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Carlo Casini. Storia privata di un testimone del nostro tempo

Carlo Casini (foto SIR/European Parliament)

Giovanna Pasqualin Traversa

Non ha bisogno di presentazioni: magistrato, deputato, europarlamentare, leader del Movimento per la Vita, fondatore e ispiratore della Federazione europea “One of Us”. A lui è dedicato “Carlo Casini. Storia privata di un testimone del nostro tempo” (ed. San Paolo), da oggi in libreria. Se la forma letteraria è quella dell’intervista – che il direttore di Famiglia Cristiana Stefano Stimamiglio sviluppa nel colloquio con Marina Casini, figlia primogenita di Carlo – il contenuto ha il profilo di una vera e propria biografia: Marina ha infatti saputo unire l’apporto della ricca documentazione consultata con i ricordi suoi e dei familiari.

Sulle ali della storia. Con semplicità e profondità la narrazione si muove a partire dalla nascita di Casini a Firenze, nella casa di via del Lasca, la notte del 4 marzo 1935, fino al momento del congedo dalla vita terrena il 23 marzo 2020, primo giorno del triduo dell’Annunciazione. Un racconto avvincente che rende il lettore partecipe dell’avventura umana di un uomo dalla cui storia, anche privata, traspare il servizio alla società civile ed ecclesiale. Le 176 pagine in cui si snoda l’intervista scorrono agilmente e ci fanno entrare nel mondo più intimo di Casini, quello della famiglia di origine, dell’infanzia, degli anni giovanili e della formazione culturale e cristiana, dell’incontro con la moglie Maria, e del suo essere sposo, padre, nonno, per giungere al duro periodo della malattia affrontata consapevolmente e santamente in atteggiamento di offerta totale. Una circostanza che fa scrivere a Stimamiglio nell’introduzione di aver vissuto“ancora una volta lo stupore di fronte a come Gesù lavora nel tempo le anime e rende le loro biografie, almeno quelle che glielo permettono, simili alla sua: apparentemente sconfitte dal tempo e dalla morte, eppure vive, vivissime, vincenti nella fede, che in lui era davvero fondata sulla roccia, perché fondata sulle promesse di Gesù ai suoi discepoli”.

Ogni capitolo è un affresco ricco di umanità, contestualizzato nei vari momenti che hanno scandito gli 85 anni terreni del protagonista e ancor prima quella dei suoi genitori Marina e Fiorentino che dalle campagne di Santa Lucia a Montecastello si trasferirono, una volta sposati nel 1920, a Firenze. Scopriamo un Carlo figlio, orfano di padre a tre anni e molto grato alla madre per avergli fatto conoscere il volto di Dio come Provvidenza, fratello (deliziose le poesie per le sorelle Elia e Laura), studente, educatore, catechista, animatore e responsabile dei campeggi della “Chiesina”, impegnato nella gioventù di Azione Cattolica. E poi il Casini sposo che con la moglie Maria condivide tutto, trovando in lei sempre sostegno e conforto, per arrivare al Casini padre e al racconto del suo amore per la famiglia. Si capisce anche da questo che

il suo impegno pubblico è stato la risposta ad una chiamata.

A conferma vengono proprio le parole di Carlo che Marina, come mi ha appena raccontato, ha recentemente ritrovato su “Il Sabato” (31 maggio-5 giugno 1981), all’indomani del referendum sull’aborto: “In tutto questo tempo il mio desiderio più grande era di essere con la mia famiglia. Mi sono trovato invece in prima linea: non lo avevo programmato, ho obbedito giorno per giorno alle cose, alle persone. Quante volte, nella vicenda, ho affidato le mie speranze agli altri: alla Corte Costituzionale, ad altre persone: che si muovessero, che si dessero da fare loro.

Ma capivo un istante dopo l’altro che bisognava esserci, come ancora oggi bisogna esserci, non tirarsi indietro”.

Gratitudine, cammino, comunione. Nel libro si intrecciano diversi piani: quello narrativo di fatti ed episodi; quello “storico” frutto di ricerche documentali; quello testimoniale perché le risposte di Marina contengono le voci di altri familiari che concorrono ad arricchire e approfondire il racconto; quello spirituale che emerge soprattutto da alcuni passaggi dei diari di Carlo e dal tempo della malattia santamente vissuto. L’intervista si conclude con tre parole: gratitudine, cammino, comunione. “Gratitudine – spiega Marina -, perché il babbo, con quella sua bontà ridente e luminosa, ha sempre qualcosa di bello da comunicare. Cammino, perché con la sua vita ha indicato la strada per scoprire la perla preziosa che in fondo è il senso stesso della vita, intimamente e indissolubilmente legato all’amore infinito e personale del Padre per ciascuno dei suoi figli. Comunione, perché – come diceva – la pietra tombale non è la fine, ma un nuovo inizio: certo resta il mistero dell’estrema finitudine dell’uomo ma, se Dio ama totalmente e per sempre, diceva, la morte non può interrompere l’Amore di Dio ma ci apre la porta al suo abbraccio; se l’esistenza dipende da Lui, se il senso dell’esistenza è l’uomo, se Dio è Amore, se la gloria di Dio è l’uomo vivente, la morte è vinta davvero e apre a una nuova nascita. Sono pensieri suoi che dischiudono l’orizzonte alla speranza e a una comunione che continua”.

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