- L'Ancora Online - https://www.ancoraonline.it -

Tributo a Nahman, storia di un clochard ebreo

Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”

Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”
Leggi la quinta puntata: Partenza senza arrivo
Leggi la sesta puntata:  Le badanti e la loro condizione di vita
Leggi la settimana puntata: Considerazioni sulla Scuola e l’abbandono scolastico
Leggi l’ottava puntata: San Benedetto, Ana Fron: l’importanza della Comunicazione Interculturale
Leggi la nona puntata: I Sambenedettesi seguono con attenzione il caso di Omnia
Leggi la decima puntata: Ana Fron: “Zingaro!”
Leggi l’undicesima puntata: Ana Fron: “Gli stranieri ci rubano il lavoro?”
Leggi la dodicesima puntata: Monteprandone, intervista a Eldira: Vi racconto la mia storia
Leggi la tredicesima puntata: Ana Fron: “Odio razziale tra adolescenti: cause e soluzioni possibili”_
Leggi la quattordicesima puntata: Grottammare, la storia di Helena Trentin “Ho un solo ricordo spiacevole che mi è rimasto impresso”
Leggi la quindicesima puntata: Ana Fron: “Per esortare le coppie alla procreazione, c’è bisogno di condizioni favorevoli”

La Seconda Guerra mondiale è finita da tempo ma le ripercussioni a livello politico sono in continuo sviluppo. La Romania, entrata nell’area geopolitica dell’Unione Sovietica, si avvia verso il consolidamento del regime dittatoriale di tipo stalinista. Regime considerato il più rigido dell’Europa dell’Est. Il neo eletto Ceausescu (designato nel 1974) vessa ed affama la popolazione con leggi disumane. Il suo progetto di estinzione del debito pubblico estero, quantificato in più di undici miliardi di dollari, in soli nove anni rimarrà nella storia. Il razionamento del cibo, dei beni di prima necessità, dell’elettricità e del riscaldamento è la conseguenza pratica di tale ambizione.

La condizione politica incide sul comportamento sociale che subisce dei cambiamenti. E non in positivo. Tra le persone si radica un senso di chiusura verso il prossimo e soprattutto verso il “diverso”.

La società rumena di inizio anni ’60 è multietnica e multi religiosa, di grande ricchezza culturale. Valore misconosciuto e contrastato dal regime perché percepito come un ostacolo alla realizzazione dell’idea nazionalistica che si va rafforzando sempre di più.

Ne pagano il prezzo le minoranze etnico religiose, soprattutto i rom che vengono “lasciati a sé stessi”. Basta entrare nel loro quartiere (mahalà) per vedere la miseria più totale. Case senza porte, frequentate da persone e animali da cortile. Senza riscaldamento, ne elettricità. Bambini di tutte le età scalzi nel fango e mal vestiti. E proprio per questo, la maggior parte delle famiglie rom hanno una visione della vita a breve termine, vivono “alla giornata”. Preoccupati per cosa mettere in tavola o per come riscaldare l’ambiente non si proiettano un futuro. Dunque, in questa ottica la scuola diventa per loro superflua e che peccato. Tra gli alunni rom ci sono delle belle menti, c’è una naturale predisposizione per la musica, per la danza. Molti di loro suonano uno strumento. Ogni qualvolta si passa nelle vicinanze delle loro case si sente della musica strumentale. Una musica ritmata che fa allegria. È il loro modo di sopravvivere. Di esorcizzare la povertà. Forse è il loro modo di presentarsi al mondo con dignità. Una dignità da sempre rinnegata.

Podu Iloaiei è una vecchia, piccola e bella cittadina della Romania, del distretto di Iasi. Fondata come località moderna nel 1818 da moldavi ebrei, ha una sua rilevanza per la posizione geografica strategica. È considerata un crocevia ferroviario che collega i quattro punti cardinali del paese.

Prima del 1944 la località ospitava tanti ebrei che si dedicavano al commercio e all’artigianato. La testimonianza della loro esistenza è tuttora evidente. Infatti, anche oggi si possono notare costruzioni in stile botteghe, posizionate lungo strada principale.

Dopo la Seconda Guerra mondiale e in seguito al massacro di Iasi nel 1941, in occasione del quale sono stati uccisi per responsabilità del regime di Antonescu più di tredici mila ebrei ammassati sui treni, quasi tutti loro sono emigrati in Israele. Solo uno è rimasto, per scelta personale. Nahman. Si racconta che delle persone, dopo la Rivoluzione del ‘89, siano arrivate da Israele per portare via anche lui che però si è rifiutato categoricamente di lasciare la Romania.

Ricordo personalmente Nahman. Era un uomo solitario, alto e magro, che sembrava guardasse con diffidenza il prossimo attraverso un paio di occhiali piccoli e rotondi. In testa aveva l’immancabile basco nero. Sia d’inverno che d’estate indossava una giacca grigio-marroncina, leggera, che la sua magrezza faceva sembrare più grande. Portava spesso le mani nelle ampie tasche, forse per riscaldarle nel freddo invernale. Si sosteneva in vita facendo piccoli e saltuari lavori. Con l’avanzamento dell’età però si è abbandonato alla strada, diventando un clochard. Non si ricorda che avesse parenti, forse erano deceduti molto tempo fa. Non è stato visto in compagnia di amici. Viveva con distacco da altri esseri umani. Si sa di certo che aveva un benefattore. L’unico che tollerava. Un giorno questa persona, trovandolo in grosse difficoltà, lo ha portato in una casa di riposo per anziani, a Iasi. Non più in condizioni di opporsi è stato trasferito in seguito, da membri della comunità degli ebrei rumeni, prima a Bucarest poi in Israele, dove è deceduto. Sempre in una casa per anziani.

Nahman lasciava l’impressione di un uomo che aveva perso irrimediabilmente la fiducia nell’essere umano, scegliendo per tutta la sua vita l’isolamento.

La Romania in quegli anni non garantiva assistenza sociale a persone in difficoltà. Anzi, ufficialmente non esistevano persone in difficoltà perché il paese viveva un’”epoca d’oro”. Espressione tanto amata da Ceauscescu, l’artefice di tale epoca.

Dunque mancava tutto. Il cibo era poco e di scarsa qualità nutritiva. Non c’era l’abitudine di pranzi conviviali, con estranei alla famiglia. L’unica concessione che ci si poteva permettere era quella di dividere la merenda pomeridiana con gli amichetti del vicinato. Ricordo che non c’era niente di più piacevole per i bambini.

Persone come Nahman vivevano di poco, senza lamentarsi e senza sperare nei cambiamenti positivi; rassegnati alla propria condizione.

Attualmente a Podu Iloaiei non ci sono più ebrei ma, sulla valle del fiume Bahlui, esiste tuttora il cimitero che ospita le salme dei loro caduti durante la guerra.

La Romania oggi è un paese diverso, con una società molto cambiata, in positivo, si intende. Dopo la Rivoluzione del ’89, con l’apertura dei confini, i rumeni sono emigrati dovunque. Solo in Italia si contano all’incirca un milione di persone. Si sono confrontati direttamente con la condizione di “minoranza”, di diversità. Comprendono più degli altri il senso dell’accoglienza mettendolo in pratica quando, a loro volta, devono accettare immigrati redistribuiti dalla Comunità europea, di qui fanno parte. Il paese ha buone leggi che difendono le minoranze etniche. Di più, i rumeni vantano una storia pacifica, senza ambizioni belliche e di conquiste verso altre nazioni. Tuttavia, non è esente da errori passate che abbiamo il dovere di ricordare per farsi che non ci siano più persone indifese come Nahman.