“Non componevi frasi a effetto ma descrivevi la poesia di amore della vita da mistico che penetrava la realtà, divorato dall’amore per Dio e per il tuo prossimo che volevi fosse anche il nostro. Davi fastidio e purtroppo il problema diventava la tua voce e non il nostro fastidio! Ecco perché ti chiedo perdono”.
Lo ha affermato questa sera il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, durante la concelebrazione eucaristica che ha presieduto nella cattedrale di Molfetta in occasione del 30° anniversario della morte del venerabile Antonio Bello. Nell’omelia il porporato ha condiviso “la necessità di chiedere perdono a don Tonino”. “Tutti salvavamo il buon cuore ma spesso bollandolo di ingenuità o come troppo di parte”, ha riconosciuto il card. Zuppi, aggiungendo: “Non facevi sconti e ricordavi che l’amore per Dio e per il nostro fratello più piccolo sono la stessa cosa e che, se manca uno, manca anche l’altro”. “Un’ultima richiesta di perdono, come si deve fare tra uomini veri, come tu ci hai insegnato ad essere”, ha proseguito: “Quando imitiamo la tua parola senza viverla, la svuotiamo rendendola
verbalismo compiaciuto, mentre per te era far parlare la vita e in questa scorgere il volto di Cristo, quello che cercavi con profonda sete d’amore davanti al tabernacolo e nell’Eucarestia e che riconoscevi nel volto dei tuoi, suoi, nostri piccoli. Ci hai messo in guardia dal riporre il grembiule nell’armadio dei ‘paramenti sacri’, per comprendere che ‘stola e grembiule sono il diritto e il rovescio di un unico simbolo sacerdotale’”. “Don Tonino aveva il gusto della comunione”, ha ricordato ancora il presidente della Cei: “Per lui le parole ‘camminare’ e ‘insieme’ erano inseparabili e rendevano ragione l’una all’altra: non c’era altro modo di camminare se non insieme e non c’era altro motivo di stare insieme se non per camminare. La Chiesa non è fatta per essere stanziale, per chiudersi nell’autocontemplazione, ma per camminare nelle strade degli uomini. Se restiamo stanziali finiamo inevitabilmente per discutere su chi è più grande e il servizio diventa considerazione personale e non dare considerazione al prossimo!”. “Don Tonino – ha continuato il card. Zuppi – ha prefigurato una Chiesa sinodale tant’è che la sua prima lettera pastorale è stata il frutto di una scrittura collettiva in cui tutte le presenze della comunità erano state invitate a ripensarsi e a riscriversi: ‘Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi’”. “Sapeva stare con la stessa scrupolosa attenzione sia accanto alle persone conosciute con nomi, volti, storie e vicende personali, sia sui temi planetari della pace e della guerra, dell’ambiente e delle migrazioni…”, il profilo del venerabile tracciato dal presidente della Cei, rilevando che “non era un semplice interesse per il globale o per l’agire locale, ma una straordinaria capacità di amore che lo portava a sporgersi sempre oltre se stesso”. “Nella domenica prima di morire, dettando il suo testamento spirituale, diceva: ‘È il giorno del Signore. Ed è bellissimo’. Grazie, don Tonino, perché – ha concluso il card. Zuppi – hai vissuto e ci continui ad insegnare a vivere questa bellezza, tutta umana e tutta di Dio che senza misura ci dona lo Spirito e dà in mano ogni cosa a chi lo cerca”.