(Foto ANSA/SIR)

“Francesco Nuti lascia il segno di una comicità appartata e indifesa, mai invadente, fatta di generosità e momenti di tenerezza, segnata anche dalla tipica schiettezza toscana che si tiene lontana però dalla volgarità”. Così Massimo Giraldi, critico e presidente della Commissione nazionale valutazione film della Cei, ricordando il regista, interprete e cantante toscano Francesco Nuti, scomparso nel pomeriggio di lunedì 12 giugno dopo una lunga malattia.
Classe 1955, Francesco Nuti si forma nell’ambiente toscano, nella sua Prato. Negli anni ’70, poco più che ventenne, si lega al gruppo comico dei Giancattivi – con lui Alessandro Benvenuti e Athina Cenci –, esibendosi prima nei cabaret poi subito dopo in radio e televisione, in particolare nella trasmissione cult “Non Stop. Ballata senza manovratore” (1977-79) targata Enzo Trapani. Il passo verso il grande schermo è dietro l’angolo insieme all’amico e collega Benvenuti. “Nuti esordisce al cinema – spiega Giraldi – con due titoli che sono tutto un programma: ‘Ad Ovest di Paperino’ del 1981 di Alessandro Benvenuti e ‘Madonna che silenzio c’è stasera’ del 1982 di Maurizio Ponzi, titoli che chiariscono la proposta di una comicità malinconica e surreale ai limiti dell’assurdo”. Sempre con Ponzi gira “Io, Chiara e lo Scuro” nel 1983 – dove Nuti oltre a essere interprete partecipa anche alla sceneggiatura –, opera che permetterà all’attore toscano di vincere il David di Donatello e il Nastro d’argento come miglior interprete.
La definitiva svolta arriva tra il 1985 e il 1990, quando Nuti passa dietro alla macchina da presa firmando una serie di titoli che gli regalano grane popolarità e consensi: anzitutto “Casablanca, Casablanca” (1985) con Giuliana De Sio, film con cui ottiene un altro David di Donatello come sempre miglior protagonista, seguito da “Tutta colpa del paradiso” (1985), “Stregati” (1986) con Ornella Muti e “Caruso Pascoski (di padre polacco)” (1988) con Clarissa Burt. Il decennio Ottanta si rivela davvero una stagione d’oro per l’artista toscano che dimostra di essere persino un bravo cantante, partecipando anche in gara al Festival di Sanremo nel 1988 con il brano “Sarà per te”.
“L’ascesa – aggiunge Giraldi – prosegue spedita fino a ‘Donne con le gonne’ del 1991. Poi arriva l’azzardo di “OcchioPinocchio’ nel 1994, impresa superiore alle sue possibilità che pone una battuta d’arresto a una carriera sostanzialmente senza inciampi. Seguiranno titoli che si riallacciano al suo stile e alla sua consolidata linea di racconto; un periodo comunque segnato da ricorrenti difficoltà e problemi di salute”. Di quegli anni sono “Il signor Quindicipalle” (1998) con Sabrina Ferilli, “Io amo Andrea” (2000) con Francesca Neri e “Caruso, zero in condotta” (2001). Gli anni Duemila si rivelano particolarmente difficili, non solo dal punto di vista artistico, ma soprattutto a livello personale: Nuti deve fronteggiare sia una insidiosa depressione che dipendenze da alcolici. Nel 2006 cade rovinosamente dalle scale e finisce in coma. Seguirà un faticoso cammino di riabilitazione che lo terrà definitivamente lontano dal set. “Francesco Nuti ci mancherà, e molto. E con lui quella sua comicità originale, giocosa, striata di nostalgia”, conclude Giraldi.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *