“Nella vita ne ho prese tante” – dice Samuele. “Qui però ho capito che la vita è bella, bisogna andare avanti e lasciare indietro le cose brutte”. Ha il dono della sintesi, nella sua semplicità, uno degli attuali ospiti della Casa Regina Elena. Anche lui è tra i protagonisti del video realizzato da Giovanni Panozzo in questa struttura, fortemente voluta in questa forma dal vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, nel 2022. “Si realizza un altro segno di speranza – ebbe a dire allora il Vescovo – un luogo dove gli ospiti possano sperimentare l’abbraccio materno della Chiesa, Comunità viva dei credenti in Cristo.
Un’opportunità di crescita e sviluppo per tanti giovanissimi e giovani che non sono lasciati soli, ma accompagnati, custoditi e amati”.
Ecco infatti a cosa punta la comunità educativa formata da una coordinatrice pedagogica, un’assistente sociale, una psicologa, degli educatori, degli ausiliari, un infermiere professionale e diversi volontari: proporre al minore un ambiente familiare in cui si senta protetto, accolto, compreso e stimolato, costruendo giorno per giorno un rapporto solidale e di fiducia significativo e improntato su relazioni affettive, educative, cognitive e di promozione sociale importanti.
E poi naturalmente c’è don Giuseppe Licciardi, quasi 48 anni, una grande esperienza educativa e spirituale e un entusiasmo trascinante, che i giovani ospiti della Casa hanno certamente contribuito a ravvivare: “Sto sperimentando cosa significa essere padre e cosa significa anche la fecondità del celibato”.
Nella Regina Elena, che dispone di 12 posti letto (1 tripla, 3 doppie e 3 singole), possono essere accolti ragazzi dai 6 ai 17 anni, privi temporaneamente di condizioni e ambienti familiari tutelanti, minori con disturbi del comportamento segnalati dal Tribunale per i Minorenni o dai Servizi Sociali.
La comunità vuole offrire un accompagnamento che dal passato (rielaborazione della propria vita e ricostruzione del proprio vissuto) possa approdare al presente (sostegno affettivo, relazionale, educativo, cognitivo, stimolazione sociale) per poi proiettarsi al futuro con fiducia e positività, mediante progetti educativi individualizzati ed elaborati dall’equipe multidisciplinare. Un futuro che per Rita, ad esempio, oggi vuol dire un alloggio indipendente, trovato con l’aiuto della diocesi, e una laurea in arrivo.
“Ogni volta – chiosa la psicologa, Clementina – entrare in comunità è entrare nella propria casa:
è come avere un’altra casa”.
(*) interviste, immagini, musica e regia del video di Giovanni Panozzo
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