SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prosegue il nostro viaggio alla scoperta delle varie Scuole Superiori della nostra Diocesi attraverso il racconto dei Rappresentanti di Istituto. Incontriamo oggi Giada D’Alonzo, Alban Qatja, Federico Salvi e Letizia Scartozzi dell’Istituto di Istruzione Superiore Antonio Guastaferro di San Benedetto del Tronto.
Siete quasi a fine mandato. Qual è il bilancio relativo a questo anno scolastico?
Letizia: Io mi sono candidata perché mi piaceva cambiare alcuni aspetti della scuola e anche per essere d’aiuto ai più piccoli, organizzando iniziative che coinvolgessero tutti e rendessero gli studenti più felici e partecipi. Penso con sincerità di aver raggiunto l’obiettivo, perché ho ricevuto dei buoni riscontri, quindi per me il bilancio è positivo.
Giada: Anch’io sono molto soddisfatta dell’esperienza fatta, perché siamo riusciti ad aggregare tutto l’Istituto, come se fossimo un unico gruppo, a differenza degli anni scorsi, in cui c’era una netta divisione tra il biennio e il triennio. Abbiamo cercato di comprendere gli stati d’animo e le esigenze di tutti gli studenti, senza escludere nessuno e dando la giusta attenzione a tutti.
Alban: Essere rappresentante di Istituto non è semplice, perché molti aspetti organizzativi richiedono tempo, idee e pazienza. Inizialmente abbiamo avuto qualche difficoltà, ma credo che man mano ci siamo migliorati ed abbiamo raggiunto i nostri obiettivi. Forse avremmo potuto fare anche di più, ma i cambiamenti si raggiungono un po’ alla volta. Per questo anno possiamo ritenerci soddisfatti, perché abbiamo creato maggiori occasioni di confronto e di divertimento rispetto agli anni precedenti , purtroppo segnati dalla pandemia.
Federico: Anche per me il bilancio è positivo: si è rivelata un’esperienza molto bella perché mi ha dato modo di conoscere altre persone e di aiutare, nel mio piccolo, altri studenti. Ovviamente qualche lamentela c’è stata – come succede sempre del resto! –, ma sono stati molti di più i riscontri positivi e questo mi ha fatto molto piacere.
Quale, tra i progetti che avete realizzato a scuola, vi è piaciuto particolarmente?
Giada: L’iniziativa che più mi è piaciuta è senza dubbio la “Love Box” che abbiamo organizzato per San Valentino: abbiamo sistemato una scatola per ogni piano del nostro Istituto ed abbiamo invitato gli studenti a lasciare nelle scatole dei messaggi di amore, ma non solo, anche pensieri di affetto e stima verso i compagni o verso i docenti oppure sfoghi per segnalare eventuali problematiche e disagi. Qualcuno ha lasciato dei biglietti in forma anonima, qualche altro invece ha posto la propria firma. Ovviamente poi abbiamo consegnato i pensieri ai destinatari. Non sappiamo se sia sbocciato qualche amore, ma la cosa bella è stato il fatto che tutti si sono sentiti liberi di aprirsi e di confidarsi, anche se in forma anonima.
Alban: A dispetto di quello che si potrebbe pensare, per me l’obiettivo più importante raggiunto in questo anno è stata la continuità con cui abbiamo organizzato le assemblee di Istituto. Magari non si tratta di un’iniziativa che diverte come altri progetti, però ritengo che l’assemblea sia un momento di confronto e di dialogo in cui tutti sono coinvolti, in cui ci si può dire le cose da cambiare, in cui anche la discussione diventa un momento costruttivo che evita tensioni in altri contesti. Sono inoltre particolarmente orgoglioso di aver suggerito di eseguire, a fine assemblea, dei balli di tante culture diverse, coinvolgendo molti studenti, anche di origini non italiane, che si sono molto divertiti.
Federico: Tra i numerosi progetti che abbiamo portato avanti, personalmente ho proposto e seguito da vicino l’iniziativa “Amazing Carnival”: il giorno del martedì grasso tutti gli studenti hanno avuto la possibilità di venire a scuola mascherati a tema libero; abbiamo fatto festa insieme, cantando e ballando, e abbiamo anche organizzato una sfilata molto colorata e divertente.
Letizia: A me piace menzionare l’ultima iniziativa dell’anno che si svolgerà a fine mese, un progetto green che consiste nell’andare a ripulire alcuni luoghi di interesse, come il cortile della scuola, alcuni parchi e le spiagge, liberandole dai rifiuti che alcuni incivili a volte buttano a terra senza pensare alle gravi conseguenze ambientali del loro gesto.
Qual è la fragilità maggiore che riscontrate tra i vostri coetanei?
Federico: Secondo me, il problema maggiore di molti giovani è il peso enorme che danno ai giudizi altrui nei loro confronti. Il giudizio andrebbe proprio evitato, a mio parere, però purtroppo c’è sempre. Se quindi non è possibile evitarlo, bisognerebbe almeno fregarsene. Noto invece con dispiacere che molti ragazzi vivono situazioni di disagio e soffrono a causa di frasi dette da altri, come se fossero sentenze definitive. Mi piacerebbe che ognuno si sentisse bene con se stesso, libero di prendere decisioni in maniera autonoma, libero di scegliere quello che è meglio per lui o per lei, senza pressioni, pregiudizi o giudizi.
Letizia: Personalmente credo che uno dei maggiori problemi della nostra società, non solo di noi giovani, sia l’uso smoderato del cellulare, un aggeggio infernale che limita le relazioni. Molti ragazzi si rifugiano nel telefono per combattere la noia, a discapito della creatività e della vita vera. Meglio uscire con gli amici che stare sdraiati sul letto a sprecare il tempo. Anzi, anche uscire potrebbe non essere sufficiente: spesso, infatti, vedo gruppi di giovani che vanno al parco, ma, anziché giocare o parlare, stanno al telefono.
Giada: Per quanto mi riguarda, la fragilità maggiore dei ragazzi è l’inettitudine, la loro incapacità di concludere qualcosa. Credo tuttavia che questo non sia una responsabilità da far gravare totalmente sui giovani, bensì credo dipenda dalle alte aspettative che la società o la famiglia impone loro, i quali alla fine si sentono inadeguati rispetto ad un ideale così alto, così inadeguati che mollano qualsiasi attività prima ancora di iniziare o appena hanno iniziato.
Alban: Credo che alcuni giovani siano un po’ superficiali: a volte compiono azioni o dicono frasi di cui non conoscono le conseguenze. O magari non prendono sul serio questioni che invece lo sono. Magari a volte scherzano, ma anche gli scherzi possono avere conseguenze pesanti.
Quali sogni avete per il futuro?
Alban: Il mio sogno è di costruire qualcosa di mio: perciò spero di poter fare esperienza per 4/5 anni in un’azienda e poi aprire una mia attività in campo meccanico. Per quanto riguarda, invece, la vita privata, per ora non ci penso: affronterò le situazioni man mano che si presenteranno.
Giada: Io vorrei iscrivermi alla Facoltà di Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Macerata, perché il mio sogno professionale è quello di diventare Maestra. Invece, a livello personale, non ho un progetto preciso, ma so che non mi vedo da sola, bensì con una famiglia – magari non convenzionale – ma con dei figli.
Federico: Il mio sogno è viaggiare e scoprire il mondo. Pertanto spero, una volta terminati gli studi, di trovare un lavoro che mi permetta di risparmiare e vivere fino in fondo questo mio sogno. A livello personale, invece, sogno di avere un figlio presto, magari intorno ai venticinque anni. Io, infatti, ho dei genitori giovani e mi piacerebbe che i miei figli avessero un padre ed una madre giovani, con una mentalità aperta e con tanta energia, come lo è stato per me. Spero perciò di incontrare la persona giusta per poter realizzare anche questo sogno.
Letizia: Io non credo di voler restare in Italia, perché penso che stia vivendo un periodo storico non fortunato. Ritengo, infatti, che, nonostante il nostro Paese abbia molte risorse artistiche, culturali e anche di creatività ed ingegno, rispetto ad altri Paesi Europei, a livello lavorativo non dia le stesse opportunità e soddisfazioni economiche. A livello personale, tra dieci anni mi vedo autonoma, indipendente e con uno scopo nella vita. Non posso credere che lo scopo principale della vita sia lavorare e tirare a campare, come mi pare facciano molte persone oggi. Al contrario, penso che ci sia un altro scopo, un altro senso, che io purtroppo ancora non ho trovato. Come dice Vasco Rossi in una nota canzone, voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha.
Cosa riconoscete come valore?
Letizia: Il valore risiede in quello che offre il mondo, inteso sia come la terra, quindi la natura e tutto il creato, sia come i piccoli gesti di gentilezza, autenticità e bontà delle persone.
Giada: Io do valore a me stessa: devo infatti ringraziare solo la me del passato per quello che sono oggi.
Alban: Qualsiasi cosa può avere valore. Per me la principale è la salute, perché la mia esperienza di vita mi ha insegnato che, senza quella, manca tutto. Poi, al secondo posto, metto il lavoro, ovvero un’occupazione che consenta a ciascuno di avere il necessario per vivere. Infine la famiglia, che dà senso ad ogni cosa e che ti aiuta a raggiungere i tuoi obiettivi.
Federico: Ogni cosa può avere un valore diverso a seconda delle persone. Per quel che mi riguarda, l’amore è la cosa più importante, l’amore in tutte le sue sfaccettature: quello verso la propria famiglia, un affetto ed un bene gratuito che non ha eguali; quello verso un’altra persona, sia che si tratti di un’amicizia sia che si tratti di un sentimento più passionale; infine quello verso Dio, la fede, che io definisco una fiducia incondizionata verso un Dio buono, che perdona e che non ti abbandona mai. Credo che, se una persona, nella sua vita, incontra tutto questo amore, non abbia veramente bisogno d’altro.