guerra l’avevano fatta sempre fuori dal loro territorio e vista in televisione e riferita ad altri paesi. Ho vissuto la tragedia provocata dai terremoti in Algeria, Grecia, Turchia e in casa nostra in Friuli, Marche e Irpinia che fu il peggiore per il gran numero di morti. Tragedie queste volute dalla natura e forse meno dolorose dalle altre volute dall’uomo. In tutti i terremoti ho sofferto ma davanti alle macerie della mia Arquata e delle sue Frazioni ho pianto. Tra i miei viaggi “spaziali” aggiungo “magari” perché avrei seguito tanto volentieri nello spazio con la telecamera Samantha Cristoforetti ma la fortuna questa volta non mi ha assistito, ero troppo vecchio. Restando in tema sono stato più volte al Kennedy Space Center della Nasa di Cape Canaveral in Florida, nel centro spaziale di Kourou in Guyana francese nella Città delle Stelle di Mosca dove vivono gli astronauti. Dei momenti vissuti nell’ambiente spaziale ne ricordo in particolare due. Nel gennaio 1986 quando lo Space Shattle Challenger esplose dopo 70 secondi di volo causando la morte dei sei astronauti e della giovane maestrina Christa Mc Auliffe. Non ho mai dimenticato il dolore e la rabbia che provai seguendo con l’obiettivo il volo di quel razzo e vederlo esplodere, fu tremendo. Per pochi secondi non riuscii a filmare perché la loupe si appannò con le mie lacrime, ma dovevo seguitare a riprendere cercando di nuovo quella maledetta scia di fuoco. Non dovevo fermarmi, quello era il mio mestiere. Altro episodio sempre nell’argomento spazio ma questa volta fu un bel ricordo, l’ho vissuto nell’Euro Space Center a Transinne in Belgio dove ci si può esercitare come veri astronauti e dove risulta fisicamente idoneo al volo spaziale, fu questa una bella soddisfazione. Nello sport ho ripreso un po’ tutte le discipline: il calcio di serie A per 90° Minuto e La Domenica Sportiva e la nostra Nazionale in più Mondiali, il pugilato di Nino Benvenuti, l’atletica leggera di Pietro Mennea e del suo grande allenatore Carlo Vittori ascolano come me. Nello sport gli avvenimenti che più mi hanno colpito sono tutti legati però al ciclismo e in particolare al “Processo alla Tappa” creato e guidato da Sergio Zavoli dove si raccontava la corsa, ma soprattutto il lato umano non sempre visibile nei corridori.
Lei è stato testimone di numerosi eventi storici, incluso quello tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov a Reykjavík, fino al conflitto russo-ucraino.
Tra gli eventi storici che ho vissuto c’è l’incontro di Reagan e Gorbaciov avvenuto nel 1986 a Reykiavik in Islanda che fu uno storico passo verso la fine della guerra fredda. Altro avvenimento che ho filmato fu l’abbattimento della cortina di ferro a Hegyeshalom in Ungheria e il ritiro dell’Armata Rossa che avvenne poco prima del crollo dell’Unione Sovietica. Nel 2002 fui aggregato ai soldati americani a caccia di Osama bin Laden terrorista saudita fondamentalista islamico autore dell’attacco terroristico in America. Ho ripreso la guerra nei Balcani con l’assedio di Sarajevo durato dall’aprile del 1992 al febbraio del 1996. Tra le aree di crisi e di guerra che ho ripreso negli anni il conflitto nei Balcani è stato il più sofferto per tanti ed anche per me. Il conflitto russo-ucraino assurdo e triste come tutti i conflitti l’ho vissuto e purtroppo continuo a seguirlo dalla mia poltrona di casa, e resto con la speranza che si arrivi presto ad una pace.
La sua idea di giornalismo è fondata su un’etica professionale e umana, proprio come quella che ha guidato grandi professionisti come Mauro De Mauro, Peppino Impastato, Mauro Rostagno e Giancarlo Siani. Che messaggio si sente di mandare ai giovani che vogliono intraprendere questa professione?
Questi sono gli eroi del giornalismo d’inchiesta, lasciami ricordare anche i cinefotoreporter che hanno perso la vita per raccontare in immagini colpi di Stato, rivoluzioni e guerre come: Peter Brysky, Giacomo Cerina, Raffaele Ciriello, Dario Dangelo, Leonardo Henrichsen, Miran Hrovatin, Miguel Gil Moreno, Alessandro Ota e Marcello Palmisano solo per citarne alcuni. A loro va la mia eterna memoria e riconoscenza per averci insegnato che la verità va raccontata costi quel che costi. Ai giovani che vogliono fare informazione giornalistica scritta, parlata e in immagini voglio anche ricordare di avere sempre l’intelligenza di separare la notizia dalle opinioni personali e sentire sempre la professione come una missione. Un giorno l’indimenticabile Enzo Biagi a tutti noi che lavoravamo con lui in “Linea Diretta” volle ricordarci che: “l’informazione è simile ad un acquedotto che deve impegnarsi a non portare acqua inquinata nelle case dei suoi lettori”.
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