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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – È in partenza l’ultimo progetto di Umberto Silenzi, Diacono della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, che da circa 14 anni si reca in missione nelle Filippine, aiutando migliaia di poveri ed emarginati. Come Fidei Donum nel Vicariato di Puerto Princesa, che fa parte dell’Isola di Palawan, Silenzi conosce molto bene le criticità della zona e ha pensato di costruire un agglomerato urbano, costituito da abitazioni in cemento, destinato ai pescatori indigeni, che sia al riparo dalla costa e dalle frequenti tempeste. Una volta terminato, il terreno di circa 7 ettari, donato dal Comune filippino, ospiterà molteplici fabbricati in cui verranno fatti confluire gli abitanti di 8 villaggi, creando una comunità di pescatori numerosa e al sicuro dalle intemperie.

Per chi non lo sapesse, con il termine “Fidei Donum” si intendeva, fino allo scorso secolo, un tipo particolare di sacerdote che, rimanendo prete diocesano, sentiva la vocazione missionaria e partiva, inviato dal suo vescovo e dalla sua Chiesa, come “dono di fede” alle terre di missione. Dagli anni 2000 in poi, accanto ai presbiteri, vengono inviati anche diaconi e laici diocesani per realizzare un servizio temporaneo in un territorio di missione, dove già esiste una diocesi, con una convenzione stipulata tra il vescovo che invia e quello che riceve il missionario (o i missionari). Nel caso specifico, Silenzi opera sull’isola filippina, come Fidei Donum, da un anno.

“L’isola di Palawan – afferma il Diacono sambenedettese – a nord è meta di turisti, quindi abbastanza ricca, ma per tre quarti è abitata da povera gente e da gruppi indigeni che non si comprendono tra loro: ci sono, infatti, circa 87 gruppi culturali ed etnici che parlano tutte lingue diverse. I più poveri sono sulla costa, dove i villaggi indigeni sono abitati principalmente dai “fishermen”, ovvero pescatori che vivono emarginati dal resto della società: non parlano altra lingua se non il loro dialetto e tra loro non si capiscono; possiedono case costruite principalmente in bambù che non resistono ai frequenti tifoni che ci sono in zona, circa 20/22 all’anno; inoltre spesso i tifoni distruggono anche le loro barche, che sono l’unico strumento a loro disposizione per garantirsi il cibo, e, quando questo avviene, non hanno di che mangiare”.

“Lo scorso marzo – racconta Silenzi – sono tornato in Italia, lasciando nelle Filippine 20 famiglie senza casa e senza più la barca, unico attrezzo per il sostentamento di tutta la famiglia. I pescatori, non potendo più procurarsi il cibo, per un po’ si sono adattati a mangiare riso, qualche banana e qualsiasi altro cibo che qualche benefattore ha portato loro, ma chiaramente questo non poteva essere sufficiente né poteva durare a lungo. Quindi abbiamo attivato una raccolta fondi per un progetto che risolvesse il problema alla radice. Abbiamo pensato di costruire un centro abitato all’interno, abbastanza lontano dalla costa da evitare i danni drastici dei tifoni, ma abbastanza vicino alla costa da permettere ai pescatori di recarsi ogni giorno a pescare. In questo modo avremo un quartiere nuovo, in cemento, molto più resistente agli agenti atmosferici e molto più sicuro per tutti gli abitanti. Questi fratelli hanno bisogno di una casa e di una barca per potersi sostenere e vivere una vita dignitosa“.

Grazie alla generosità del Vicariato di Roma, il sogno di Silenzi sta divenendo realtà. “Ieri, 2 luglio – prosegue il Diacono – sono ripartito per le Filippine: l’urbanizzazione primaria della zona di costruzione è terminata e quindi daremo il via domani, il 4 luglio, ai lavori relativi al primo blocco di case del centro abitato progettato. Ma questo è solo un primo piccolissimo passo, c’è ancora tantissimo da fare. Per quanto quanto riguarda il resto del progetto, faccio affidamento sulla generosità dei tanti benefattori che vorranno darci una mano attraverso l’associazione Cuore Amico Fraternità Onlus“.

Nel link riportato all’inizio dell’articolo è possibile avere tutte le indicazioni per effettuare una donazione.

“Quando il centro abitato sarà terminato – conclude il Diacono Silenzi –, sarà un momento bellissimo che permetterà a questi fratelli di risollevare un po’ gli animi. Inoltre, avere un tetto sicuro e poter lavorare, consentirà loro anche di far studiare i propri figli e toglierli dalla povertà. Il sistema scolastico filippino, infatti, è costituito da 13 gradi di studio in tutto. I primi 7 corrispondono alla nostra Scuola Primaria, 4 gradi alla Scuola Media e 2 anni alla Scuola Superiore. Purtroppo, però, non tutti seguono l’intero ciclo scolastico, perché molte famiglie sono prive di mezzi economici. Gli edifici scolastici, inoltre, spesso non sono raggiungibili così facilmente, soprattutto quelle degli ultimi gradi. Pertanto avviene spesso che molti ragazzi, dopo i primi 7 anni, abbandonino il ciclo di studi, senza aver acquisito grosse conoscenze e competenze: nei primi gradi, infatti, si impara sostanzialmente solo a parlare bene il tagalog, la lingua principale più diffusa nelle Filippine, e l’inglese, unica lingua con la quale tutti possono comunicare indistintamente. Avere l’indispensabile per vivere e poter affrontare le spese necessarie per far studiare i propri figli, per queste persone è fondamentale: significa far riacquistare loro dignità e anche speranza. Lo studio, infatti, toglie dalla strada i ragazzi e fornisce loro una prospettiva di vita decisamente migliore di quella dei loro genitori”.

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