M. Chiara Biagioni
“La Cina sta a guardare. E’ chiaro che la situazione è ancora in movimento. La Cina spera in una stabilizzazione pacifica ma è un augurio perché in realtà non si capisce ancora chi sta vincendo e chi perdendo. La polvere è ancora in aria e bisogna vedere come e dove cadrà. In questa attesa, la Cina osserva”. Da Pechino, Francesco Sisci, esperto di geopolitica, già corrispondente dalla Cina per diverse testate italiane, racconta al Sir come il “gigante” d’Oriente sta seguendo l’evoluzione della crisi russa, dopo la rivolta armata lanciata da Yevgeny Prigozhin sabato scorso. In uno stringato comunicato pubblicato dal ministero degli esteri russo sul proprio sito, dopo che il viceministro russo degli Esteri, Andrei Rudenko, ha incontrato ieri il ministro degli Esteri cinese Qin Gang a Pechino, si legge: “La Cina ha espresso sostegno agli sforzi della leadership della Federazione Russa per stabilizzare la situazione nel Paese alla luce degli eventi del 24 giugno e ha ribadito il suo interesse per il rafforzamento dell’unità e l’ulteriore prosperità della Russia”.Sisci parla di una Cina “estremamente preoccupata” dalla situazione di caos che si sta vivendo in queste ore in una Russia che appare “destabilizzata”.
“Dal punto di vista cinese, quello che si sta vedendo è un fallimento sistemico del potere moscovita”. Molti sono gli interrogativi aperti. La marcia di Prigozhin su Mosca era in preparazione da diversi mesi. “L’intelligence russa lo sapeva. Perché non l’ha comunicato a Putin e perché Putin non ha agito di conseguenza?”, si chiede Sisci. L’esercito della Wagner inoltre ha percorso sabato scorso, in poche ore, più di 1.500 chilometri per raggiungere da Rostov la città di Mosca. “Lo ha fatto senza che nessuno abbia provato a fermarlo. Perché non l’hanno fatto? Che cosa è successo? Non c’erano truppe? Non c’erano aerei?”. Il terzo elemento della storia che desta interrogativi, è “il pasticcio politico” che si è visto sabato scorso. “Putin ha fatto una dichiarazione in cui minacciava Prigozhin”, osserva Sisci. “Dopo poche ore, Putin scappa su un aereo, addirittura spegne i trasponder per non farsi trovare e cede alle richieste di Prigozhin. Probabilmente lo riempie di soldi e lui smette di marciare su Mosca, uscendo di scena così”. Il quadro non torna per cui – osserva l’esperto – “o Putin ha fatto semplicemente un bluff, quando minacciava Prigozhin oppure, al momento di agire, i generali si sono rifiutati di farlo. Ma in questo caso, è evidente che il presidente ha perso autorità. E poi, cosa c’entra Lukashenko in questa storia? Insomma, abbiamo sulla scena almeno 4 attori: Putin, Prigozhin, i generali che non hanno agito o non hanno informato Putin e Lukashenko”.
“Che cosa significa questa situazione per la Cina?”, chiede Sisci. “E’ chiaro che se prima Putin era il perno di tutto, oggi è solo uno dei 4/5 attori sulla scena. Ha perso enormemente potere. Significa quindi che per la Cina, non c’è più un interlocutore. Con chi parlano adesso? Chi comanda oggi a Mosca? Certamente Putin non comanda più ed è uno del mucchio. E’ una situazione estremamente confusa, di sostanziale anarchia. E la Cina guarda. Del resto, in queste ore così confuse, lo stanno facendo tutti”.