- L'Ancora Online - https://www.ancoraonline.it -

Vescovo Bresciani: A volte le nostre comunità cristiane soffrono di Alzheimer?

DIOCESI – “Nella prima lettura, per voce di Mosè che parla al popolo, Dio ci ha detto: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere”. Un chiaro invito a recuperare la memoria, memoria di un cammino che tuttavia non è ancora concluso”.

Con queste parole il Vescovo Carlo Bresciani ha aperto al sua riflessione in occasione della Solennità del Corpus Domini che si è è celebrata giovedì 8 giugno, alle ore 21:00, presso la Cattedrale Santa Maria della Marina di San Benedetto del Tronto. Al termine della celebrazione Eucaristica, concelebrata dai parroci della città, si è svolta la tradizionale processione per le vie limitrofe, che si è conclusa presso la Chiesa dei Padri Sacramentini.

Vescovo Bresciani: “Accogliendo il comando di Mosè: che cosa ricordiamo della nostra vita, in modo particolare della nostra vita di fede? Che cosa dobbiamo ricordare?
Un popolo che vive solo di memorie manca di speranza e di futuro, ma chi perde la memoria perde la propria identità: non sa più chi egli sia.
È ciò che provoca quella malattia così grave che noi chiamiamo Alzheimer. Il malato di Alzheimer può continuare a fare più o meno bene le cose di sempre, magari in modo più disordinato, ma non sa più perché le fa e non riconosce neppure più le persone che gli sono vicine. Così è anche della comunità cristiana, quando perde la memoria del cammino di fede che in Dio ha compiuto e che è chiamata a continuare.
Mosè prosegue: “Non dimenticare il Signore tuo Dio”, perché “l’uomo non vive soltanto di pane”.
Certo, viviamo anche di pane, ma è una illusione che il pane materiale basti alla vita umana. Forse è questa illusione che oggi percorre la nostra società opulenta, ma con grandi sacche di vera e propria povertà materiale e sacche ancor più grandi e più diffuse di povertà spirituale. Illusione di una società opulenta, immersa nel suo benessere consumistico, che pensa di poter dimenticare Dio.
Celebrando questa liturgia, noi rinnoviamo la nostra memoria di quanto Dio in Gesù Cristo ha fatto per noi e di tutto quanto ci ha donato, ma nello stesso tempo facciamo memoria di quello che siamo come popolo cristiano, come Chiesa appunto. Sappiamo che stiamo celebrando la solennità del Corpus Domini, quindi della presenza sacramentale di Gesù in mezzo a noi, presenza attorno alla quale ci riconosciamo come Chiesa.
Facciamo memoria del nostro essere Chiesa proprio celebrando la sua memoria, che non significa solo ricordo di cose e fatti del passato (ricordo magari carico di tanta nostalgia, come a volte capita di sentire quando viene detto: ‘una volta sì che…, ma ora…’). Noi facciamo memoria anche di quello che siamo oggi: Chiesa riunita dalla parola e dal sacramento di Gesù. La liturgia infatti ci fa dire “mangiando un solo pane diventiamo un solo corpo in Cristo”. E in tal modo ci ricorda che abbiamo bisogno anche di un altro pane per la nostra vita personale e che per essere comunità del Signore Gesù non basta il pane materiale.
La seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi ci ha, infatti, ricordato che “poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1Cor 10, 17). Celebrando, facciamo memoria del fatto che siamo un solo corpo in Cristo, mangiando un solo pane diventiamo un solo corpo in Cristo. Quando partecipiamo alla liturgia noi gustiamo questa grande realtà: siamo un solo corpo in Cristo. Con Mosè, mi sento di ripetere a me e a voi: Ricordati di questa grande e bella realtà e rendi lode a Dio.
La solennità del Corpus Domini è invito a fare memoria di questa grande realtà e del grande dono che Gesù ci ha fatto donandoci la Chiesa e facendoci Chiesa. Manca qualcosa di fondamentale, se ci cibiamo del corpo sacramentale di Cristo -se facciamo la comunione- e non diventiamo Chiesa, sacramento di Cristo. Gesù ci ha lasciato il suo corpo e il suo sangue non solo per una consolazione personale, o perché abbiamo a celebrare belle cerimonie, ma per farci Chiesa, per divenire un solo corpo in Lui. La dimenticanza di questo è una specie di malattia di Alzheimer che oggi serpeggia insidiosa là dove ci si ciba del corpo di Cristo e non si diventa corpo di Cristo, cioè Chiesa.
Questa sera conferirò il mandato di ministri straordinari della comunione a molti fedeli di ogni parrocchia della nostra Diocesi: perché portare la comunione al malati? Certo, lo sappiamo bene, portiamo il corpo di Cristo, quel corpo che proviene dalla celebrazione eucaristica della comunità cristiana. Quel Corpo, quindi, rimanda intrinsecamente anche alla comunità da cui proviene e che si è ritrovata per fare memoria del Signore Gesù risorto.
Portare la comunione a chi per malattia e non per comodità non ha potuto essere partecipe della celebrazione comunitaria domenicale è anche ricordare e ricordargli la sua appartenenza a quel corpo ecclesiale, ricordargli che, benché malato e impossibilito a partecipare, non ha cessato di appartenere all’unico corpo di Cristo che è la Chiesa, mantiene una comunione sacramentale con esso.
Voi, ministri straordinari della comunione, siete mandati dalla Chiesa e siete, quindi, presenza della Chiesa accanto alle membra più fragili e sofferenti del suo corpo. Abbiate sempre consapevolezza che siete ministri della comunione e ministri della Chiesa: a servizio della comunione e a servizio della Chiesa, non solo, quindi, ministri della comunione, ma innanzitutto e prima di tutto ministri di comunione. Permettetemi di ripetere: prima ministri di comunione e solo poi ministri della comunione.
In una società in cui le parole ormai contano molto poco, e anche quelle del Vangelo rischiano di non essere più capite, resta solo la testimonianza della gioia con cui noi le viviamo attraversando la vita comune ad ogni altro essere umano. La comunione al Corpo di Cristo e tra di noi è il cibo del cammino in cui troviamo la vera vita.
La processione che tra poco vivremo vuole essere segno di questa comunione tra noi e con Gesù e un momento del tutto speciale e gioioso per viverla”.