Gigliola Alfaro
Un libro, con uno sguardo nuovo nella storiografia francescana, che mette al centro l’uomo Francesco, il giovane re delle feste, che, dai suoi primi sussulti dell’anima per una conversione così radicale, comincia ad avere un rapporto con la Chiesa, rappresentata dal vescovo. Una relazione di cui poco si è detto e che attraverso il volume “Francesco e i vescovi di Assisi: storia di un rapporto” (Edizioni francescane italiane) di padre Felice Autieri, frate minore conventuale, si vuole delineare; raccontando di Francesco e dei vescovi Guido I e Guido II. Il Poverello accolse umilmente la pedagogia degli eventi, affidò il carisma fin dagli inizi nelle mani della Chiesa gerarchica, prima al vescovo della diocesi e poi al Papa. Il libro di padre Autieri, che si rifà alle fonti, aiuta a comprendere la conversione di Francesco e il suo percorso di santità che nasce nella Chiesa locale, prima ancora che nell’Ordine che lui stesso creerà. “Con questo libro riemerge la storia di qualcosa che va avanti negli anni e nel futuro; quello che è avvenuto qui è importante per la Chiesa e tra le cose avvenute qui c’è anche il rapporto speciale di Francesco con i due vescovi di nome Guido”, ha osservato il vescovo delle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, mons. Domenico Sorrentino, commentando il libro di padre Autieri. Del rapporto tra il Poverello e i vescovi parliamo con l’autore, padre Felice Autieri.
Padre Felice, nel suo libro “Francesco e i vescovi di Assisi: storia di un rapporto” lei parla di un argomento che non è stato trattato nella prima storiografia francescana. Come mai, secondo lei, non era stato approfondito? E qual è la novità della sua opera?
In realtà, per molto tempo il ruolo dei due vescovi legati alla vita di San Francesco era funzionale alla santità del santo e alla nascita dell’Ordine francescano. Non c’era particolare interesse per le personalità e il ruolo svolto nella vita del santo. Per molti studiosi era ritenuto più che soddisfacente ciò che era dichiarato all’interno delle Fonti francescane o di biografie più o meno coeve agli eventi.La novità del libro è di individuare la personalità e il carattere dei due vescovi, attraverso il confronto delle fonti storiche con quelle francescane.
Perché, invece, è importante parlare di questo rapporto tra Francesco e i vescovi?
Ritengo che sia importante parlare del rapporto tra Francesco e i due pastori della diocesi, perché il percorso vocazionale del santo e dell’Ordine minoritico sono stati accompagnati e sostenuti dai due vescovi.Guido I è colui che ha guidato il discernimento vocazionale del giovane, è quello della spogliazione, è colui che accompagna Francesco e i suoi primi compagni a Roma per il riconoscimento orale della primitiva Regola da parte di Innocenzo III. Guido II è quello che sosterrà i passi della nuova famiglia religiosa, avrà un rapporto diretto e confidenziale con il santo. È lui che lo accoglie in episcopio nell’estate del 1226 quando il santo è ormai prossimo alla morte, lui lo seppellisce momentaneamente nella cappella di S. Giorgio per il tempo necessario per la costruzione della basilica, che accoglierà il corpo del santo e che a lui sarà dedicata.
Com’è stato questo rapporto tra il Poverello e i vescovi? E in generale tra lui e la Chiesa gerarchica?
È certo che Francesco non ignorasse le deficienze, i peccati e i tradimenti degli uomini e dell’istituzione Chiesa, ma nonostante ciò le affidò il carisma suscitato dallo Spirito e come figlio premuroso scelse di essere in obbedienza “chiesa” nella “Chiesa”.Penso che questo sia un elemento assolutamente significativo del rapporto tra l’assisiate, i suoi pastori e la Chiesa gerarchica del suo tempo.
Quanto i due vescovi hanno inciso nel cammino umano e spirituale di San Francesco?
Ritengo in particolare importante la figura di Guido I, è colui che ha accompagnato il discernimento iniziale del giovane Francesco, lo ha guidato e consigliato come “padre” nella fede ma anche dal punto di vista umano per aggirare i tanti ostacoli frapposti dal genitore.
La vicenda che vede protagonisti il Santo di Assisi e i suoi vescovi può parlare ancora alla comunità cristiana di oggi, in una società più secolarizzata e che vede anche tanti “credenti” affermare: “Credo in Dio, ma non nella Chiesa”?
San Francesco può parlare alle comunità cristiane attraverso la sua testimonianza di vita. È colui che ha incontrato Cristo da adulto, l’ha seguito da persona in cammino con le sue luci e le sue ombre, ha amato la Chiesa non per come avrebbe dovuto essere ma come era, non tacendo sui mali e le fragilità del suo tempo. Non ha accusato nessuno ma ha proposto il Vangelo come reale alternativa, come risposta a certe logiche di potere laico o religioso del suo tempo.Francesco non ha voluto essere modello per nessuno, ma con la grazia di Cristo ha testimoniato e vissuto il vangelo con la consapevolezza di uomo in cammino. Penso che questo considerarsi autenticamente uomo, lo abbia reso per questo autenticamente santo.