(da Ferrara) “Papa Francesco ha indicato tra i fattori di pace una sana educazione. In questo contesto grave di guerra che ci avvicina ad un futuro che neanche osiamo immaginare, lavorare sull’educazione, sui ragazzi, sui manuali significa investire su una possibilità di pace”. Lo ha sottolineato mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intervenendo oggi, in collegamento online, al convegno che si è aperto questo pomeriggio a Ferrara su “Ebraismo e Cristianesimo a Scuola. 16 Schede per conoscerci meglio”. Presso il Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah (Mei) le 16 schede “per conoscere l’ebraismo” sono state presentate alla presenza delle autorità locali e dei massimi rappresentanti della Cei e dell’Ucei. Le schede sono frutto di un lavoro congiunto realizzato da un gruppo misto di redattori ebrei e cattolici e sono state simbolicamente consegnate ad alcuni tra i più importanti editori italiani di libri di testo per le scuole. Un’iniziativa promossa congiuntamente dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) e dall’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) per scardinare i pregiudizi più ricorrenti e dare a scuola, alle nuove generazioni, una corretta conoscenza e trasmissione della tradizione e della storia ebraica.
“Lavorare sull’educazione significa lavorare sui giovani ma anche sul futuro”, ha detto mons. Baturi. “Queste schede aiutano e devono poter aiutare gli insegnanti e gli studenti a restare aperti alla realtà”. Se non lo si fa, il rischio è quello di “arroccarsi sul pregiudizio”. Questo significa che “nell’educazione autentica, la conoscenza è legata strettamente all’incontro con l’altro e al desiderio di accoglierlo, di conoscerlo, di lasciarlo parlare. Significa che non c’è conoscenza senza dialogo, senza incontro, e senza ascolto della testimonianza”. Di fronte ai fenomeni di antisemitismo che purtroppo sono in aumento anche tra i giovanissimi, “la fiducia in tutti noi è – ha detto Baturi – che la conoscenza della realtà dell’ebraismo, l’incontro con gli uomini e le donne che sono portatrici e portatori di queste tradizioni, sia capace di influire sui comportamenti. Confidiamo che anche i comportamenti denunciati di razzismo, di superficialità e di ignoranza possano essere vinti. Tutte le volte che la ragione viene educata, tutte le volte in cui l’accoglienza è possibile, anche i comportamenti possono essere influenzati dalla prospettiva di un bene maggiore”. “Lavorare sull’educazione – ha quindi concluso Baturi – significa lavorare su una possibilità di convivenza piena di rispetto e di riconoscimento reciproco”.