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Ordo Virginum, intervista al Vescovo Ricciardi

 

ROMA – Mons. Paolo Ricciardi, già Vescovo Ausiliare di Roma per la cura del Diaconato, del Clero e della Vita Religiosa, è, da febbraio 2023, anche Vescovo referente della Conferenza Episcopale Italiana per l’Ordo Virginum.

Eccellenza, la notizia della sua nomina è stata resa pubblica durante l’annuale Seminario dell’Ordo Virginum. Come ha accolto questa nuova responsabilità e quali obiettivi propone alle consacrate per il prossimo tempo di cammino insieme?

Sto imparando a conoscere l’Ordo Virginum più da vicino da quattro anni, da quando ne sono delegato per la Diocesi di Roma. Devo ammettere che ho imparato molto e desidero poter dare un servizio che aiuti ad andare al cuore di questa vocazione. È un dono grande e, insieme, un mistero, quello dello Spirito Santo che suscita nella Chiesa alcune donne che, con amore sponsale si dedicano al Signore Gesù nella verginità, per sperimentare la fecondità spirituale dell’intimo rapporto con Lui e offrirne i frutti alla Chiesa e al mondo.
Non so se parlare di obiettivi da proporre, piuttosto di una consapevolezza crescente da avere della vocazione ricevuta, da ravvivare e rinnovare. Credo che il primo punto sia quello di invitarvi a riscoprire ciò che siete e di far conoscere alla Chiesa italiana e alle nostre Diocesi la bellezza di questa chiamata, non con la pretesa di un ruolo da assumere, ma con la “rivoluzione della tenerezza” di cui parla Papa Francesco, perché il mondo ha bisogno di donne che esprimano il volto di una Chiesa madre, accogliente, feconda. La vergine consacrata parla con la sua vita, più che con le sue parole o opere. In particolare in questo tempo di cammino sinodale è importante aiutare le nostre comunità a ritrovare la missione di ogni donna (che sia laica, sposa, religiosa o consacrata) proprio nello specifico del dono della fecondità.

Cosa dice, oggi, all’Italia, la consacrazione secondo il rito dell’Ordo Virginum?

La parola “verginità”, oggi come oggi, sembra essere sparita dal vocabolario o comunque suona come qualcosa “fuori tempo”. Credo che la consacrazione, secondo il rito dell’Ordo Virginum, ci dica prima di tutto che non solo la Chiesa, ma anche il mondo ha bisogno di verginità, di una purezza ritrovata, di una Bellezza che non viene da noi. Riferendosi – in una lettera alla sorella Celine – a Santa Cecilia, Teresa di Lisieux scrive che la Santa martire romana era stata resa capace di verginizzare le anime, che non avevano mai desiderato altre gioie se non quelle della vita presente.
Io penso che ancora oggi nel nostro Paese – e nel mondo – abbiamo bisogno di persone che ci aiutino ad essere vergini nell’anima, per “sgombrare” tutto ciò che abbruttisce l’uomo e renderlo capace di aprirsi, anche inconsapevolmente, al dono dello Spirito che fa nuove tutte le cose. La vergine consacrata dovrebbe aiutare il mondo e la Chiesa prima di tutto con la sua offerta di vita e con la preghiera di intercessione, ma anche con uno sguardo che va oltre il visibile, perché gli uomini, a partire dai cristiani, possano riscoprire l’interiorità, immergendosi nel mondo. Quindi non in astratto, in una dimensione oltre il reale, ma una verginità che aiuti ad avere uno sguardo puro e limpido sulla vita di ogni giorno, anche nella Chiesa. Uno sguardo capace di scelte profetiche.

Quest’anno ricorre il V anniversario dell’Istruzione “Ecclesiae Sponsae Imago” sull’Ordo Virginum: secondo quale prospettiva crede vada celebrato?

Siamo in cammino sinodale e quindi la prospettiva è questa: camminare insieme, sfruttando il quinto anniversario dell’ESI per far conoscere maggiormente l’Ordo Virginum. Intanto invito le vergini consacrate e quelle in formazione a rileggere il documento con maggiore attenzione. Ci sono parti molto belle che andrebbero meditate e approfondite. Inoltre credo che sia opportuna una verifica, anche con i vescovi o i delegati, sull’itinerario formativo e il discernimento. Credo che – anche alla luce del testo sul Percorso formativo, dal discernimento alla consacrazione, uscito due anni fa – sia necessario un confronto, su come in questi anni si stia vivendo tutto questo. La vocazione alla verginità consacrata è in crescita, ci sono più richieste, per questo è importante puntare di più sulla formazione e sul discernimento. È necessario chiarire che non è una vocazione da vivere in forma “privata”, ma che è innestata nella realtà diocesana direi ontologicamente. Quindi ben vengano alcuni momenti in cui possiamo insieme riflettere sull’ESI. Vorrei, magari dopo l’estate, pensare ad un convegno, da poter trasmettere anche on line, per rilanciare questo documento e per un confronto costruttivo.