Mons. Anton Cosa, vescovo di Chisinau (Foto Sir)

M. Chiara Biagioni

(da Chisinau) “Ci sono profonde tensioni che attraversano la società, tantissime difficoltà sia sul piano politico che su quello economico. Sono tensioni che hanno un impatto forte sulla vita della gente, ogni giorno. Fanno paura. Ma la Chiesa è qui, sempre presente, a fianco del suo popolo, sempre schierata dalla parte del bene, sicura che il male non avrà l’ultima parola”. Mons. Anton Cosa, vescovo di Chişinău, accoglie il Sir nella sua casa. Si trova a fianco della cattedrale e dietro ai palazzi della Presidenza e del Parlamento. Fa freddo ma c’è il sole e la vita in città scorre tranquillamente, anche se solo pochi giorni fa, qui, in queste strade, su queste piazze, migliaia di cittadini moldavi sono tornati a manifestare contro il governo, il carovita e il rialzo delle bollette. La preoccupazione oggi – dice il vescovo – è che “anche le feste di Pasqua possano essere cavalcate e strumentalizzate politicamente”.

Eccellenza, ma cosa sta succedendo?

È un momento molto difficile e complesso.Si ha l’impressione che tutta questa situazione di proteste e contestazioni sia cavalcata da alcuni partiti e cerchi di potere che vogliono imporre un altro tipo di politica. Stanno facendo leva sulle difficoltà della gente semplice, come per esempio sui prezzi alti e il caro bollette ma le stanno strumentalizzando in una maniera negativa. È vero che i prezzi sono altissimi. È vero che la gente non ce la fa a pagare le bollette, anche se riceve un aiuto dal governo con un pagamento differenziato a seconda delle fasce di reddito. È tutto reale. Ma chiedere al governo di pagare l’intero importo, non è serio. Sono proposte forzate e finalizzate esclusivamente a creare confusione e protesta.

Queste manifestazioni sono animate soprattutto dai partiti filo-russi. Abbiamo visto migliaia di persone in piazza. Ma da che parte sta la Moldavia?

La Moldavia ha due anime.

Ha vissuto la sua esistenza negli ultimi 150 anni, dal 1812 fino ad oggi, in stretto collegamento con il mondo russo. Abbiamo ereditato dalla Romania la lingua, la letteratura e le tradizioni. Un patrimonio che si è poi arricchito con quello del mondo russo. Oggi i moldavi si trovano a vivere tra questi due mondi. C’è nel paese una grande popolazione di origine russa che pensa e parla russo, ha una cultura russa, sono collegati in varie modalità al mondo russo. Si trovano ovunque, anche nelle nostre parrocchie.

Nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio Ue Charles Michel in visita a Chisinau ha assicurato l’intenzione da parte dell’Ue di aprire “entro la fine dell’anno” il processo di negoziato per l’adesione della Moldavia. Come si inserisce in questo contesto questo processo di entrata in Ue?

La vocazione europea in Moldavia è nata come il risultato della grande emigrazione di tanti moldavi in Europa. Oggi, praticamente quasi ogni famiglia ha una, due, tre persone che vivono in Italia, in Portogallo, in Inghilterra, in Irlanda e ovunque in Europa. Ciò nonostante, questa vocazione europea è stata strumentalizzata da politici non sinceri che hanno pensato solo ai loro interessi economici e politici. Abbiamo vissuto negli ultimi anni procedendo con due passi in avanti e tre indietro. E senza una reale maggioranza al parlamento, è stato difficile premere con decisione verso una chiara direzione europea. La presidente attuale Maria Sandu è una donna carismatica che ha guadagnato le anime di tanti moldavi e politici sia in Europa che in America. Ha iniziato un vero movimento di integrazione europea.Me lo auguro perché l’Europa è la strada che può condurre verso gli autentici valori cristiani che non si fondano su nessun nazionalismo ma sui principi della democrazia, della libertà, della giustizia e del rispetto dei diritti di ciascuno. Questa è l’Europa.

L’alternativa, invece, dove porterebbe la Moldavia?

Sulla via contraria. Invece di crescere e progredire, il rischio è quello di separare ancora di più le diverse anime presenti nel Paese, di creare nuovi partiti e nuovi movimenti che dividono le forze, anziché unirle.

Quanto ha influito la guerra in Ucraina?

Dal punto di vista economico, ha provocato un cambiamento radicale e devastante. Siamo passati da una vita tranquilla ad un repentino aumento dei prezzi e del gas. Ma chi sta risentendo di più del conflitto ucraino, sono le persone che vivono in Transnistria. Sono appena tornato da Tiraspol dove ho fatto una visita pastorale alle parrocchie. Vivono con grandi difficoltà. Anche se ricevono aiuti dalla Russia e i prezzi sono decisamente più bassi rispetto alla Moldavia, vivono nella impossibilità di entrare e uscire liberamente dal Paese. I confini sono chiusi. L’unica via di accesso con i loro documenti è la Moldavia. Ma poi per andare altrove devono avere un secondo passaporto.

Si sentono isolati ma anche minacciati dalla vicinissima guerra in Ucraina.

La gente veniva da me e mi chiedeva: “chi ci aiuterà?”. E io rispondevo: “vi saremo sempre vicino. Qualsiasi cosa succederà, non abbiate paura. Saremo sempre dalla vostra parte”.

Quanti sono i cattolici in Transnistria?

Ci sono 6 parrocchie con cinque sacerdoti ed un migliaio di fedeli in tutto. Molti sono di origine polacca ma le funzioni vengono celebrate in russo.

In questo clima di radicali cambiamenti, proteste, preoccupazioni per il futuro, quale parola ha da dire oggi la Chiesa a questo popolo?

Ripetiamo quanto stiamo dicendo in questi ultimi mesi difficili: fidarci nel Signore e non perdere mai la speranza. Il male non potrà vincere. Noi come Chiesa saremo sempre dalla parte del bene, aperti ai valori della Rivelazione e non ci fermeremo davanti alle difficoltà perchésiamo consapevoli che sempre, nella storia, Dio ci ha portato avanti con un atteggiamento di misericordia e di amore e ci ha aiutato ad attraversare i deserti conducendoci verso oasi e acque tranquille. Questo lo vedo anche adesso e mi auguro che la festa della Pasqua che è quasi arrivata, apra le anime alla gioia del Risorto e alla speranza”.

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