Di Fabio Zavattaro
Mai stancarsi di pregare per la pace, anche in questo tempo che ha il sapore delle vacanze. “La preghiera è la forza mite che protegge e sostiene il mondo” dice Francesco all’Angelus, rinnovando il suo appello per la pace, “in modo speciale per il popolo ucraino tanto provato”. Pace in Ucraina, certo, ma ci sono tante altre guerre “dimenticate, numerosi conflitti e scontri che insanguinano molti luoghi della terra; tante guerre ci sono oggi… Interessiamoci di quello che accade, aiutiamo chi soffre e preghiamo”.
Le parole che leggiamo in Matteo sono sì parole esigenti: “chi ama padre o madre più di me, non è degno di me”; così chi ama di più il proprio figlio o non prende con se la propria croce. Ma non leggiamole come un assoluto, pretesa davvero inaudita – tutto l’insegnamento di Gesù è un invito ad amare l’altro, anche il nemico – ma cerchiamo di comprenderne la verità profonda. Non si tratta, cioè, di non amare padre, madre – come la mettiamo con il quarto comandamento? – o di non amare i figli. Gesù non esige un amore totalitario, ma chiede quel “morso del più”, direbbe don Ciotti, richiama l’amore che deve essere dato al Signore, e chiede che i cristiani siano testimoni di Gesù capaci di fare scelte serie, altrimenti, diceva Francesco, si è cristiani “da pasticceria”, oppure “cristiani da salotto”, più attenti alla forma che alla sostanza.
Nella sua riflessione il Papa si sofferma sul termine profeta che in Matteo è ripetuto tre volte: “c’è chi lo immagina come una sorta di mago che predice il futuro; questa è un’idea superstiziosa e il cristiano non crede alle superstizioni, come la magia, le carte, gli oroscopi o cose simili”, ha commentato. Altri “dipingono il profeta come un personaggio del passato, esistito prima di Cristo per preannunciare la sua venuta”. Ma Francesco ci dice che profeti siamo tutti noi quando, in forza del battesimo, aiutiamo gli altri “a leggere il presente sotto l’azione dello Spirito Santo, a comprendere i progetti di Dio e corrispondervi. In altre parole, è colui che indica agli altri Gesù, che lo testimonia, che aiuta a vivere l’oggi e a costruire il domani secondo i suoi disegni”.
Il profeta “è un segno vivo che indica Dio agli altri”, per il vescovo di Roma, “è un riflesso della luce di Cristo sulla strada dei fratelli”. Di qui l’invito a un esame di coscienza: “sono stato eletto profeta nel Battesimo, parlo e, soprattutto, vivo come testimone di Gesù? Porto un po’ della sua luce nella vita di qualcuno?”.
La pagina dell’evangelista contiene anche un invito a accogliere i profeti. Per Francesco è importante “accoglierci a vicenda come tali, come portatori di un messaggio di Dio, ciascuno secondo il suo stato e la sua vocazione, e farlo lì dove viviamo: in famiglia, in parrocchia, nelle comunità religiose, negli altri ambiti della Chiesa e della società”.
Assieme all’accoglienza c’è anche l’ascolto perché “lo Spirito ha distribuito doni di profezia nel santo Popolo di Dio”. È bene, dunque, ascoltare tutti, dice il Papa, “quando c’è da prendere una decisione importante”: pregare, ascoltare e dialogare, perché “anche il più piccolo, ha qualcosa di importante da dire, un dono profetico da condividere”. Così si ricerca la verità: “pensiamo – dice il Papa – a quanti conflitti si potrebbero evitare e risolvere così, mettendosi in ascolto degli altri con il sincero desiderio di comprendersi”.
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