DIOCESI – Don Lorenzo Milani (1923-1967), sacerdote ed educatore, è stato il fondatore e l’animatore della famosa scuola di Sant’Andrea di Barbiana, il primo tentativo di scuola a tempo pieno espressamente rivolto alle classi popolari. I suoi progetti di riforma scolastica e la sua difesa della libertà di coscienza, anche nei confronti del servizio militare, compaiono nelle opere Esperienze pastorali, Lettera a una professoressa e L’obbedienza non è più una virtù (questi ultimi due testi scritti insieme con i suoi ragazzi di Barbiana), nonché una serie importantissima di lettere e articoli.
In questa settimana “Famiglia Cristiana” nelle sue iniziative speciali pubblica Lettere da Barbiana (1954-1967)
Perché ricordarlo?
Una riflessione è d’obbligo prendendo lo spunto su una massima ancora molto diffusa estrapolata dal “de oratore” di Cicerone: “La storia è maestra di vita”. La frase originaria è la seguente: “La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità”. Cicerone voleva farci riflettere sul fatto che lo studio degli eventi storici sia fonte di ispirazione per coloro che vogliono imparare a vivere consapevolmente.
A questo punto mi arrogo il diritto di aggiungere: “ La storia decantatore degli avvenimenti, chiarificatore nel tempo ( kantianamente inteso) dei fatti. Tanti personaggi storici hanno subito questo processo di sedimentazione e riabilitati.
Intuizione luminosa ebbe Papa Francesco il 20 giugno 2017 quando si portò a Barbiana “per rendere omaggio alla memoria di un sacerdote-così disse nel discorso commemorativo- che ha testimoniato come nel dono di sé a Cristo si incontrano i fratelli nelle loro necessità e li si serve, perché sia difesa e promossa la loro dignità di persone, con la stessa donazione di sé che Gesù ci ha mostrato, fino alla croce”.
E aggiunse: “ Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole. Questo vale a suo modo anche per i nostri tempi, in cui solo possedere la parola può permettere di discernere tra i tanti e spesso confusi messaggi che ci piovono addosso, e di dare espressione alle istanze profonde del proprio cuore, come pure alle attese di giustizia di tanti fratelli e sorelle che aspettano giustizia. Di quella umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte anche il possesso della parola come strumento di libertà e di fraternità”.
Nella conclusione ebbe a dire: “ Non posso tacere che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. In una lettera al Vescovo scrisse: «Se lei non mi onora oggi con un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato…». Dal Card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco –, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa. Con la mia presenza a Barbiana, con la preghiera sulla tomba di don Lorenzo Milani penso di dare risposta a quanto auspicava sua madre: «Mi preme soprattutto che si conosca il prete, che si sappia la verità, che si renda onore alla Chiesa anche per quello che lui è stato nella Chiesa e che la Chiesa renda onore a lui… quella Chiesa che lo ha fatto tanto soffrire ma che gli ha dato il sacerdozio, e la forza di quella fede che resta, per me, il mistero più profondo di mio figlio… Se non si comprenderà realmente il sacerdote che don Lorenzo è stato, difficilmente si potrà capire di lui anche tutto il resto. Per esempio il suo profondo equilibrio fra durezza e carità» (Nazareno Fabbretti, “Incontro con la madre del parroco di Barbiana a tre anni dalla sua morte”, Il Resto del Carlino, Bologna, 8 luglio 1970. Il prete «trasparente e duro come un diamante» continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della Chiesa”
Alcuni cenni biografici tratti da (“Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana” A.Mondadori Editore)
Lorenzo Milani nacque a Firenze il 27 maggio 1923 da una colta famiglia borghese. Era figlio di Albano Milani e di Alice Weiss, quest’ultima di origine israelita.
Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferì a Milano, dove Lorenzo fece gli studi fino alla maturità classica.
Dall’estate del 1941 Lorenzo si dedicò alla pittura iscrivendosi, dopo qualche mese di studio privato, all’Accademia di Brera.
Nel novembre 1942, causa la guerra, la famiglia Milani ritornò a Firenze. Sembra che anche l’interesse per la pittura sacra abbia contribuito a far approfondire a Lorenzo, in questo periodo, la conoscenza del Vangelo e l’8 novembre 1943 egli entrò nel Seminario Maggiore di Firenze per farsi sacerdote.
Il 13 luglio 1947 fu ordinato prete e mandato a San Donato di Calenzano (Firenze), cappellano del vecchio proposto don Pugi. A San Donato don Lorenzo fondò una scuola popolare per giovani operai e contadini.
Alla morte di don Pugi, il 14 novembre 1954 fu nominato priore di Sant’Andrea a Barbiana, una piccola parrocchia di montagna, dove l’anno successivo fondò una scuola per i ragazzi dei popolo che avevano finito le elementari.
Nel dicembre 1960 don Lorenzo fu colpito dai primi sintomi del male che sette anni dopo lo portò alla morte.
Nel luglio 1966 i ragazzi della scuola di Barbiana, sotto la guida di don Lorenzo, iniziarono la stesura di Lettera a una professoressa, che fu pubblicata nel maggio 1967.
Don Lorenzo morì a Firenze un mese dopo, il 26 giugno.
( A cura di Pietro Pompei)