Di Silvia Guzzetti
È l’ultimo orrore di una politica migratoria più volte condannata dalla Chiesa cattolica e dalle altre Chiese cristiane. La “Bibby Stockholm”, una chiatta enorme di metallo, destinata ad ospitare fino a 500 richiedenti asilo, ma attrezzata soltanto per circa 200, ha ormeggiato, in questi giorni, nel porto di Portland, sulla costa sud del Regno Unito. Nelle stesse ore il governo britannico dava il via definitivo alla controversa legislazione sull’immigrazione che prevede la deportazione in Rwanda per chi arriva illegalmente su piccole imbarcazioni.
A protestare contro la chiatta e contro l’approvazione della nuova legislazione sono state la Chiesa cattolica, la Chiesa d’ Inghilterra e le più importanti charities cristiane. “Scrivete ai vostri parlamentari per chiedere che siano garantite rotte sicure ai richiedenti asilo”, ha chiesto il vescovo Terence Drainey, presidente di Caritas Social Action Network, l’organizzazione che raccoglie le più importanti ong di Inghilterra e Galles: “Siamo profondamente preoccupati del fatto che l’Illegal Migration Bill diventerà legge perché mancano adeguate protezioni contro il traffico umano e limiti alla detenzione dei minori. Si tratta di una legge crudele e disumana che è un affronto alla dignità umana e una violazione delle nostre responsabilità verso il bene comune e dei nostri obblighi secondo la legislazione internazionale”.
“Penso che, con questa nave prigione, la Gran Bretagna ritorni ai periodi più bui della sua storia”, commenta il professor Francis Davies, docente all’università di Oxford e alla Saint Mary’s University, l’ateneo cattolico londinese di proprietà della Chiesa. “Ci sono tre momenti, nella nostra storia, nei quali siamo ricorsi alle chiatte come prigioni: durante le guerre napoleoniche, nel conflitto nord-irlandese e quando le nostre carceri sono state piene e non in grado di ospitare altri carcerati.
In tutti questi casi, il nostro Paese si trovava alla disperazione e le condizioni offerte ai carcerati non erano rispettose della loro dignità. Inoltre non è giusto che i richiedenti asilo, in attesa di giudizio, vengano trattati come terroristi o criminali.
È chiaro, anche, che le condizioni non sono adeguate. Le camere sono piccole, i servizi igienici scarsi e i prigionieri non avranno modo di fare sport e avere veri momenti di ricreazione. Dovremmo dimostrare, nei loro confronti, maggiore rispetto”.
La stessa mancanza di rispetto dimostrata, dal Regno Unito, con l’approvazione dell’Illegal Migration Bill, la legislazione, annunciata dall’allora premier britannico Boris Johnson il 14 aprile 2022, che prevede che il Rwanda accolga migliaia di richiedenti asilo in cambio di 120 milioni di sterline (circa 140 milioni di euro) e limita in modo drastico i diritti dei cosiddetti “clandestini”, di presentare, a posteriori, domanda d’asilo sull’isola.
Fino ad oggi la legge non è mai stata applicata, ovvero nessun migrante illegale, giunto nel Regno Unito, è mai stato deportato in Rwanda, perché, ogni volta che il governo tentava il trasferimento, un ricorso ai giudici, da parte dei richiedenti asilo, spesso rappresentati da ong, interrompeva il processo. Il braccio di ferro tra giudici e governo è destinato a continuare. Proprio la scorsa settimana, infatti, l’esecutivo è stato autorizzato a ricorrere alla Corte Suprema contro l’ultima sentenza della Corte d’Appello della fine di giugno secondo la quale l’Illegal Migration Bill violava la legislazione sui richiedenti asilo.
A condannare la legge, con un comunicato, firmato da 290 persone, sono state anche “Cafod”, la charity per gli aiuti al Terzo mondo della Conferenza episcopale cattolica inglese, il Servizio per i Rifugiati dei Gesuiti di Londra, la Chiesa Metodista e i Quaccheri. “Il governo ha fatto approvare in fretta questa legge ingiusta e combattuta da molti”, si legge nel comunicato, “ma la nostra lotta non si ferma qui. Continueremo a costringere chi è al potere a rispettare gli obblighi internazionali del Regno Unito”. La legge è stata condannata più volte, l’ultima durante il dibattito alla Camera dei Lord, anche dal Primate anglicano Justin Welby, leader teologico della “Chiesa d’Inghilterra”.
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