Patrizia Caiffa
L’abbraccio tra le due sorelle siriane è toccante. Gli occhi azzurri che le legano sono come laghi cristallini che straripano. Nour, 18 anni, e Nirmin, 25, non si vedevano da quasi cinque anni. Da quando la maggiore è riuscita ad entrare in Italia grazie ai corridoi umanitari insieme al marito. Nour era rimasta in Libano, dove avevano trovato riparo dopo la fuga dalla città di Hama, in Siria, insieme alla madre e ai fratelli. Oggi Nour è riuscita ad arrivare a Roma per ricongiungersi alla sorella e spera di riuscire finalmente a coronare il suo sogno: studiare farmacia.
Compresa lei sono 58 i rifugiati siriani arrivati dai campi profughi del Libano e 15 i richiedenti asilo iracheni, somali e congolesi provenienti dai campi della Grecia. Sono sbarcati stamattina a Fiumicino, grazie al protocollo tra Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola Valdese, in accordo con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri.
Da febbraio 2016 ad oggi i corridoi umanitari, finanziati dalle Chiese cattoliche e protestanti, hanno permesso a 6.091 persone di raggiungere l’Europa in sicurezza.
L’Italia ne ha accolti 5321, più della metà provenienti dai campi del Libano (in maggioranza siriani) ma anche da Etiopia, Grecia, Libia, Niger, Giordania, Afghanistan, Cipro. Le nazionalità più rappresentate sono Siria, Eritrea, Afghanistan, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Iraq, Yemen, Congo, Camerun, tutti Paesi dove sono in corso conflitti dimenticati. Tra gli altri Paesi europei solo la Francia (576), il Belgio (166) e Andorra (16) hanno seguito l’esempio italiano e aperto le porte a 770 persone.
Tra loro ci sono 24 bambini. I rifugiati e richiedenti asilo arrivati oggi a Fiumicino saranno ospitati presso comunità, parrocchie e famiglie che fanno capo alle Chiese protestanti (in Sicilia e Calabria) e nelle case della Comunità di Sant’Egidio. Tra loro ci sono 24 bambini. Uno dei più piccoli, un siriano, ha un occhietto chiuso e si aggira con curiosità tra le sedie dell’aeroporto, sotto lo sguardo vigile della mamma. Per lui e per i genitori è già pronto un rifugio sicuro a Roma, in una struttura della Diaconia Valdese. Il bimbo sarà presto operato agli occhi nell’ospedale Bambino Gesù e starà nella capitale per due mesi. Quindi si sposteranno in Piemonte.
Tra i profughi provenienti dalla Grecia ci sono Cinzia e Serge, rispettivamente 28 e 38 anni, congolesi di Kinshasa. Sono fuggiti da uno zio maligno che li sfruttava come schiavi nei lavori domestici, senza pagarli. Hanno risalito il fiume Congo in piroga fino al Congo Brazzaville, poi li hanno guidati verso la Turchia e la Grecia in gommone. Con loro hanno due bambini di pochi anni, nati nel famigerato campo di Moria, nell’isola di Lesbo. Serge cammina con la stampella, non parla e ha lo sguardo perso. “Ha avuto un ictus mentre eravamo a Lesbo – racconta Cinzia -. E’ stata durissima. Io ero con due bambini piccoli e mio marito bisognoso di cure”. Da Lesbo sono riusciti a trovare accoglienza nel centro Neos Kosmos di Atene, gestito da Caritas Hellas. Ora vivranno a Palazzo Leopardi, nel cuore di Trastevere, un edificio che la Comunità di Sant’Egidio ha destinato all’accoglienza dei rifugiati. Li aiuteranno ad imparare la lingua, mandare a scuola i bambini, assicurare cure mediche e trovare un lavoro.
Molti rifugiati arrivati anni fa con i corridoi umanitari sono riusciti ad integrarsi con successo ed oggi erano a Fiumicino per accogliere i parenti. Jean, siriano, ha 34 anni e lavora a Itri, in provincia di Latina, come muratore. E’ arrivato tre anni fa con la moglie e 5 figli. “Ad Hama ci sono ancora bombardamenti e in Libano la vita era troppo difficile – dice -. Oggi i miei figli vanno a scuola, io ho un lavoro. Solo imparare l’italiano è stato difficile ma ci siamo trovati molto bene in Italia e… il cibo è buonissimo”.
“Italia Paese di grande umanità”. “Agli adulti dico di imparare subito l’italiano perché la lingua è il primo strumento di integrazione – sottolinea Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, accogliendoli in aeroporto – . L’Italia è un Paese di grande umanità, per questo ha aperto la strada con vie legali per entrare nel nostro Paese e salvarsi dalle trame dei trafficanti. Oggi la vostra vita è al sicuro e vogliamo costruire insieme il vostro futuro”. Manuela Vinay, della Tavola Valdese, esorta tutti i Paesi a “sentire l’obbligo morale di definire politiche per far migrare le persone in sicurezza. Noi come società civile abbiamo agito, tutti devono fare la propria parte”. Marta Bernardini, coordinatrice del programma migranti della Federazione delle Chiese evangeliche (Fcei), ricorda la tragedia di Cutro avvenuta un mese fa:
“A livello italiano ed europeo bisogna trovare altri modi per farli arrivare in sicurezza e non farli morire nel Mediterraneo”.