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La scrittrice Sabrina Galli: “Un libro come inno contro l’intolleranza e le discriminazioni”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Per questo nuovo appuntamento dedicato agli autori locali abbiamo intervistato Sabrina Galli che ormai da diversi anni vive a San Benedetto del Tronto. “La rivelazione del gelso” è il titolo della sua opera letteraria, per Masciulli Edizioni. 

I sentimenti ricorrono spesso nel suo romanzo. C’è qualcosa di autobiografico in queste pagine?
Mi sono sempre dedicata alla poesia, ma ad un certo punto avevo il desiderio di raccontare. Da tempo, pensavo ad un romanzo che non fosse autobiografico ma che trattasse tematiche sempre attuali. Quindi ho attinto la conoscenza degli argomenti dalla lunga esperienza di volontariato, in qualità di educatrice con bambini e ragazzi. “La Rivelazione del gelso” Masciulli Edizioni, pubblicato a giugno 2021, racconta di una famiglia con pesanti incomprensioni mai risolte. Narro di un giovane uomo omosessuale che ritorna al proprio paese nativo, perché il padre sta male. Un ritorno che lo costringe a ripercorrere episodi sgradevoli dell’infanzia, dell’adolescenza, quando subirà un grave atto di bullismo, e del raggiungimento della maggiore età. Mostro come Raffaello, il protagonista, sia vittima di discriminazioni e di una totale incomprensione da parte di suo padre Evaldo. Il genitore non lo accetta già dall’infanzia. Fin da bambino, il protagonista rivela una particolare sensibilità e un modo di porsi differente da come il genitore lo vorrebbe. Il doloroso passato seguita a tenere in ostaggio, nel presente, la psicologia di Raffaello. Il figlio nutre molto rancore per il padre. Inaspettatamente, una circostanza particolare lo costringerà nel presente, tra contrastanti emozioni, a considerare ogni verità nascosta del passato. È un romanzo di formazione, un libro per tutti, per un pubblico che parte dai ragazzi della terza media in poi e offre diverse riflessioni. Il libro vuole essere un testo contro l’intolleranza e le discriminazioni. Oltretutto inserisco argomenti come il bullismo, l’autolesionismo e la violenza anche verbale e psicologica. Il testo è pregno di sentimenti: amore, amicizia, rancore, malinconia, angoscia, rabbia, frustrazione, affetto, perdono. Ho curato con attenzione le caratteristiche fisiche e psicologiche di tutti i personaggi, i sentimenti sono ciò che li rende più credibili. Ognuno a modo suo, con la propria forza e le proprie fragilità. C’è Rachele, una madre affettuosa con i figli ma succube del coniuge. Un marito e un padre despota che cerca di avere il dominio su tutti i membri della famiglia. C’è Aurora, sorella gemella del protagonista e Fulgenzio, il fratello maggiore sacerdote, l’unico in grado di contrastare il padre. Fulgenzio è il punto di riferimento di Raffaello, per lui diventa la “figura paterna” che Evaldo non sa essere. Un sacerdote dalla Fede coraggiosa, che non giudica, che sta accanto alla gente, che senza ipocrisia conosce molto bene il significato “dell’ascolto”, che sta vicino a Raffaello e lo accompagna nelle varie fasi della crescita. Anche in età adulta, quando Raffaello ha un compagno ed è ormai un uomo realizzato nel lavoro, i due fratelli restano molto legati da un profondo affetto pur avendo qualche contrasto in particolari occasioni. Vi sono poi personaggi minori che sono utili per offrire, a chi legge, vari punti di vista. Raccontare qualcosa di credibile, pur non essendo autobiografico, è la “sfida” che ho fatto con me stessa. Quanto ci sia riuscita non lo so, ma sono contenta perché il libro è stato ed è tuttora apprezzato.

Il tema del perdono è un po’ al centro di questa sua opera. C’è un messaggio particolare che vuole mandare al lettore?
Sì, è un messaggio che mando sia al lettore e prima ancora a me stessa. Ho sempre creduto che il perdono sia un sentimento “elevato”. Di fronte a certe situazioni tremende è quasi impossibile perdonare i torti subiti, ma sono certa che perdonare faccia bene, soprattutto a colui che perdona. Riuscire a liberarsi del rancore, del risentimento, del desiderio di vendetta, è positivo per il nostro mondo interiore che si riappacifica. Oltretutto, quando riusciamo a perdonare miglioriamo la nostra empatia e di conseguenza le varie relazioni con gli altri. A volte ci si arriva dopo un percorso lungo, bisogna lavorarci.

In copertina è riportato un disegno di Francesco Santomo, studente “dell’Accademia Belle Arti Macerata”. Come nasce questa collaborazione?
Francesco è il figlio di una mia carissima amica che purtroppo è venuta a mancare nel 2020. È lei che mi ha introdotta nel mondo del volontariato, una donna speciale di grande fede, spiritualità, umanità. Una donna che ha sempre vissuto aiutando il prossimo. Ho proposto a Francesco di occuparsi della copertina che, dopo aver letto la bozza del libro, ha avuto piena libertà di realizzarla come meglio credeva. La sua scelta mi ha entusiasmata. In copertina c’è Raffaello, come io lo descrivo nel romanzo. Le tre lacrime, tatuate sul volto, hanno un significato particolare che si scopre leggendo il libro. Francesco ha inserito anche il gelso stilizzandolo. L’albero con la casetta è una figura fondamentale per tutta la narrazione.

Questa è la sua prima opera organica, avendo già realizzato una raccolta di brevi racconti. C’è un filo conduttore che lega questi suoi lavori?
Il testo al quale lei si riferisce è “Liberi orizzonti”, il mio primo libro pubblicato nel 2014, che comprendeva una silloge poetica e una raccolta di racconti brevi. Tra i racconti e “La rivelazione del gelso” non c’è un particolare filo conduttore che li lega. Le storie riguardavano i miei ricordi legati all’infanzia e all’adolescenza.  Credo invece che il romanzo abbia un filo conduttore con la poesia, che mi ha dato e spero seguiti a darmi belle soddisfazioni. Nel 2016 e nel 2018, prima del romanzo, ho pubblicato due libri di componimenti poetici. La poesia è introspettiva e quindi parlo del “ginepraio” di sentimenti ed emozioni che appartengono a noi esseri umani e pongo, al centro delle riflessioni, tematiche come quelle delle “memorie”, “dell’ignoto”, del “tempo”, della Fede. Considerando che sono amante della natura, quest’ultima è presente in vari componimenti; a volte la mia poesia diventa la voce del “pianeta”, in balia del cambiamento climatico, causato anche dall’uomo. Le mie liriche concentrano l’attenzione verso un mondo esterno positivo da un lato, problematico e contraddittorio dall’altro. Parlano di guerra, emarginazione, razzismo, discriminazioni, vittime e carnefici, violenza anche quella che purtroppo aggredisce il mondo femminile. Le poesie sono il filo conduttore.

Sta già lavorando a qualche nuovo progetto?
Ho quasi terminato una nuova silloge poetica. Un progetto che sto curando in modo particolare, al quale tengo tantissimo. Sono poesie inedite scritte dal 2020 fino ai giorni nostri. Come amo dire, la poesia è “la mia sana dipendenza” è il mio “inno alla vita”.  Per quanto riguarda la prosa, in futuro potrebbe esserci un nuovo romanzo, non sopprimo la possibilità di scriverlo, ma attualmente non è in programma.  La ringrazio tantissimo per questa intervista.

Luigina Pezzoli: