SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prosegue il nostro viaggio alla scoperta delle varie Scuole Superiori della nostra Diocesi attraverso il racconto degli studenti Rappresentanti di Istituto. Incontriamo oggi Stefano Albini, Emma Capriotti, Stefano Merlini ed Alessandro Rocchi del Liceo Scientifico Benedetto Rosetti di San Benedetto del Tronto.
L’anno scolastico si è appena concluso. Qual è il bilancio al termine del vostro mandato?
Emma: Per me è positivo. Questa esperienza, infatti, mi ha fatto crescere tantissimo, perché ho conosciuto meglio il mondo degli adulti e mi ha fatto comprendere meglio le ragioni di alcune decisioni, soprattutto legate alla burocrazia e ai ruoli direttivi in genere.
Alessandro: Già lo scorso anno avrei voluto candidarmi, ma sono stato molto occupato con la mia passione per il calcio. Quest’anno ho colto l’occasione per impegnarmi, anche perché con il Covid erano venute meno le interazioni tra studenti, anche quelle più banali, e la scuola si era ridotta ad avere una dimensione non più di istituto, bensì di singola classe. Spinto dal desiderio di far tornare le cose a come erano prima della pandemia, ho voluto dare il mio contributo per aumentare le occasioni di socializzazione tra studenti. In tal senso, mi ritengo molto soddisfatto perché credo di aver centrato l’obiettivo e di aver realizzato la gran parte dei progetti in programma.
Stefano A.: È stata una bellissima esperienza. Siamo riusciti a raggiungere obiettivi inimmaginabili fino a qualche mese prima, come, ad esempio, il fatto di vivere le assemblee tutti insieme, con studenti sia del Biennio che del Triennio. È stata una palestra anche per imparare il lavoro di squadra: siamo riusciti, infatti, a dividerci i compiti anche in base alle nostre attitudini e ad instaurare un’ottima e proficua collaborazione.
Stefano M.: Dopo quattro anni di esperienza come rappresentante di classe, ho avuto l’idea di formare una tri-lista “Ansia no!” che coinvolgesse gli studenti di tre Scuole Superiori diverse, così da stringere una collaborazione tra Istituti e da condividere idee e progetti mirati soprattutto alla ripartenza post – Covid e al benessere psicologico di noi ragazzi. Da questo punto di vista, credo che siamo riusciti perfettamente a raggiungere l’obiettivo, creando numerose occasioni di incontro e di crescita. Per me, inoltre, è stata un’occasione di crescita personale, un’esperienza altamente formativa. Ci siamo dovuti misurare, infatti, anche con la burocrazia: a volte è stato uno scontro, ma spesso anche un incontro. Siamo stati il punto di contatto tra i docenti e gli studenti.
Quale, tra i progetti che avete realizzato a scuola, vi è piaciuto particolarmente?
Stefano M.: Il progetto, che più mi è piaciuto durante questi cinque anni, è stato sicuramente il progetto Erasmus, che mi ha portato a conoscere culture diverse, seppure poco distanti da noi. Oltre a questo, vorrei sottolineare le infinite possibilità, che l’Istituto ci ha concesso, di incontrare una serie di professionisti, esperti in ambiti diversi, uomini e donne di cultura, provenienti da tutta Italia, che ci hanno permesso, un po’ alla volta, di fare il nostro ingresso nel mondo degli adulti come giovani informati e consapevoli.
Emma: Uno dei eventi che più ha divertito gli studenti quest’anno è stata, senza dubbio, la Fashion Week! Durante il periodo di Carnevale, abbiamo proposto agli studenti ogni giorno un tema o una maschera diversi da cui trasvestirsi solo ed esclusivamente per quella giornata. Sono rimasta molto stupita della grande adesione e della partecipazione registrate.
Un altro progetto a me particolarmente caro è stato quello relativo all’Orientamento Universitario: nel nostro Liceo sono stati organizzati numerosi incontri che mi hanno coinvolto particolarmente e mi hanno aiutato a chiarire le idee sul mio futuro.
Alessandro: Di progetti ne abbiamo fatti veramente tanti, ma il momento che ricorderò con maggiore emozione è legato all’ultimo giorno di scuola, quando abbiamo tenuto l’ultima Assemblea di Istituto presso il Palazzetto delle Sport, in presenza, Biennio e Triennio insieme. Noi del quinto anno siamo scesi per primi in pista, sulle note della celebre canzone di Venditti, “Notte prima degli esami”. Tutti gli altri studenti ci hanno applaudito e i docenti ci hanno scattato una foto ricordo. Credo che non dimenticherò mail l’emozione di quel momento.
Stefano A.: Per quanto mi riguarda, non posso non menzionare l’ultima giornata di scuola che noi studenti abbiamo vissuto in totale condivisione. Si è trattato probabilmente dell’impegno più gravoso del nostro mandato, ma vedere le persone coinvolte e felici è stato veramente bello! Noi rappresentanti siamo usciti da questo evento veramente molto stanchi, ma la consapevolezza di aver organizzato qualcosa di grande, che ha unito le esigenze di presidenza, docenti e studenti, è per noi motivo di grande orgoglio. Abbiamo dimostrato di essere un gruppo unito e capace. Per me, che tra pochi giorni lascerò definitivamente questo Istituto, questa ultima giornata di festa e condivisione è stata il punto di arrivo di un percorso durato cinque anni, un momento che resterà per sempre tra i miei ricordi più belli.
Quali sono le fragilità maggiori che riscontrate tra i vostri coetanei?
Stefano A.: Io riscontro in molti ragazzi un’enorme pressione da parte dei genitori. Spesso ho incontrato studenti che subiscono dalla famiglia molte pressioni, soprattutto a livello scolastico, tanto che trascorrono molte più ore sui libri che a letto a riposare o fuori a divertirsi. Questo riguarda soprattutto i ragazzi del Biennio che, oltre a questo problema, devono fare i conti con una socialità diversa da quella a cui noi siamo abituati. Onestamente, senza sembrare presuntuoso, ho notato uno sbalzo generazionale notevole tra il Biennio ed il Triennio, più che negli anni passati. Gli studenti più piccoli hanno maggiore difficoltà a relazionarsi tra loro e a gestire una certa autonoma che la loro età consentirebbe loro di vivere.
Alessandro: Credo che la difficoltà maggiore dei nostri coetanei sia la gestione dello stress nella quotidianità, uno stress legato alla paura del futuro. La pandemia ci ha lasciato questa eredità che non ci piace affatto, perché purtroppo ha invaso ogni aspetto e momento della nostra vita. Speriamo di poter recuperare al più presto una discreta serenità.
Emma: Io credo che la generazione di oggi dovrebbe acquisire maggiore consapevolezza delle proprie capacità. Molti, troppi, si sentono sempre meno partecipi della vita sociale e politica, innescando in loro un processo di isolamento dalla realtà. Proprio per questo motivo, secondo me, la Scuola dovrebbe rendere sempre più attiva la vita di uno studente, dando stimoli a conoscere meglio se stessi e le proprie passioni e creando maggiori occasioni di incontro, cosicché i ragazzi possano migliorare il rapporto con se stessi, con i propri coetanei e con gli adulti.
Stefano M.: Credo che tutte le fragilità nostre e dei nostri coetanei si possano riassumere con l’espressione “ansia per il futuro”. Questo vale in ogni aspetto della vita, ma in particolare nella scelta della facoltà universitaria a cui iscriversi, un ambito in cui molti sentono la pressione sociale e familiare. Tanti studenti hanno desiderio di svolgere certe professioni o intraprendere determinati studi, ma non lo fanno per paura di non riuscire a portarli a termine, perché, secondo luoghi comuni, in quel settore non c’è lavoro o magari quel mestiere non è retribuito in maniera soddisfacente e quindi non è considerato di successo. Credo che sia fondamentale guardare al proprio percorso e alle proprie attitudini senza confrontarsi con quelli degli altri, altrimenti si rischia di svolgere per tutta la vita un lavoro che non piace.
Cosa riconoscete come valore?
Alessandro: Prima di tutto la dedizione, perché è ciò che ci permette di superare qualsiasi ostacolo. Poi l’equilibrio, perché – come diceva il filosofo Nietzsche – prendendo ad esempio la tragedia attica, ci deve essere equilibrio tra lo spirito apollineo e lo spirito dionisiaco, ovvero la componente razionale dell’individuo e quella più istintiva
Infine considero valore la famiglia, perché è lo scoglio su cui appoggiarsi nei momenti di difficoltà.
Stefano A.: Per quanto mi riguarda – e so che potrà sembrare strano – considero un valore il rispetto della natura e, in particolare, del mare. Io sono cresciuto a San Benedetto, dove il mare rappresenta il primo e più grande testimone della bellezza del Creato. Il mare ha condizionato ogni mia scelta: conoscere il mare, saper solcare le sue onde, viverlo in ogni suo aspetto, è la cosa che più desidero al mondo. E preciso che, oltre all’aspetto più emozionale del mare, c’è anche una cultura, che lo riguarda, che va conosciuta e preservata.
In secondo luogo ritengo un valore importante anche lo sport, che negli anni è stata la mia palestra di vita.
Considero un valore, infine, anche il lavoro, inteso però come mezzo e non come obiettivo: guadagnarsi la pagnotta ti permette di capire davvero la vita e segna in maniera più forte e reale il distacco tra la giovinezza e la vita adulta.
Stefano M.: Nella vita comunitaria, secondo me, ricopre un valore fondamentale la solidarietà, il non lasciare nessuno indietro e l’avere lo sguardo rivolto non solo su stessi, ma anche sugli altri. Nella vita personale, invece, ritengo valori importanti la coerenza con se stessi e con le proprie idee e l’impegno per un obiettivo: senza di essi, non si può raggiungere alcun traguardo.
Emma: Alla parola valore è difficile dare una definizione e una oggettività, secondo me, perché ognuno ha i propri ideali derivanti dalla personale educazione ed esperienza. Sicuramente i primi valori che ho imparato – e che spero mi accompagnino per tutta la vita – sono la coerenza e l’onestà, due caratteristiche fondamentali per poter istaurare rapporti sinceri e profondi. E ritengo che anche nella vita scolastica questi due ideali non debbano mai mancare, perché ti procurano la fiducia e la stima delle persone che ti sono accanto.
Quali sogni avete per il futuro?
Emma: Ancora non ho bene in mente cosa vorrò fare da grande. Avendo appena terminato il quarto superiore, ho ancora alcuni mesi di tempo per pensarci. Però, basandomi sulle mie passioni e su quello che più mi è piaciuto fare in questi anni di scuola, credo che mi indirizzerò su una facoltà universitaria che riguardi la ricerca scientifica, quindi o Biologia o Chimica.
Alessandro: Per quanto riguarda il mio futuro universitario, ho molte paure. Prima di tutto ho cambiato idea numerose volte: prima Economia, poi Medicina, ora Ingegneria Gestionale. Quindi ho timore di sbagliare facoltà e soprattutto ho l’incubo di andare fuori corso. Oltre a questo, ho deciso di andare a Parma, in quanto l’Emilia Romagna, insieme alla Lombardia, è la regione italiana che offre maggiori opportunità di formazione e di lavoro in questo settore. Però so che starò lontano da casa e questo un po’ mi dispiace.
A livello personale, invece, sono abbastanza sicuro di quello che voglio: una famiglia e dei figli. Il matrimonio cristiano è una cosa in cui credo profondamente e che desidero. Non capisco la scelta di molti giovani di non sposarsi: se ami veramente una persona, non comprendo perché non impegnarsi formalmente; significherebbe non avere fiducia nella persona che uno ha accanto.
Stefano A.: Per quanto concerne il futuro universitario, ho le idee abbastanza chiare. Ho scelto la facoltà di Medicina, perché mi piacerebbe specializzarmi in Endocrinologia oppure in Medicina Interna. In ogni caso mi occuperei di diagnostica, non di chirurgia.
A livello personale, invece, fatico molto ad immaginare il mio futuro. L’unica cosa che so è che avrò sicuramente dei cani.
Stefano M.: Alle Medie ero convinto di voler frequentare la facoltà di Ingegneria Informatica, perché mi affascinava moltissimo il mondo della programmazione. Durante i primi anni del Liceo, invece, ho cambiato idea: mi sono appassionato alla Fisica e ho pensato di iscrivermi a questa facoltà. Successivamente, però, grazie al progetto Erasmus, ho avuto modo di vedere sul campo l’attività di laboratorio, avendo visitato i laboratori dell’Università di Ancona e di San Benedetto del Tronto, sede distaccata di Camerino. In quei contesti ho eseguito esperimenti, osservazioni e ricerche e mi sono reso conto che mi piace moltissimo questo ambito. Quindi, dopo un attento e lungo discernimento, ho deciso di dedicarmi alla ricerca nel campo della Biotecnologia. Vedrei molto bene il mio futuro in un contesto europeo.
A livello personale, riassumo tutto con un concetto semplice: desidero essere felice, magari con una persona accanto.
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