Filippo Passantino
Gli incendi sono arrivati anche lì: all’ombra di Monte Grifone, sul quale sorge il complesso monumentale di Santa Maria di Gesù. Monte che ospita il convento e la chiesa, in cui fino a ieri hanno riposato le spoglie di san Benedetto il Moro, co-patrono di Palermo. Da un rogo – sembra di origine dolosa – all’interno del coro dell’edificio di culto, le fiamme hanno raggiunto le parti in legno, dal tetto ai simulacri, che sono state subito bruciate e hanno alimentato l’incendio, che in poche ore ha distrutto la chiesa.
Resta solo cenere della statua lignea della Madonna col Bambino, donata nel 1470 da un capitano di vascello che aveva rifornito di grano la città in un periodo di particolare carestia. Del Crocifisso le parti smembrate e coperte di fuliggine. Non c’è più neanche il tetto, tutto bruciato. Le pareti annerite. Si sono salvate solo alcune parti del corpo del santo dalla pelle nera, nonostante l’intervento dei fedeli e dei vigili del fuoco che hanno cercato di portarlo all’esterno della chiesa in fiamme. Come quello del beato Matteo di Agrigento, dalla cui intuizione nacque il complesso in quella zona.
Un pomeriggio di sofferenza, ieri, in tutta la città. Le montagne che la circondano sono state coperte dai roghi. Le squadre dei vigili del fuoco in continuo movimento, dal centro alle periferie. E anche sul Monte Grifone. Ai piedi del convento, tanti fedeli attratti dalle fiamme che divampavano nel complesso; alcuni frati, ancora all’interno, impegnati a spegnerle, a evitare che arrivassero a bruciare alcuni testi del ‘500. Molti di loro si sono dovuti rifugiare nel parcheggio adiacente e hanno dovuto trascorrere la notte lontano dalla struttura. I contatti con le istituzioni sono stati continui. Sul posto anche l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, al telefono con il sindaco, Roberto Lagalla, e tra le persone del quartiere. Nelle sue parole, la convinzione che ci sia “mano umana”. Parlando con i cronisti, spiega che
“questo è il peggio che possa maturare una coscienza umana, per tutte le conseguenze causa alle persone e all’ambiente”.
Per due volte i fedeli, i frati e l’arcivescovo hanno recitato il rosario all’esterno. Durante l’intervento dei vigili del fuoco e dopo che sono state recuperate le ossa del copatrono e del beato Matteo.
Nella tarda serata, le prime immagini del dolore, della fede provata, della sofferenza di chi ha incentrato la propria vita sulla devozione per il santo. Le hanno diffuse sui social gli stessi frati minori, cui è affidato il complesso di Santa Maria di Gesù. In una delle stanze del convento, attigue alla parrocchia, sono stati collocati temporaneamente gli oggetti di valore spirituale, che si è cercato di mettere in salvo. Dell’urna decorata resta solo la base incenerita e qualche scaglia di vetro. Del corpo del santo, soltanto una parte del cranio, alcune ossa della colonna vertebrale, il femore e una parte del saio. Le ossa sono state poi custodite in due cassette di zinco e portate in un altro convento dei frati minori in città da mons. Lorefice. “Con il cuore in lacrime ci rattrista molto comunicarvi che poco è rimasto del corpo di san Benedetto il Moro e del beato Matteo di Agrigento. Dal cielo intercedano per quanti stanno soffrendo in queste ore e per chi è vittima inerme di tanto disastro!”, dicono i frati. Il ministro provinciale, p. Antonino Catalfamo, consapevole che si potrebbe tratte di un incendio doloso, lancia al Sir il suo messaggio:
“Il sacrificio del corpo di San Benedetto possa rinnovare il dono della fede nel cuore delle persone”.
“Oggi questo luogo va sentito ancora di più come una casa per tutti – continua -, vivendo la solidarietà che c’è stata in questi giorni. La borgata ha testimoniato senso di appartenenza e di famiglia in questo luogo”.
Nelle parole dei fedeli si legge il momento della prova. Giuseppe, architetto e devoto di san Benedetto, negli anni ha organizzato eventi, tour culturali alla scoperta degli strati di bellezza e di fede custoditi nel complesso, nella chiesa, capolavoro di arte gotico rinascimentale. Alcune li ha anche finanziati per far conoscere l’importanza del santo per i palermitani. Oggi esprime la sofferenza di “una giornata infernale” in cui “si è capito cos’è il male”. Parole in cui si trovano tante altre persone: Domenico, Mariella, Stefano, Luigi, Salvatore, Gaetano, Maria Teresa, Roberta. La chiesa annerita conserva adesso i cuori straziati di tanti fedeli, le loro parole di perdono e di fede verso quel santo che – dicono alcuni di loro – “i palermitani non sono riusciti a custodire”.