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Papa Francesco a Budapest. Don Csaba Torok, “aspettiamo un messaggio per il futuro”

(Foto ANSA/SIR)

M. Chiara Biagioni

“Il motto ufficiale di questa visita è ‘Cristo è il nostro futuro’. Non conosco i discorsi che il Papa farà a Budapest. La Chiesa di Ungheria sente fortemente i cambiamenti sociali e culturali, il venir meno della religiosità tradizionale e adesso aspettiamo un Messaggio per il futuro. Come ripartire? Come trovare il nostro futuro? Come dimostrare che Cristo e la fede sono la strada per il futuro del nostro paese. La parola centrale di questa visita è futuro e il nostro futuro è Cristo”. È don Csaba Török, amministratore parrocchiale della Cattedrale di Esztergom, e coordinatore dei programmi cattolici nella tv statale, a presentare in un incontro online organizzato da Iscom (Pontificia Università della Santa Croce) le attese del popolo ungherese in vista del viaggio apostolico di Papa Francesco in Ungheria.Dal 28 al 30 aprile il Santo Padre arriverà a Budapest dove per il suo “stato fisico”, lo staff vaticano ha deciso di concentrare tutti gli avvenimenti e gli incontri.

Riguardo alla possibilità di una presenza a Budapest del Patriarca Kirill o di un suo rappresentante, don Török ha risposto che “già nel 1996 quando papa Giovanni Paolo II arrivò a Pannonhalma, c’era la questione aperta” e cioè se “quella visita poteva essere occasione per un incontro con l’allora Patriarca di Mosca Alessio II”. “La chiesa di Ungheria – ha quindi sottolineato il sacerdote – ha cercato sempre di servire come ponte tra l’ortodossia e la chiesa cattolica latina. Anche adesso ci sono domande aperte, vista la situazione politica” anche se al momento, “non se ne parla”. Il sacerdote ricorda che al Congresso Eucaristico internazionale del 2021 a Budapest, erano presenti il Patriarca ecumenico e i rappresentanti delle Chiese ortodosse.“Il card. Erdö – ha poi aggiunto – parla molto bene il russo, ha ottimi rapporti con la gerarchia russa, ma ufficialmente non ne sappiamo niente”.

La pace e il dialogo saranno comunque tra i temi centrali di questa visita. A Budapest, il Papa avrà incontri protocollari anche con il capo dello Stato, il premier Viktor Orban e le autorità e i rappresentanti della società civile e il corpo diplomatico. A questo proposito, don Török ricorda che sempre nel 2021 quando il papa si recò a Budapest per il Congresso Eucaristico Internazionale, il premier Victor Orban ha donato al Santo Padre “un regalo molto speciale”, un’antica lettera risalente all’invasione mongolica a seguito della quale la metà della popolazione fu annientata. “Victor Orban ha donato la lettera del Re di allora al Papa al quale chiedeva aiuto per salvare e conservare la cristianità in Ungheria e in tutta l’Europa.“È stato un segnale. Victor Orban si presenta come protettore del cristianesimo e cerca consapevolmente una connessione verso il Papa”.Il sacerdote ricorda che nel febbraio scorso, in un discorso pubblico di bilancio, “Orban ha detto che in Europa ci sono esclusivamente solo due Stati che combattono per la pace in Ucraina e questi Stati sono il Vaticano e l’Ungheria”, perché il papa è “il portavoce della pace” e l’Ungheria è contro l’invio delle armi all’Ucraina. In sostanza, Orban sta dicendo: “noi siamo gli alleati del Vaticano e l’unico Stato in Europa che protegge il cristianesimo e in politica estera stiamo facendo tutto il possibile per la pace seguendo la figura del Papa”.

Altro tema spinoso, la questione migratoria. “La chiesa cattolica è silenziosissima”, ha detto il sacerdote, ma “molti cattolici lavorano in ong” e “stanno cercando di dare il loro aiuto”. “Le istituzioni caritative della Chiesa cercano di trovare la porta piccola se non si può entrare per la porta grande e in questo contesto i servizi dell’Ordine di Malta e della Caritas hanno fatto molto”. Don Török spiega ai giornalisti in quale contesto si trovano a operare i cattolici. “La chiesa cattolica di Ungheria non ha nessuna indipendenza nei suoi finanziamenti. Le scuole, gli istituti, gli ospedali, e anche le diocesi sono finanziati dallo Stato. Ogni volta se c’è qualche tensione politica, interna o esterna, si preferisce non dire niente perché mettiamo a rischio il nostro finanziamento. Se un governo diventa nemico della Chiesa, in alcuni mesi può guidare la Chiesa fino alla bancarotta”. Lo spazio di movimento è dunque limitato. “La chiesa di Ungheria, a livello dei vescovi e della conferenza episcopale, si tiene alle direttive del governo cercando di adattarsi alla situazione. Ma se parliamo della Chiesa come comunità dei fedeli, ci sono molte iniziative che cercano di dare una risposta evangelica a questa situazione”. Il sacerdote ricorda il lavoro fatto dalle ong e dalle istituzioni caritative della Chiesa “sulla frontiera verso la Serbia”. “Erano di grande aiuto per i migranti”, dice. “Adesso l’Ungheria ha chiuso la frontiera e ufficialmente quelli che entrano nel paese sono migranti illegali e come tali devono essere sottoposti ad un processo giudiziario alla fine del quale vengono fatti ritornare in Serbia”.“Poiché molte strade per l’Europa passano per l’Ungheria, c’è un traffico molto forte di persone”, anche se il governo preferisce non vederlo. E su questo fronte, molti cattolici cercando di dare il loro aiuto “fuori dei limiti visibili della chiesa istituzionale”.