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Caso Orlandi: Pietro Orlandi ascoltato per 8 ore dal Promotore di giustizia vaticano, “incontro positivo, c’è volontà di fare chiarezza”

(Foto ANSA/SIR)

“Ho trovato in Diddi molta disponibilità e l’intenzione di collaborare con la magistratura italiana”. Così Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983 all’età di 15 anni, ha riassunto le otto ore di “faccia a faccia” con il Promotore di giustizia, Alessandro Diddi, nel loro primo incontro dopo la decisione, da parte vaticana, dell’apertura di un fascicolo sulla vicenda che rappresenta uno dei casi insoluti più lunghi della nostra storia repubblicana, tra colpi di scena e battute d’arresto che si susseguono ormai da 40 anni. “L’auspicio è che si possa fare luce dopo tanti anni e scrivere una pagina di storia, e sarebbe la prima volta in cui Italia e Vaticano avrebbero un vero scambio reciproco di elementi”, ha detto a tarda sera l’avvocato Laura Sgrò, che assiste la famiglia Orlandi e aveva accompagnato al suo ingresso Pietro Orlandi, poi ascoltato da Diddi da solo in qualità di “persona informata sui fatti”. “Oggi mi sono sentito bene perché finalmente mi sono potuto sfogare e dire le cose che avrei voluto dire da almeno due o tre anni”, ha rivelato Pietro conversando con i giornalisti: “È da due o tre anni che stiamo facendo richiesta con l’avvocato per essere ascoltati perché avevamo in mano questi elementi nuovi. Lo avevo detto anche a Papa Francesco l’altro anno. Le cose verbalizzate oggi non possono finire domani, devono avere per forza delle risposte e mi auguro che le persone che ho nominato vengano tutte ascoltate perché da lì possono uscire delle risposte”. Pietro Orlandi ha reso noto, inoltre, di aver fatto dei nomi durante il colloquio-fiume con il Pm vaticano. A partire dal cardinale Re, che – a detta di Orlandi – “all’epoca stava sempre a casa nostra e aveva relazioni strette con l’avvocato Egidio. Sapeva tutto quello che accadeva e qualche anno fa l’ho incontrato e mi ha detto che della storia Emanuela ha letto qualcosa. Dirmi così dopo tanti anni… è una delle persone a cui venivano mandati i cinque fogli sul trasferimento di Londra”.

“Un’altra persona da ascoltare – ha aggiunto il fratello di Emanuela – è l’ex comandante della gendarmeria Giani, che ha fatto delle cose particolari sulla trattativa di Capaldo. Lui e Alessandrini. Poi c’è Pignatone e tutta quella questione delle intercettazioni della moglie di De Pedis: lo chiamavano il ‘procuratore nostro’ e dicevano ‘ci penserà lui a far tacere Orlandi’, ‘ha cacciato Capaldo’ e poi è stato promosso presidente del Tribunale Vaticano’. Un’altra persona è il cardinal Sandri e lui – ha concluso Pietro Orlandi – dovrebbe essere a conoscenza che la prima telefonata è arrivata il 22 giugno”. “È stato un incontro lungo, ma positivo, ho percepito la volontà di fare chiarezza”, ha poi chiosato intervenendo alla trasmissione DiMartedì su La 7, al termine delle otto ore in Vaticano: “Lo stesso Diddi mi ha detto: ‘io ho avuto mandato dal segretario e da Papa Francesco di fare chiarezza al 100%, di indagare a 360 gradi e non fare sconti a nessuno, dalla base al vertice’ proseguito-, e quello per me già è una cosa positiva. Perché io poi ho raccontato tutto le cose che avrei voluto portare quindi lì ho potuto verbalizzare nomi cognomi di tutte le indagini fatte privatamente”. ‘Il Promotore di giustizia del Vaticano mi ha assicurato che indagherà su tutto, anche se c’è il nome di Wojtyla”, ha reso noto inoltre Orlandi: ”Al Promotore di giustizia del Vaticano ho consegnato le chat tra due cellulari del Vaticano, facendo anche i nomi. Mi ha assicurato chele indagini sono iniziate da parecchio tempo, hanno già documento su cui lavorare. Sono contento che il Promotore abbia detto che non saranno fatti sconti a nessuno. Sono convinto che Giovanni Paolo II e Ratzinger fossero a conoscenza dei fatti”.