DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Oggi, la Chiesa, festeggia la solennità della Santissima Trinità, del Dio Uno e Trino, dell’unico Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Pensare di avvicinarci al mistero della Trinità con formule, concetti, definizioni è molto complicato, difficilmente riusciremmo a tirar fuori qualcosa di comprensibile.
Perché? Perché Dio non è un concetto, di Dio non possiamo dare una definizione, Dio è un’esperienza. La Trinità, allora, non è un concetto da capire ma una manifestazione da accogliere.
Vediamo meglio cosa significa tutto ciò.
«Il Signore, il Signore Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà»: così si manifesta Dio a Mosè e poi a tutto il popolo di Israele, ce lo ricorda la prima lettura di oggi tratta dal libro dell’Esodo. Un Dio che si fa compagno di viaggio di Israele nel corso di tutta la sua storia; è «un popolo di dura cervice», certo, lo definisce in questo modo lo stesso Mosè, ma il Signore lo sceglie perché si faccia testimone ad ogni uomo di un Dio che è relazione, incontro, dono, comunione. Innanzitutto in se stesso.
Se ci pensiamo bene, tutte le feste cristiane, il Natale, la Pasqua, l’Ascensione, la Pentecoste, hanno un unico senso: quello del “Dio con noi”; ma come può Dio essere con noi, se la parolina “con” non appartiene già da sempre alla sua essenza e vita intima?
Un “Dio con” a partire dalla sua intima essenza! Questa consapevolezza ci consente di aprirci al mistero della Trinità.
La Trinità è il “come” dell’unità di Dio: non un circuito chiuso ma un flusso aperto che riversa fuori di sé, oltre sé, amore, verità, intelligenza, fedeltà, misericordia.
La Trinità, che oggi noi festeggiamo, è questa esperienza, l’esperienza di un amore vissuto e donato, di una relazione vissuta e testimoniata.
«La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi»: sono parole che ascoltiamo durante la celebrazione eucaristica, ma sono innanzitutto le parole di saluto di Paolo alla comunità di Corinto. Cosa vuole dirci Paolo? Che la Trinità è questa esperienza di relazione: un Dio Padre profondamente Amore e profondamente relazione, e che, come dice Gesù a Nicodemo, lo leggiamo nel Vangelo, «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna»; un Dio Figlio che ci ha manifestato questo amore e questo desiderio di relazione e che, infatti, non è venuto «nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui»; un Dio Spirito che ci accompagna ogni giorno e che ci permette di vivere, sperimentare, attuare questo amore.
L’augurio di Paolo ai Corinzi, allora, sia realtà tangibile e concreta nel nostro quotidiano, affinché possiamo diventare, anche noi, dispensatori di quell’Amore che Dio non ha mai fatto mancare e continua a non far mancare a ciascuno.