Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”
Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”
Leggi la quinta puntata: Partenza senza arrivo
Leggi la sesta puntata: Le badanti e la loro condizione di vita
Leggi la settimana puntata: Considerazioni sulla Scuola e l’abbandono scolastico
Leggi l’ottava puntata: San Benedetto, Ana Fron: l’importanza della Comunicazione Interculturale
Leggi la nona puntata: I Sambenedettesi seguono con attenzione il caso di Omnia
Leggi la decima puntata: Ana Fron: “Zingaro!”
Leggi l’undicesima puntata: Ana Fron: “Gli stranieri ci rubano il lavoro?”
Leggi la dodicesima puntata: Monteprandone, intervista a Eldira: Vi racconto la mia storia
L’Italia, meta di immigrazione, si confronta oggi con problematiche di vario tipo. Ci sono molti nuovi ingressi ma anche immigrati di vecchia data. Dedichiamo per questa volta l’attenzione agli stranieri che vivono da anni nel nostro paese.
Come si sono ambientati e quale è il loro rapporto con altre comunità etniche? Chiediamoci, se abbiamo dato loro abbastanza strumenti per una giusta integrazione?
Oggi vediamo come la maggior parte degli stranieri hanno un percorso di inserimento esemplare nello strato sociale del paese, ma ci sono eccezioni alla regola che bisogna considerare attentamente.
Le ultime notizie Ansa parlano di ripetute risse tra adolescenti di varie etnie, in tutta Italia. Lotte violente tra cinesi e italiani, tra marocchini e albanesi, tra latinoamericani e africani, ed altro ancora, con gravi ripercussioni sulla salute dei minori.
Anche nel nostro territorio ci sono state risse tra adolescenti, in seguito alle quali alcuni di loro hanno dovuto ricorrere a cure mediche importanti. Si parte sempre da un motivo indipendente dall’odio razziale come, un incidente di macchina, uno sguardo di apprezzamento verso una persona, una spinta in fila a discoteca, ecc., per finire con insulti raziali e susseguenti violenti scontri tra bande. (Non consideriamo in questo contesto il fenomeno delle baby gang che delinquono in ogni modo soprattutto spaccio, furti e scippi, vandalismi di tutti i tipi).
Ma come si è arrivati a pericolosi contrasti tra ragazzi adolescenti?
I ragazzi di varie etnie sono detentori della propria cultura di appartenenza. Giungendo in un altro paese vengono a contatto con modi di pensare e di fare, diversi dai loro. Se tali modi non interferiscono con le leggi italiane, sono tutti leciti. Lo sappiamo, perché promoviamo i diritti umani da quando è nata la Costituzione. In teoria, siamo protetti da buone e giuste leggi a riguardo, ma la pratica è una cosa molto più complessa perché è sorretta da abitudini personali, sradicabili solo con una buona formazione culturale. Fatichiamo ad accettare altri modi di pensare e di vivere. Abbiamo a volte schemi mentali rigidi, dove io per forza devo aver regione. Tale atteggiamento porta inevitabilmente a scontri.
Cosa possiamo fare per incentivare l’accettazione della diversità?
Bisogna istruire i ragazzi nelle scuole fin da piccoli, al rispetto dell’altro e della legalità. Far si che, per la loro storia di immigrazione, gli stranieri si sentano solidali con gli altri immigrati e non nemici. Portare i locali alla comprensione di un vissuto di difficoltà dei coetanei immigrati e al loro rispetto. Persuadere gli immigrati che devono gratitudine a coloro che li accoglie e che, devono contribuire al benessere della società e sentirsi responsabili per il buon andamento.
Quindi, l’antidoto agli scontri tra adolescenti di varie etnie è quello dell’educazione scolastica, fin dalla prima elementare. Introdurre nelle scuole di ogni grado la mediazione interculturale potrebbe insegnare agli alunni il valore della diversità; convincere i ragazzi della bontà di tutte le culture, e il rispetto delle stesse. La scuola è l’unico terreno di incontro di tutti questi ragazzi. È un posto di confronto libero, di idee; idee che valgono per merito, argomentate, e idee deboli che possono essere trascurate. Senza offese verbali e senza prevaricazioni. Si deve lavorare per una considerazione di tutti gli alunni parimente rispettosa; stranieri e non, studiosi e non, con “problemi” e non. Ma per fare questo abbiamo bisogno di insegnanti preparati, empatici e con vocazione. L’insegnante in primis deve promuovere il rispetto e l’uguaglianza tra gli alunni. Il sano dibattito senza malversazioni. Così facendo, sentendosi pienamente accettati, un domani non avranno più la tentazioine di organizzarsi in bande e combattersi l’un l’altro.
Ci sono progetti di mediazione interculturale e mediatori disponibili che possono dare un contributo alle scuole e ai ragazzi, basta prendere coscienza sulla necessità di tale approccio. Io stessa ho proposto, per gli Istituti del territorio della Diocesi, un progetto interculturale chiamato “Not guessing but knowing”, con l’obiettivo di offrire agli studenti strumenti per conoscere meglio il mondo dell’immigrazione, per acquisire capacità di comunicazione interpersonale essente da pregiudizi, di educazione alla legalità.
Azioni che possono condurre i ragazzi verso l’accettazione dell’alterità, al rispetto del prossimo, e dunque ad una diminuzione dei conflitti.