DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
C’è un invito che ci fa l’apostolo Pietro nella seconda lettura che, oggi, la liturgia ci propone: quello di essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi».
Ed è proprio questa speranza che anima Filippo. Gli Atti degli Apostoli ci dicono che «Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva».
Filippo non annuncia una dottrina, un codice di comportamento morale, una legge. Filippo testimonia, perché non ne può fare a meno, l’incontro che gli ha cambiato la vita, la certezza che anima la sua vita, Gesù Risorto e quindi la certezza di una vita che non finisce nel vuoto ma dura un’intera eternità, la certezza che la presenza del nostro Dio non è da conquistare, da raggiungere, da meritare, è dentro di noi, indissolubile e non verrà mai meno; la certezza che la nostra fede si fonda su un pieno e non su un vuoto, sul presente e non sul passato, sull’amore per un vivo e non sulla nostalgia.
«Non vi lascerò orfani», ci dice Gesù stesso, «…io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi sempre […] …egli rimane presso di voi e sarà in voi».
Gesù non interrompe mai la continuità della sua presenza nella nostra vita. La rende più intima, più profonda attraverso lo Spirito Santo che continua a inondare di amore la nostra esistenza.
Egli ci tiene a rassicurare gli apostoli e ciascuno di noi che non rimarranno e non rimarremo mai soli nelle vicende di questo mondo ma Dio continuerà ad operare attraverso di loro e di noi se saremo docili all’azione dello Spirito.
Questa è la speranza che ci anima e che non possiamo tacere, che Filippo e tutti gli altri apostoli non possono tacere.
E qual è la conseguenza? Leggiamo ancora negli Atti degli Apostoli che, a seguito della predicazione di Filippo, «vi fu grande gioia in quella città».
Perché? Perché Filippo ha “detto” con i suoi occhi, con i suoi gesti, con le sue parole, con la sua vita la bellezza del credere nel Dio di Gesù Cristo, la bellezza di una Parola che gli ha riempito il cuore, la pienezza della preghiera come luogo di incontro con il volto paterno di Dio.
Lo ha gridato senza eccessi, senza fanatismi, senza stranezze, pronto “solamente” a rendere ragione della speranza che è in lui. Nessuna lezione di morale o di teologia ma, esclusivamente, l’obbedienza ad un Dio il cui unico comando è amare e lasciarsi amare, accoglierci e accogliere.
Obbedire…noi pensiamo subito alla fatica dell’obbligo, alla noia, alla pesantezza, alla mancanza di libertà. Ma, obbedire è un’azione da adulti, significa “ascoltare in piedi”, è fidarsi del nostro Dio, credere, noi che abbiamo conosciuto il Signore, di poter essere trasparenza di Dio, di un Dio che è amore, di un Dio amante, trasparenza di questo Dio in un mondo che ha bisogno di testimoni, di amanti, di discepoli appassionati.