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San Benedetto del Tronto, storie di donne immigrate, Carla: “Volevo dedicare la mia vita agli altri”

Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”

Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”
Leggi la quinta puntata: Partenza senza arrivo
Leggi la sesta puntata:  Le badanti e la loro condizione di vita
Leggi la settimana puntata: Considerazioni sulla Scuola e l’abbandono scolastico
Leggi l’ottava puntata: San Benedetto, Ana Fron: l’importanza della Comunicazione Interculturale
Leggi la nona puntata: I Sambenedettesi seguono con attenzione il caso di Omnia
Leggi la decima puntata: Ana Fron: “Zingaro!”
Leggi l’undicesima puntata: Ana Fron: “Gli stranieri ci rubano il lavoro?”
Leggi la dodicesima puntata: Monteprandone, intervista a Eldira: Vi racconto la mia storia
Leggi la tredicesima puntata: Ana Fron: “Odio razziale tra adolescenti: cause e soluzioni possibili”_
Leggi la quattordicesima puntata: Grottammare, la storia di Helena Trentin “Ho un solo ricordo spiacevole che mi è rimasto impresso
Leggi la quindicesima puntata: Ana Fron: “Per esortare le coppie alla procreazione, c’è bisogno di condizioni favorevoli”

Normalmente, arrivati all’età dell’indipendenza dalla famiglia, tutti noi immaginiamo un futuro che ci piace e muoviamo i nostri passi verso la sua realizzazione. Facciamo delle scelte ben precise e collaudate: costruiamo una famiglia, rimaniamo single, oppure prendiamo l’abito religioso (preti e suore). Ma la vita ci mette davanti a esistenze che non contemplano nessuna di queste possibilità, mostrandoci in tutto il suo splendore la diversità.
Oggi vi presento la storia di Carla, immigrata a San Benedetto negli anni 2000 dalla Germania. Un vissuto, il suo, per quanto singolare tanto affascinante che mi ha lasciato, a fine chiacchierata, tanti spunti di riflessione.

Ti va di raccontare qualcosa delle tue origini?
“Sono nata in Germania, a Baden-Baden, da genitori portoghesi. In Portogallo negli anni ’60 c’era come primo ministro Salasar, di matrice fascista, che guidava il paese col “pugno di ferro”, facendo scappare all’estero tanta gente tra cui anche mio padre. Trovando lavoro in Germania, mio padre ha portato poi con sé mia madre stabilendosi lì definitivamente. Più tardi sono nata io e, a seguire, anche mio fratello. In Germania, all’epoca, vigeva il diritto di sangue (ius sanguinis) per cui prendi la cittadinanza dei genitori naturali. Dunque, io e mio fratello in quanto portoghesi per nascita avremo potuto richiedere la cittadinanza tedesca al compimento dei 18 anni.

E tu l’hai richiesta?
“No, perché la condizione era di abbandonare quella portoghese e io ho scelto di rimanere portoghese.

Ma vivere senza la cittadinanza tedesca non ti toglieva qualche vantaggio?
“Solo il diritto di voto. Non avevo altri svantaggi. Sarà perché in quel periodo arrivavano tanti immigrati, da altrettanti paesi. Era proprio la Germania che richiedeva manodopera lavorativa. Non ci sentivamo diversi perché eravamo tanti stranieri. Inoltre, mia madre è stata sempre una persona estroversa; faceva subito amicizia e ci siamo integrati bene. L’unico problema lo costituiva la lingua. I miei genitori hanno avuto bisogno di tempo per impararla. Anche io mi sono sforzata di studiarla bene.

Arrivando a laurearti in lingue: Vero?
“Si. Mi sono laureata in Lingue neolatine. Studi che mi sono serviti più tardi quando ho deciso, di lasciare la Germania per entrare in una Comunità religiosa, a Medjugorje, chiamata Le Beatitudini.

Come mai questa decisione?
“Dopo la laurea, in Germania, per un anno ho insegnato la lingua tedesca agli stranieri, e mi sono appassionata al sociale. Volevo dedicare la mia vita agli altri.

Non sei rimasta a Medjugorje, perché?
“No, non sono rimasta lì. Cercavo la mia vera strada e sono finita dopo tre anni in Italia, sempre in una comunità religiosa. Ero prossima ad essere consacrata ma non è successo. La mia totale convinzione, di cui avevo bisogno per il grande passo, non è mai arrivata. Nel frattempo dovevo mantenermi e così, aiutata da una signora di Cupra Marittima, ho iniziato a lavorare. Spinta sempre dal mio bisogno di essere utile al prossimo, parallelamente al lavoro, mi sono dedicata anche al volontariato. Ho conosciuto così il progetto, de “La Casa dell’Accoglienza” di Porto D’Ascoli, sostenuto spiritualmente dal parroco Don Pio. La parrocchia offriva ospitalità, per un periodo, a persone in difficoltà: italiani e stranieri, senza distinzione.

Che tipo di impiego hai trovato, per riuscire a mantenerti?
“Con il tempo ho trovato, sfruttando la laurea in lingue, un impiego amministrativo nel import export. Ma la vocazione per il sociale mi ha sempre portato a dare una mano in parrocchia. Ho anche conseguito una qualifica come operatore sociale.

Che ideale di società hai? Hai delle soluzioni da condividere, per una società pacifica, armoniosa e costruttiva?
“Vorrei farti capire la società che inseguo con una frase di San Paolo “gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rm 12,9-18). Il rispetto per il prossimo credo sia la chiave per stare bene tutti. Le persone e le famiglie di tante nazionalità sono mischiate e sono dovunque in questo mondo; bisogna creare l’armonia tramite il rispetto reciproco. Il resto viene da sé. Sono cresciuta in ambienti multietnici e multiculturali e so che la considerazione porta benefici inaspettati.

E l’armonia nella tua vita, dove la cerchi? Sei ancora in attesa di entrare in un convento, oppure lasci spazio ad un’eventuale vita matrimoniale?
“Per sposarmi, non ho mai incontrato una persona che mi facesse innamorare. Forse perché il mio pensiero era altrove; ho voluto entrare in una comunità religiosa ma non ero convinta di rimanere in quella “Delle Beatitudini”, dove ho fatto esperienza. Non so perché il Signore mi ha tenuto in sospeso così a lungo. O, forse non dipende da Lui ma dalla mia insicurezza, dovuta alle origini; dopotutto sono cresciuta tra due mondi e non ho mai sentito di appartenere a nessuno. E non perché non c’era l’attaccamento, al contrario, non ho avuto la forza di rinunciare a nessuno. La storia della mia vita ha inciso poi sulle mie scelte.

Come vedi il tuo futuro?
“Non ho sicurezza alcuna per il mio futuro. L’unica certezza è per me, la fede ed il servizio al prossimo. Adesso mi dedico ad un lavoro che mi permette di vivere e anche di soddisfare la mia voglia di aiutare chi ne ha necessità. Faccio assistenza a tempo pieno ad una persona malata. Se ci sarà bisogno assisterò anche mia madre in vecchiaia. Anche la cura dei miei tre nipotini è un obiettivo per la mia vita.

Grazie per esserti aperta con me!
La vita di Carla apre una riflessione sui temi esistenziali: della fede, del donarsi al prossimo ma anche della diversità. La sua storia percorre una delle innumerevoli strade che le persone possono imboccare alla ricerca della felicità. Anche se la realizzazione di questa non dipende sempre da noi perché ci sono interferenze di vario tipo, è una questione di opportunità in generale, l’ideale sta sempre nelle nostre mani e non può essere alterato da nessuno. È il nostro sogno, quello che vale la pena tentare di realizzare.