Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”
Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”
Leggi la quinta puntata: Partenza senza arrivo
Leggi la sesta puntata: Le badanti e la loro condizione di vita
Leggi la settimana puntata: Considerazioni sulla Scuola e l’abbandono scolastico
Leggi l’ottava puntata: San Benedetto, Ana Fron: l’importanza della Comunicazione Interculturale
Leggi la nona puntata: I Sambenedettesi seguono con attenzione il caso di Omnia
Leggi la decima puntata: Ana Fron: “Zingaro!”
Leggi l’undicesima puntata: Ana Fron: “Gli stranieri ci rubano il lavoro?”
Leggi la dodicesima puntata: Monteprandone, intervista a Eldira: Vi racconto la mia storia
Leggi la tredicesima puntata: Ana Fron: “Odio razziale tra adolescenti: cause e soluzioni possibili”
In Italia, nei primi cinque mesi del 2023 ci sono stati 40.000 sbarchi; quattro volte di più dello stesso periodo dell’anno scorso. La motivazione di tanti arrivi è da cercare nel deterioramento delle condizioni di vita in parecchi paesi del mondo. Da quei paesi si parte verso altrove; a volte alla cieca altre volte con mete precise. La gente disperata vede nell’Europa uno spiraglio di possibilità e la porta d’ingresso è spesso proprio l’Italia.
Gli ingressi sono imprevedibili e caotici e noi, come UE, non abbiamo piani strutturali in materia, o almeno nulla che funzioni. Non abbiamo nulla nemmeno come Italia. Il fenomeno degli sbarchi ci costringe ad escogitare soluzioni emergenziali sul momento; e, in quanto tali, a basso rendimento.
Data la situazione, cosa succede oltretutto in Europa? L’Italia chiede giustamente il sostegno degli altri Paesi dell’Unione ma le risposte tardano oppure sono inadeguate. In sostanza, cercando solidarietà si trovano disapprovazioni, come è appena capitato con i vicini di oltre Alpi.
La Francia tira le orecchie all’Italia, per un savoir faire inadeguato nel gestire l’Immigrazione. Ma può permettersi uno Stato che oggi trova come soluzione lo schieramento ai confini italiani di 150 agenti in più, di fare il bacchettone? È questo l’appoggio che dà, alla richiesta d’aiuto?
Quindi, il disappunto del Governo francese è (per deduzione) che, permettendo l’Italia l’ingresso di tanti immigrati, poi finiscono in Francia? E perché non dovrebbero finire anche in Francia? Molti di questi migranti hanno parenti sul territorio francese, hanno possibilità di lavoro lì. In più, molti parlano la lingua, hanno familiarità con la Francia, il che sarebbe vantaggioso per tutti.
Se poi, leggiamo i dati statistici francesi sulla crescita demografica, vediamo un chiaro e netto abbassamento. Al 17 gennaio 2023, la popolazione contava 68 milioni di abitanti, con una crescita di 0,3% (dati Ansa). La Francia si confronta con una diminuita natalità; il livello più basso della Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Allora perché tanta preoccupazione per l’arrivo degli stranieri? La Francia ha bisogno quanto noi di manodopera lavorativa.
Quale sarebbe il problema di fondo di tale rifiuto? Forse, come da noi, anche il Governo francese teme la perdita di consenso accogliendo gli stranieri?
Oggi non possiamo disunirci come nazioni europee. Parliamo sempre a Bruxelles di un apporto congiunto di sforzi per risolvere i complessi problemi dell’Immigrazione e poi, quello che riusciamo a fare è litigare su come fermare i flussi e su chi dovrebbe tenersi gli immigrati. Trattiamo a proposito, con la Turchia, con la Libia, con la Tunisia. Diamo persino soldi a loro per provvedere ad attrezzare buoni campi di accoglienza, nonostante ci siano in questi campi inconfutabili prove di continue violazioni dei diritti umani.
I flussi non possono essere fermati perché il senso di sopravvivenza dell’essere umano è più forte delle barriere. L’ingegno umano è smisurato nel riuscire a mettersi in salvo. È infinita la voglia di farcela, anche a rischio della vita.
Però nessuno si deve permettere di porre queste persone davanti al bivio: “rischiare la vita con il viaggio” o “morire nel paese natale”. Troviamo il modo di risolvere la loro condizione senza lasciarli in balia della sorte.
Un domani potrebbe capitare a noi, europei, a doverci spostare e non so se saremmo capaci di sopravvivere, viaggiando nei barconi fatiscenti, camminando scalzi e al freddo sulle montagne innevate; aggrappati per centinaia di chilometri al pianale dei tir, ammassati dentro ai cassoni dei camion, o traversando a nuoto il Canale della Manica (in quest’ultimo caso sopravverrebbe solo la Pellegrini).
Prendiamo coscienza del fatto che dobbiamo essere uniti e lavorare per trovare soluzioni che siano convenienti per tutti: per l’Italia e la Francia, per i locali e per gli immigrati. Nessuno escluso.
Se poi, non riusciamo, aspetteremo una soluzione dall’intelligenza artificiale!