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Don Vincenzo: “Ci stiamo abituando a questo accanimento contro la vita”

Di Don Vincenzo Catani

Faccio scorrere un po’ pigramente le immagini del telegiornale e mi accorgo che siamo in piena guerra contro la vita. In Italia una bambina neonata è stata gettata nel cassonetto delle immondizie; negli Stati Uniti un lucido pazzo ha ucciso freddamente alcune persone e ferite altre; in Ucraina dall’inizio della guerra sono stati uccisi dalle bombe circa 500 bambini; in una RSA un infermiere è accusato di aver soppresso alcuni anziani; in Europa si vuole rendere facile la legge sulla eutanasia…

Sembra un vero e proprio bollettino di guerra combattuta sul fronte della vita. E puntualmente a perdere è sempre la vita!
Il guaio è che ci stiamo abituando a questo accanimento contro la vita e l’assuefazione fa stendere un velo sopra le coscienze, sopra la memoria e sopra l’indignazione.
È disumano svilire con lucidità ogni vita e non sentirsi lacerati dentro. Come può una madre non sentirsi in crisi quando decide di sbarazzarsi del frutto del suo grembo come fosse un pacco ingombrante? Come può un medico o un familiare sopprimere una vita sofferente e incamminata verso il suo inesorabile epilogo? Come può un uomo premere con tanta leggerezza il grilletto di un’arma che farà cessare per sempre un cuore che batte? Come può uno Stato intervenire come un dio terreno e decidere se un uomo deve essere soppresso con la pena di morte o semplicemente lasciato morire fra le onde o su un barcone di migranti? Come può un qualsiasi pinco pallino decidere che quel tale o quella tale deve soffrire le pene dell’inferno solo perché la sua “razza” o il colore della pelle non gli piace? Chi ha dato a questi decisionisti contro la vita il potere di manipolare un mistero di cui essi stessi fanno parte? Per caso essi sanno “costruire” una vita con la stessa forza con cui la sopprimono?
Non ci resta che recuperare in noi una sana indignazione. Il guaio sta proprio in questa nostra troppo limitata indignazione contro tutti gli attentati all’esistenza e alla vita umana. A volte ci commoviamo, e giustamente, per un cane abbandonato sull’autostrada e spesso non siamo capaci della stessa commozione per ogni aspetto della sofferenza umana.

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