(Nicosia) “Allearsi o diventare strumentali al potere politico del momento e del luogo”: è questa per il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, “la tentazione sempre presente” nelle Chiese “nel nostro Medio Oriente”. Lo ha ribadito nella sua prolusione al Simposio “Radicati nella speranza”, che si è aperto oggi pomeriggio a Nicosia (Cipro), promosso dalla Roaco per ricordare i 10 anni della firma dell’Esortazione postsinodale “Ecclesia in Medio Oriente.
Parlando degli orientamenti della missione della Chiesa e del “senso delle nostre sofferenze e del nostro stare in Medio Oriente e nel mondo”, Pizzaballa ha rimarcato che “sarà sempre più difficile conservare come Chiese un ruolo profetico nelle nostre comunità e nella società più in generale, finché le popolazioni, cristiane e no, ci vedranno alleati con i potenti di turno, politici ed economici. Per essere profeti si deve essere liberi da qualsiasi condizionamento. L’alleanza tra trono e altare non ha mai fatto bene, né al trono, né all’altare”. Per il patriarca latino “non possiamo concepire il nostro stare in Medio Oriente soltanto e semplicemente come un diritto, che ci renderebbe fatalmente parte fragile di un conflitto e di una guerra. Stare e restare nel territorio delle nostre Chiese, lacerato da ogni forma di violenza e conflitti, sarà sempre più per noi vocazione e scelta, come la scelta libera e amante di Cristo. La nostra riflessione – ha spiegato – deve partire non tanto dalla situazione delle nostre Chiese e comunità che può a volte preoccupare, ma dalla vocazione che le nostre Chiese hanno in questo contesto così difficile”. Abbandonare dunque “la preoccupazione di occupare pezzi di terra, o strutture fisiche e istituzionali, per concentrarci maggiormente su dinamiche belle e buone di vita che, come credenti, possiamo avviare. Più fede e meno strutture (che, pur necessarie, sono ora più fragili) sembra sia il cammino da seguire”. “Le tante sofferenze di questi ultimi anni, con la conseguente crisi economica che viviamo, insomma, possono essere una grande occasione per noi, il nostro clero e i nostri fedeli: essere una “Chiesa povera” tra i poveri”. Questo per Pizzaballa vuole dire “essere liberi dall’idolatria del denaro, dalla ricerca dei privilegi, in diversi livelli della vita civile ed ecclesiale, dello status di capi, dalla ricerca continua di aiuti, dal paternalismo e clericalismo, significa essere capaci di trasparenza nelle nostre relazioni ecclesiali, con tutti e tutte, e nelle nostre istituzioni. Significa correggere le forme di corruzione che – riconosciamolo – non mancano tra noi. Per essere credibili, dobbiamo affrontare questo tema con coraggio! Sono troppe le accuse che ci vengono rivolte a vari livelli da parte della nostra popolazione”. Si tratta, in conclusione, di “uscire dalle logiche mondane di potere, in cui ricadono con molta più facilità le autorità religiose appartenenti a fedi diverse dalla nostra. Sappiamo bene come in Medio Oriente la politica avvolga la vita ordinaria in tutti i suoi aspetti. L’opzione preferenziale per i poveri e i deboli non fa della Chiesa un partito politico. Prendere posizione, come spesso ci è chiesto, non può significare diventare parte di uno scontro, ma deve sempre tradursi in parole e azioni a favore di quanti soffrono e gemono e non in invettive e condanne contro qualcuno. La Chiesa, come Cristo, condanna sempre il peccato, mai il peccatore. Per i cristiani l’unica posizione possibile da assumere è quella di Cristo, a servizio della vita di tutti”.
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