“Per i cristiani, l’impegno militare è un servizio, un vero e proprio ‘ministero’, che richiede l’eroismo e il coraggio della pace”. Lo ha detto l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), mons. Santo Marcianò, nella sua relazione all’incontro degli Ordinari militari d’Europa, promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), svoltosi a Vilnius negli stessi giorni del vertice Nato (11 e 12 luglio). “Parole – ha spiegato il vescovo citando san Giovanni Paolo II – forse poco comprensibili da chi, pur volendo difendere la pace, rasenta la deriva di un pacifismo fondamentalista. Ma parole che sono vita vissuta da uomini e donne i quali realmente ‘si accreditano sempre più come difensori dei valori inalienabili dell’uomo, quali la vita, la libertà, il diritto e la giustizia”. Concezione, questa della vita militare, “in sintonia con il messaggio evangelico che apre alla Chiesa Ordinariato Militare non poche opportunità pastorali” che si collocano, ha spiegato Marcianò, “nell’orizzonte della sinodalità e del sentirsi come una vera e propria famiglia”. Una consapevolezza che “getta luce sulla figura del militare cristiano, illuminando, nell’oggi, la sua variegata e non facile missione per la pace”. Ricordando “la dedizione e l’abnegazione dei militari” nel campo della difesa della vita umana in tutte le sue fasi e della protezione dei più deboli, mons. Marcianò ha avvertito che “non è raro trovare contesti politici e amministrativi nei quali lo stesso militare fatichi ad incarnare determinati valori, non per propria scelta ma anche a motivo delle direttive date dal proprio Paese”.
In situazioni del genere, ha ribadito, “appare ancora più necessario, a difesa dei valori umani e cristiani, l’apporto degli Ordinariati Militari e la collaborazione tra le Chiese ‘sorelle’ degli Ordinariati Militari, particolarmente in Europa”. Da qui il pensiero dell’arcivescovo per una sinodalità tra gli Ordinariati Militari nella pastorale: “Non una pastorale uniforme, ma una pastorale che si sforzi di trovare punti di unità tra la Chiesa e il mondo militare, unità tra gli Ordinariati Militari Nazionali, unità all’interno della ‘famiglia militare’ in Europa. Il progetto di un ‘Esercito europeo’ ancor più ci obbliga a percorrere tale direzione, nella quale si intravedono importanti linee di sviluppo”. Tra queste mons. Marcianò ha indicato “la ricchezza dei giovani e dell’educazione, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, le migrazioni e l’accoglienza”. Il ruolo che i militari giocano nella pastorale dei rifugiati e migranti può essere, per il vescovo, “cruciale in ogni Paese, talvolta anche superando regole che rendono ingiuste alcune normative vigenti. Pensiamo, come esempio, alla “legge del mare”, che impone il salvataggio di tutte le vite umane, all’impegno dei militari in diverse missioni internazionali per il supporto alla pace, che li vede aiutare i rifugiati sul versante della prevenzione e della promozione umana”. Per questo, ha concluso, “come Chiesa dobbiamo educare a scorgere, nel fenomeno dei migranti e rifugiati, un appello alla carità e, allo stesso tempo, siamo chiamati a essere promotori di una rete di comunione più organizzata. Serve ascoltare insieme ad altri e agire insieme, anche per liberare il problema dei migranti e rifugiati dalle ideologie, dalle mode e dalla strumentalizzazione politica”.
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