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FOTO Sant’Egidio, il vescovo Bresciani per i 50’anni della Chiesa di San Giuseppe: “Più importante della casa in sé, è quello che si vive dentro la casa”

 

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Si sono aperte con il ricordo di don Pacifico Forlini e di don Giuseppe De Simplicis, la processione e successiva celebrazione eucaristica di giovedì 29 giugno a Paolantonio, con cui si sono conclusi i festeggiamenti religiosi per il cinquantesimo anniversario della costruzione della chiesa di San Giuseppe in Paolantonio di Sant’Egidio alla Vibrata. Il vescovo Carlo Bresciani ha infatti ripercorso brevemente la grande opera svolta dai due sacerdoti che hanno guidato i primi passi dell’allora piccola Comunità santegidiese. Nel 1973, dopo anni che la Comunità cristiana celebrava con il suo primo Parroco, don Forlini, nella palestra della scuola elementare, finalmente fu dedicata, a San Giuseppe, la nuova e bella chiesa in cemento armato, dal vescovo Vincenzo Radicioni. La solerzia di don Pacifico, l’aiuto da New York del grande benefattore nato a Paolantonio, don De Simplicis, e la grande sovvenzione dei fedeli resero possibile il sorgere, in un grande sito agricolo, non solo della chiesa, ma dell’intero complesso parrocchiale che ha dato anche il tono allo sviluppo urbanistico del luogo.

Dopo aver percorso le vie della cittadina con la statua di San Giuseppe, sotto un caldo e piacevole sole estivo, accompagnati delle melodie suonate dalla Banda di Ancarano, i numerosi fedeli presenti sono giunti nella chiesa, adornata per la speciale occasione con una corona di palloncini color bianco e oro e una cascata di luci che formava il numero cinquanta, rendendo particolarmente suggestivo l’ingresso all’edificio sacro alla luce del tramonto. Presenti, oltre al vescovo Carlo Bresciani che ha presieduto la celebrazione, anche il parroco della comunità in festa, don Marco Claudio Di Giosia, il parroco della comunità di Sant’Egidio Abate, don Luigino Scarponi, il parroco delle comunità di Faraone e Ripe di Civitella, don Elvezio Di Matteo, i diaconi Emanuele Imbrescia, Giovanni Scarciglia ed Attilio Strappelli. Presenti anche le autorità civili e militari, tra le quali il primo cittadino del Comune di Sant’Egidio alla Vibrata Elicio Romandini. Tra i numerosi fedeli accorsi, le prime file sono state riservate alla piccola Marybeth Sturba che ha ricevuto la Prima Comunione, ai suoi familiari e a tutti gli altri compagni che il mese scorso l’hanno preceduta nel ricevere il Sacramento.

Queste le parole del vescovo Bresciani durante l’omelia: “Giustamente e lodevolmente celebrate i cinquant’anni della vostra Parrocchia, celebrate cioè un tratto di storia che viene da lontano. Abbiamo ricordato pochi minuti fa don Peppino (n.d.r. Giuseppe De Simplicis) e don Pacifico, ma la storia di cui parliamo noi parte ancora da più lontano: la storia della nostra Chiesa, infatti, nasce da Gesù e percorre i secoli, giungendo fino a noi attraverso l’impegno e la donazione di tante persone, sia come le fatiche dei Santi Pietro e Paolo che oggi ci vengono ricordate nel Vangelo, sia come le tante fatiche di tutte quelle persone che con amore hanno costruito, passo dopo passo, quella Chiesa di cui noi oggi possiamo godere. La storia non è solo lo scorrere del tempo, ma anche e soprattutto quello che noi facciamo durante quel tempo, ovvero il bene che facciamo per noi e per quelli che vengono dopo di noi. Nel Vangelo abbiamo ascoltato la missione che Gesù ha dato a Pietro, che non era solo per sé, ma evidentemente riguardava tutti noi. Quando Gesù dice ‘la pietra su cui edificherò la mia Chiesa’, non si riferisce certamente alla pietra materiale, quella necessaria alle costruzioni, bensì intende la pietra della fede, di chi crede che Egli sia il Cristo. Questo è il fondamento della nostra fede: è per l’amore per Gesù, il Figlio di Dio presente in mezzo a noi, che vale la pena di vivere questa storia. Proprio come la vostra comunità che in questi cinquant’anni ha vissuto intensamente. Ho ricordato i volti di alcuni sacerdoti, ma certamente avrete davanti ai vostri occhi tanti altri volti che hanno contribuito, partecipato, reso vivo, unito, che si sono resi disponibili per i tanti servizi. La chiesa è fatta esattamente di questi volti. Voi certamente ricordate l’inaugurazione della chiesa, che è un momento molto bello, come quando si costruire una nuova abitazione. Ma ciò che più è importante non è la casa in sé, bensì quello che si vive dentro la casa, che è certamente più faticoso da costruire rispetto alle mura. Quello che conta davvero è lo spirito di famiglia che si vive all’interno della casa. Così è per la Chiesa. La fatica che si prova nel costruire quello spirito di amore e comunione è inevitabile, ma è una fatica che merita di essere vissuta. Anche San Paolo, ad un certo punto, dice: ‘Ho faticato tanto, ma ho conservato la fede’. Si tratta quindi di avere una fede grande che, anche di fronte alle fatiche, non ripiega le persone su loro stesse, bensì le apre al mondo, all’annuncio, come è stato per San Paolo che ha fondato le varie comunità”.

Tutto questo – ha proseguito il vescovo Carlo – ci rimanda, da una parte, al passato e, dall’altra parte, al futuro. Al passato, perché comprendiamo che questa comunità non è venuta dal nulla, bensì risale agli apostoli e poi a tutti i sacerdoti che hanno lavorato per questa parrocchia e proviamo quindi un grande senso di gratitudine verso chi ha fatto la storia e ora ce la consegna. Al futuro in quanto ci interroghiamo su come raccogliere questa storia. Come la tramandiamo? Se contiamo solo sulle nostre forze, non ce la facciamo; al contrario, dobbiamo far sì che questa storia non si chiuda. Questo certamente non dipende solo da noi Come non è dipeso solo da Pietro essere liberato dalla prigione, come non è dipeso soltanto da Paolo superare tutte le vicende della suo vita, sappiamo anche noi che non possiamo contare solo sulle nostre forze, che la storia della nostra comunità non può dipendere solo da noi. Però è vero che dipende anche da noi! Costruire una comunità implica certamente tanti servizi, tante fatiche, a volte anche piccole incomprensioni, come è capitato a San Pietro e a San Paolo, i quali, però, non si sono mai lasciati scoraggiare dai problemi. Ed è proprio perché gli apostoli, tutti i sacerdoti e i fedeli che si sono avvicendati qui a Paolantonio non si sono lasciati fermare, che noi siamo qui oggi a ricevere questo tesoro. Prima di tutto il tesoro della fede, che è quello più prezioso che oggi ci viene consegnato; poi ci viene tramandata anche quella tradizione di comunità che dobbiamo tenere viva e che certamente sarà chiamata ad evolversi nella storia. Dunque il modo giusto per onorare la memoria di chi ha messo questo tesoro nelle nostre mani è quello di non disperdere i tesori di fede e tradizione che hanno costruito”.

È bello allora stasera vedervi qui riuniti tutti insieme – ha concluso Mons. Bresciani -, a partire dalle autorità, ma tutti insieme come comunità. È quello che Gesù vuole: Egli, infatti, ha creato la Chiesa per riunire tutti i popoli, per fare di noi la famiglia di Dio. Stasera possiamo davvero essere ‘Chiesa di Dio, popolo in festa’ – come abbiamo detto nel canto iniziale – perché siamo in festa – così come ogni Domenica – perché Gesù è in mezzo a noi. La vicinanza del Signore in mezzo a noi ci dà la forza di costruire quello che non avremmo mai pensato di poter fare, ovvero costruire questa chiesa di mura, ma anche questa Chiesa di unità di uomini e fedeli che siamo noi“.

Dopo la Santa Messa, la festa è proseguita nel piazzale parrocchiale, dietro la chiesa, ove i fedeli, insieme ai sacerdoti, ai diaconi e al sindaco, hanno vissuto un bel momento di convivialità all’insegna delle migliori e più gustose pietanze della tradizione gastronomica abruzzese.

Carletta Di Blasio: