M. Chiara Biagioni
“Sei mesi fa dicevamo di essere stanchi, oggi lo siamo molto di più e più andiamo avanti, più questa stanchezza si sente e pesa”. Giunto a Roma per l’Assemblea Generale di Caritas Internationalis, è mons. Oleksandr Yazlovetskiy, vescovo ausiliare della diocesi di Kiev-Zhytomyr e presidente di Caritas-Spes, a raccontare al Sir il clima che si respira in questi giorni in Ucraina, in un momento in cui sono tornati con intensità i bombardamenti e gli attacchi armati. Nelle ultime 24 ore la regione sud-orientale di Zaporizhzhia, dove si trova la centrale nucleare più grande d’Europa, è stata bombardata più di 70 volte. La battaglia forse più dura si sta combattendo nei pressi di Bakhmut dove le Forze di difesa ucraine contano chilometro per chilometro il territorio liberato dal controllo delle forze russe. Il 9 maggio mentre in Russia, si commemorava la Giornata della Vittoria, in ricordo della resa della Germania di Adolf Hitler alle forze alleate, in Ucraina una nuova ondata di attacchi aerei, con droni e missili, si abbatteva sulla capitale e su altre città. Il vescovo Yazlovetskiy racconta che dopo i durissimi mesi invernali di freddo e gelo, finalmente anche in Ucraina la primavera sta arrivando ma “tutto purtroppo parla di guerra.Le strade sono piene di mezzi militari, i soldati sono dappertutto. I russi in questi giorni ci hanno fatto semplicemente ricordare che nessun posto è al sicuro”.
Eccellenza, ci faccia il punto sugli aiuti Caritas?
Come Caritas Spes e Caritas Ucraina, stiamo realizzando diversi progetti secondo anche le indicazioni che ci vengono dai nostri benefattori. Abbiamo infatti tantissimi incontri e tanti rappresentanti di organizzazioni vengono anche di persona da noi per presentarci progetti e iniziative e confrontarsi con le nostre necessità. C’è quindi chi ci sta aiutando a ricostruire le case o gli appartamenti privati che in questo anno di guerra hanno subito gravi danni, per consentire il ritorno a casa. Abbiamo anche progetti che riguardano la distribuzione famiglia per famiglia di pacchi con aiuti umanitari. Sono per lo più famiglie di profughi, famiglie numerose. La Caritas infine prosegue quello che ha sempre fatto fin dall’inizio di questa aggressione e cioè distribuzione di cibo alle persone.I poveri purtroppo sono più numerosi adesso che prima e fanno le file ai diversi centri per poter mangiare. Ospitiamo i profughi. Nelle proprietà della chiesa sono state accolte tante famiglie. In molte situazioni, non sappiamo neanche cosa fare con loro, perché non hanno più un posto di tornare.
Riuscite a raggiungere anche i villaggi che si trovano al confine orientale?
Si cerca di raggiungere questi luoghi con pulmini che portano la segnaletica Caritas e sono carichi di beni di primissima necessità. Cerchiamo di avvicinarci il più possibile sulla linea del fronte e di raggiungere i villaggi liberati dai nostri soldati.I russi hanno lasciato questi territori completamente distrutti, addirittura bruciati, senza infrastrutture. Ci vorrà molto tempo prima che si possano ricostruire e prima che la vita possa riprendere in una qualche normalità. Nel frattempo, i nostri operatori cercano – nel limite del possibile e della sicurezza – di andare lì per aiutare le persone che sono rimaste per lungo tempo isolate ed hanno bisogno di tutto.
Avete notizie dei soldati?
La Caritas è anche impegnata ad aiutare i nostri militari che tornano dal fronte e le famiglie di chi è ancora impegnato. Sono tanti i feriti che tornano e non possono più combattere. Con loro si tratta di fare anche un lavoro di accompagnamento sui traumi della guerra.
Come è cambiato in questo anno e mezzo di guerra il popolo ucraino?
Quello che vedo con tanta gratitudine ma anche sorpresa, è che nonostante questa guerra, non abbiamo perso la fede. La gente frequenta la chiesa. Non si è allontanate dalle nostre comunità. Nonostante tantissimi, anche cattolici, abbiano lasciato il paese, le chiese non sono mai vuote. Sono venute nuove persone, anche chi non ha mai frequentato la Chiesa. Tanti sacerdoti ci stanno dicendo: ‘la gente non ci manca, la gente viene e vuole pregare’. E questo è un motivo di grande speranza. Inoltre, nonostante la guerra abbia inferto ferite profonde di ogni tipo, questa prova ci ha unito come popolo e come Paese.
Qui a Roma, incontrerà rappresentanti di tutte le Caritas d’Europa e del mondo. Cosa vorrebbe dire a loro?
Lavorando per Caritas, ho scoperto come è bella e grande questa organizzazione. E’ come se fosse una grande famiglia dove nessuno rimane da solo. I paesi che si trovano in necessità, subito vengono accolti e aiutati dagli altri membri. Lo abbiamo sperimentato anche in Ucraina. Sono arrivati anche personalmente a Kiev rappresentanti delle Caritas nazionali per verificare sul posto la situazione e le necessità, mettendo poi in atto un impegno concreto, costante, per noi molto importante. Sentiamo una grande gratitudine verso questo movimento di aiuto e sostegno che si è generato, per tutto quello che le diverse Caritas stanno facendo per noi, per il nostro Paese e per gli ucraini che sono dovuti fuggire dalle loro città.Non ci sentiamo soli. Non ci sentiamo abbandonati. E questa attenzione di tutta la Chiesa cattolica universale che si esprime attraverso le Caritas, è per noi segno di comunione che ci permette di guardare avanti con fiducia.
C’è il rischio che qui in Italia, ci si cominci ad abituare alla crisi ucraina.
Succede anche da noi, quando non ci bombardano. Si fa presto a dimenticare che c’è la guerra. Quindi, sì, il rischio c’è. Il fatto però è che purtroppo il problema non è risolto. La guerra non è finita. Non dimenticateci. Continuate quindi a pregare per noi, perché questa aggressione possa finire e possa finire al più presto. Abbiamo già fatto tanto, grazie anche al vostro aiuto e alle vostre preghiere. Ma la guerra deve finire.
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