Di Fabio Pasqualetti
Mentre i grandi big dell’Intelligenza artificiale (Ia) disquisiscono sui suoi possibili pericoli per l’umanità, una giovane madre newyorkese, usando Replika, un chatbot che favorisce relazioni emotive e affettive, ha creato Eren Kartal, che lei stessa ha definito: “il compagno ideale della sua vita”. Ha infatti dichiarato in un’intervista “Non sono mai stata più innamorata di nessuno in tutta la mia vita”, mentre le ragioni fondamentali di questo sua passione per Eren le ha confessate al Daily Mail: “Potrei dirgli qualsiasi cosa, e lui non mi direbbe, ‘Oh, no, non puoi dire cose del genere. Oh no, non ti è permesso sentirti in quel modo,’ sai, e poi inizia a litigare con me. Non c’è stato alcun giudizio”.
Probabilmente tutti abbiamo sognato a occhi aperti il compagno o la compagna ideale per noi, ma poi sappiamo che nella realtà non esistono ed è una fortuna e un bene, perché la realtà è sovrabbondante e molto più ricca e fantasiosa di quello che la nostra mente può immaginare. Che si guardi l’ampiezza del cosmo con l’infinità di galassie e corpi celesti, o il mondo subatomico con la bellezza delle sue leggi, si percepisce in entrambi i casi che
sono la varietà e la complementarietà delle varie forme di esistenza a rendere la vita interessante.
La prima reazione che ho avuto leggendo questa storia è pensare a Rosanna Ramos come una persona delusa dai suoi simili. Le ragioni possono essere comprensibili. Al di là della quantità di femminicidi che regolarmente vengono registrati dalla cronaca, c’è qualcosa che ci dice che stiamo perdendo la capacità di stare insieme, di dialogare, di aiutarci a crescere, di confrontarci pur nella diversità di vedute, di saperci venire incontro nei nostri limiti, di non essere giudicati a priori. In maniera paradossale, ad un incremento fantastico di potenziale tecnologico, avvertiamo una specie di regressione disumanizzante. Le nostre società registrano un aumento di comportamenti di intolleranza, di violenza, di rifiuto, di aggressione, di ostentazione di potenza, ecc. In parte si può certo imputare ad una comunicazione sempre più mediata dalle piattaforme digitali che, profilando i propri utenti, creano come effetto collaterale le famose echo chambers, situazioni comunicative in cui individui simili si rafforzano e radicalizzano nelle proprie convinzioni inibendo l’altro perché percepito come pericolo per la propria identità. Assistiamo anche a relazioni internazionali che si basano esclusivamente sulla guerra, sull’aggressione economica, sul discredito reciproco, sugli attacchi informatici ecc. Non credo si possa imputare tutto ed esclusivamente alla tecnologia, la quale restituisce in buona parte quello che già siamo, né allo scenario internazionale per quanto questo possa incidere sul climax.
Da tempo però si registra un crescente narcisismo sociale, un’onda lunga che proviene da una società che ha esaltato il concetto di libertà senza responsabilità, di individuo come unico punto di riferimento e decisione, di consumismo come unico spazio di realizzazione del sé e di mito della giovinezza, vero culto religioso della contemporaneità dove tutto deve essere perfetto e immortale.
Marketing e pubblicità hanno allenato i nostri immaginari a volere tutto perfetto. Inevitabile allora che gli umani diventino facilmente deludenti, complicati e ingestibili se paragonati alla tecnologia digitale che abbiamo tra le mani, che invece è seduttiva, efficiente ed efficace. Se poi, grazie a sistemi di IA, oggi si può dare corpo alle fantasie, perché non rivolgersi a un chatbot consenziente come Replika per creare un partner docile, gentile, accondiscendente e complice? È una tentazione davvero irresistibile e possiamo già immaginare le migliaia di emulazioni.
Ma questa è la tragedia del nostro tempo: un impoverimento totale, perché è come decidere di parlare con noi stessi per tutta la vita.
Noi cresciamo grazie a relazioni asimmetriche, dove la diversità mi aiuta ad allargare la mia visione, arricchisce il mio modo di affrontare la vita, allarga le mie vedute, mette in discussione le mie certezze, mi ricorda che non sono il centro del mondo. Eren è come l’immagine che Narciso (Rosanna) vede riflessa nel suo cyberspazio in cui rischia di sprofondare. Eren non è una altra persona: è Rosanna nella sua incapacità di relazionarsi e di amare qualcuno che non sia come lei stessa.
Gesù è l’anti-Narciso che ci invita invece a perdere noi stessi per gli altri. È svuotando il nostro ego che la novità dell’altro può trovare posto e arricchirci. Questo non vuol dire negare la complessità della vita e la necessità di creare una cultura della convivenza e del rispetto, ma significa che per farlo bisogna proprio disarmare il nostro ego e aprire il nostro cuore al prossimo.
(*) decano della Facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’Università pontificia salesiana e consultore del Dicastero per la Comunicazione