Di Don Gianni Croci, lettera della Caritas Diocesana di Giugno
DIOCESI – Arriva l’estate. Le scuole chiudono e si cerca di vivere più ‘spensierati’, almeno chi può, tanti infatti sono presi da un lavoro che assorbe tutto il tempo, capace di sfinire e di togliere la voglia di pensare. Eppure, fatti gravi, successi anche recentemente, impongono la riflessione. Essi sono come la punta di un iceberg che fa intravedere solo una piccola parte della sua grandezza. Pensiamo a Giulia uccisa da chi diceva di amarla, insieme al suo bambino ancora in grembo, e ai tanti altri femminicidi: non si può scherzare con l’amore, di tradimenti si può morire. Come non pensare alla morte del piccolo Manuel di cinque anni per una folle sfida di cinque youtuber.
Un carissimo amico ha scritto così a diverse ditte che sponsorizzano, con decine di migliaia di euro, quei ragazzi che girano video folli da mettere poi su Internet: “Argomento: sponsorizzare i Thebordiline. Siete una ditta seria. Mi auguro che non sponsorizzate più gruppi o singoli così irresponsabili. In fondo quel bambino è vittima di tanti…Cordialmente”.
Mettersi in bocca capsule di detersivo, tirarsi calci, gettarsi nel vuoto, tuffarsi in un fiume saltando da una finestra, tutti giochi pericolosi, diventati virali sui social, pensando di dimostrare così di essere coraggiosi e alla moda e, a volte, per avere facili guadagni. Dicono gli studiosi che sono tantissimi i ragazzini che partecipano alle challenge o le seguono dallo schermo dei loro cellulari. E’ una situazione grave che chiede una riflessione da parte di tutti. Anche se sicuramente responsabili, i ragazzi che fanno questi video demenziali e pericolosi, solo per avere più like (e quindi più soldi), in fondo sono anche loro, in parte, vittime di un mondo con pochi valori. Quando si “eliminano i valori cristiani”, che sono anche valori umani ed universali, poco o nulla resta.
Forse questo è il tempo della “carità del pensare!”. Si legge nella Scrittura che “non di solo pane vive l’uomo” (Mt 4,4). Non basta pagare una bolletta, dare un piatto caldo, fare un gesto di accoglienza, cose poi non così scontate oggi, è più che mai necessario offrire tempi e spazi per il silenzio, la riflessione, lo studio.
E’ uscito recentemente un libro interessante di Antonia Chiara Scardicchio, “Futuro fragile, futuro possibile. Educare nel tempo del chiaroscuro” (ed San Paolo) dove tra l’altro si legge: “Così la velocità è la più potente delle seduzioni: ci affascina perché ci fa sentire di potere sempre di più. Più veloce sembra essere la voce interiore del mondo, e la nostra. E cosa ci accade lo sappiamo assai bene: la velocità ci toglie presenza” (p. 51). E’ davvero importante passare dalle ‘risposte preconfezionate’ alle domande che da sempre albergano nel cuore dell’uomo, senza paura di scoprire i propri limiti. Scrive ancora la dottoressa Chiara Scardicchio: “il cervello umano evolve nella mancanza. La corteccia cerebrale che è luogo della domanda, della ricerca, del quid che ci fa umani, si sviluppa, non retoricamente o romanticamente ma fisiologicamente, al cospetto del limite”. Ci sono domande ineludibili, che richiedono riflessione, studio, come “chi sono, chi siamo? Cosa voglio fare, cosa vogliamo fare?”. Dalla ricerca, certamente non facile, dipende la qualità della nostra vita.
Fortunatamente c’è anche tanta bellezza attorno a noi, rivelata da storie che incrociamo nel quotidiano, come quella di Bamba. Questo ragazzo da qualche anno in Italia, venuto dal Senegal, con alle spalle solo la scuola coranica, si è messo subito al lavoro per aiutare la famiglia rimasta nel suo paese e, contemporaneamente ha cominciato a studiare. Ad un certo punto ha fatto una scelta difficile: lavorare solo i fine settimana per dedicare tempo allo studio. Così ha frequentato la scuola serale, con umiltà si è fatto accompagnare da qualche insegnante volontario, ed ora sta affrontando gli esami di stato. Ha compreso la verità di un’affermazione di un grande uomo di cultura e di fede, come don Lorenzo Milani, che amava dire ai suoi ragazzi: ”Ogni parola che non sai oggi è un calcio in culo che prenderai domani”. Per tutti è importante conoscere, apprendere, sapere per arrivare a pensare con la propria testa, senza farsi soggiogare dal pensiero comune. La questione seria oggi, nella società come nella chiesa, è la povertà culturale. Quando non c’è cultura ci si affida all’incomprensibile e alla rigidità.
In questo cambiamento d’epoca allora è importante anche imparare da tanti maestri che hanno segnato la storia. Papa Francesco, proprio in questi giorni, con la lettera apostolica, “Sublimitas et miseria hominis”, nella ricorrenza del 4 centenario della nascita, ha riproposto come attuale la figura di Blaise Pascal. Un uomo di cultura e di fede, che ha saputo mettere al centro della sua riflessione la grandezza e miseria dell’uomo. Con la sua ragione così acuta e aperta “non metteva mai a tacere la domanda antica e sempre nuova che risuona nell’animo umano: «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,5). Questa domanda è impressa nel cuore di ogni essere umano, di ogni tempo e luogo, di ogni civiltà e lingua, di ogni religione. «Che cos’è un uomo nella natura? – si chiede Pascal – Un nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla”. Egli amava ripetere che “l’uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma è una canna che pensa”, da qui il richiamo, estremamente stimolante per noi,alla grandezza della ragione umana, possibilità di decifrare il mondo che ci circonda. Ma come molti oggi riconoscono, in tutti campi del sapere, c’è bisogno di andare oltre, di fare spazio alla ragione e alla spiritualità. Scriveva Pascal: “Né l’intelligenza geometrica né il ragionamento filosofico permettono all’uomo di giungere da solo a “una vista molto nitida” sul mondo e su sé stessi… Conosciamo la realtà non solo con la ragione, ma anche con il cuore”. Da qui la necessità di coniugare la ricerca della verità coniugata con la carità. Negli ultimi giorni della sua vita infatti, egli non vedeva altra urgenza che quella di mettere tutte le sue energie nelle opere di misericordia: “Se i medici dicono il vero, e Dio permette che mi rialzi da questa malattia, sono deciso a non avere alcun altro impiego né altra occupazione per tutto il resto della mia vita che il servizio ai poveri”. Occorre far tesoro della sua esperienza e del suo pensiero perché, come tanti grandi del passato, ci aiutano a far posto nella ragione e nel cuore a quel Dio che, purtroppo, abbiamo esiliato dalla nostra storia, mettendo a repentaglio la nostra vita e quella del creato. E’ davvero il tempo di impegnarci a “salvare la parola”, a sviluppare il pensiero, a custodire la scrittura e ogni arte, a riconsiderare la spiritualità che a tutti appartiene, a valorizzare il silenzio e la preghiera, per lasciare questo mondo, un po’ meglio di come lo abbiamo trovato, a chi viene dietro di noi.
Alla luce di tutto ciò è bene “ri-vedere sè stessi” che, in ultima analisi, significa mettersi in preghiera. Anche Gesù nel vangelo ci suggerisce di pregare, ma attenzione, non per “scomodare” Dio per qualcosa che io stesso posso fare, ma come fermarsi per mettersi in ascolto dello Spirito che ci aiuta a scoprire quale è la volontà di Dio, quale strada percorrere per rendere felici, nonostante tutto, noi e gli altri.
Facciamo nostra la preghiera di don Lorenzo Milani: “Signore, io ho provato che costruire è più bello che distruggere, dare più bello che ricevere, lavorare più appassionante che giocare, sacrificarsi più divertente che divertirsi. Signore Gesù fa ch’io non me ne scordi più” (don Lorenzo Milani).
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