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Scienza, la sostanza, oltre la forma

Maurizio Calipari

Macrocosmo e microcosmo, due facce della stessa medaglia. Ovvero, l’espressione – in grande e in piccolo – della complessità del reale. E al tempo stesso, gli orizzonti, teoricamente infiniti, che attirano e sfidano l’inestinguibile sete di conoscenza umana.
Ovviamente, non senza il supporto di strumenti tecnologici, in continuo sviluppo e sempre più sofisticati.
Tra questi la messa a punto di un innovativo microscopio ottico (descritto in un articolo pubblicato sulla rivista “Optica”), in grado di produrre, in modo più efficace rispetto ai sistemi attualmente in uso, immagini dettagliate della composizione chimica di un campione osservato. Dunque, non più solo “forma” ma anche “sostanza”. A realizzarlo è stato un team di ricerca internazionale, coordinato dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Ifn), al quale hanno partecipato ricercatori del Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano, della Columbia University di New York e della californiana Stanford University. “Lo strumento – spiega Cristian Manzoni (Cnr-Ifn), coordinatore della ricerca – rappresenta un importante passo avanti nel campo della microscopia e della spettroscopia, aprendo nuove prospettive per la ricerca nelle scienze dei materiali e nelle scienze della vita: potrà, infatti, contribuire allo studio di materiali bidimensionali innovativi, e alla rivelazione e caratterizzazione di microplastiche rinvenute nell’ambiente e all’interno di tessuti animali”.
Il principio di funzionamento del nuovo microscopio si basa sull’inedita combinazione di due tecniche: la “spettroscopia Raman” e la “spettroscopia a trasformata di Fourier”.
L’ “effetto Raman” è un fenomeno fisico, sfruttato da decenni per ottenere informazioni sulla composizione di un campione senza perturbarlo; essa permette di ottenere mappe bidimensionali delle proprietà di un materiale o di un tessuto biologico. Avvalendosi di questo effetto e combinandolo con la “spettroscopia a trasformata di Fourier”, i ricercatori sono riusciti a ridurre significativamente il tempo necessario per acquisire un’immagine dettagliata del campione, rispetto al tempo più lungo impiegato con i soli microscopi Raman, a causa del fatto che essi misurano uno spettro per ogni punto mediante una scansione della sua superficie (un processo abbastanza lento, che richiede circa 1 secondo per ogni punto/pixel).
Il beneficio temporale dipende dal fatto che la “spettroscopia a trasformata di Fourier” permette di misurare in parallelo tutti i punti del campione, rimuovendo i filtri spaziali o spettrali impiegati nelle tecniche tradizionali. Questo metodo (basato su una tecnica detta “interferometria”), in altre parole, combina un’elevata efficienza alla possibilità di acquisire contemporaneamente più dati sullo stesso campione.
Nel loro studio, i ricercatori si sono avvalsi di un “interferometro birifrangente” di eccezionale stabilità e ripetibilità, che ha permesso loro di acquisire mappe Raman e di fluorescenza con elevata risoluzione spaziale (inferiore a 1 micrometro), in un tempo fino 100 volte inferiore rispetto a quello impiegato dagli strumenti tradizionali. “Questo metodo – aggiunge Manzoni – permette anche di misurare separatamente i segnali Raman e quelli di fluorescenza, consentendo, in maniera inedita, di studiare entrambi i fenomeni sulla stessa area del campione, e di ottenere molte più informazioni spettrali rispetto alle tecniche tradizionali”.
Insomma, un’altra utile espressione della nostra inguaribile curiosità verso l’esistente!

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