In Colombia il cammino, ancora fragile e incerto, verso la cosiddetta “pace totale”, si arricchisce di un nuovo tassello. Nonostante non sia arrivato ieri l’atteso annuncio ufficiale, si dà per certo che i colloqui con il gruppo dissidente delle Farc guidato da Iván Mordisco, (dato erroneamente per morto durante un’operazione militare dall’ex presidente Duque), saranno avviati in breve tempo. Si tratterebbe del secondo dialogo di pace avviato, oltre a quello con l’Eln (che procede tra molte difficoltà), l’unica guerriglia marxista di una certa consistenza ancora attiva in America Latina.
Il presidente della Repubblica, Gustavo Petro, ha dato il via libera a questo dialogo di pace perché si tratta di guerriglieri che non hanno mai creduto nel precedente processo di pace, quello siglato alla fine del 2016, durante il governo di Juan Manuel Santos, e hanno continuato la loro lotta, senza sottrarsi all’accordo dopo avervi aderito. Di conseguenza, per ora non si è ritenuto di riservare lo stesso trattamento all’altra dissidenza, la Segunda Marquetalia di Iván Márquez, che comprende combattenti che hanno abbandonato il cammino di pace dopo aver firmato l’accordo. Addirittura, Márquez era stato capo negoziatore della delegazione delle Farc nei colloqui dell’Avana, ma ha ripreso la via delle armi dopo che è stato aperto un processo contro di lui.
I passi nel cammino di pace, purtroppo, non portano a una visibile diminuzione della violenza nelle regioni. Infatti, i gruppi che dialogano o si apprestano a dialogare con il Governo non depongono le armi perché non vogliono cedere parti di territorio da loro controllate ad altri gruppi armati, insieme alle attività illegali, primo tra tutte il narcotraffico. Solo nell’ultimo fine settimana si sono verificati, secondo l’ong Indepaz, due massacri (32 da inizio anno) e due uccisioni di leader sociali (50 da inizio anno).