“Qui tutto sta cambiando molto velocemente, la Corea che ho visto al mio arrivo, nel 1990, non esiste più, è un’altra nazione, è quasi irriconoscibile”. Così padre Vincenzo Bordo degli Oblati di Maria Immacolata dice da Seul, in quella che da 33 anni è diventata la sua città e dove in tanti lo conoscono per il suo lavoro in favore degli emarginati: dalla mensa per i poveri alle case di accoglienza per ragazzi di strada, dall’accompagnamento di malati e persone sole all’assistenza agli anziani.
Dal “noi” all’“io”. Padre Bordo racconta a Popoli e Missione un mondo di persone in difficoltà, che vivono all’ombra di una delle città più tecnologiche, ricche e avveniristiche d’Asia: la capitale-icona di una delle 10 nazioni più industrializzate del pianeta. Bordo è un ragazzo coi capelli grigi, classe 1957 e un sorriso contagioso; racconta l’incredibile “sviluppo economico di questi decenni, accompagnato da molti cambiamenti sociali. Quello che si nota di meno ma che incide di più è il cambio culturale: in positivo quando si osserva l’affermarsi della ‘cultura K’: canzoni, film, cibo, un benessere diffuso. Ma anche in negativo se ci soffermiamo su altri dati: la Corea del Sud è il Paese con il più alto numero di suicidi, con il più basso tasso di natalità; c’è un alto indice di divorzi (circa il 30%), un invecchiamento della popolazione molto veloce, con anziani spesso soli e in condizioni di marginalità.Ma quello che si nota di più è il passaggio dalla ‘cultura del noi’ a quella dell’‘io’”. Padre Vincenzo ricorda i valori che lo hanno fatto innamorare di questa gente: la capacità di sacrificarsi per la comunità, per la nazione, la devozione e l’anima religiosa popolare, “grandi valori che oggi non ci sono più. Quando sono arrivato c’era un senso di appartenenza molto forte, tutti si impegnavano e si sacrificavano per il bene della comunità. Ora quello che conta è solo la felicità, la realizzazione personale. La società coreana sta diventando sempre più individualista, chiusa in se stessa, poco attenta allo sviluppo comune”.
Quelli che restano fuori. Nella Corea della Samsung si vive secondo canoni di vita occidentali e i ragazzi sono figli della modernità, di una cultura globalizzata che va al di là degli Stati e dei continenti. E in quello che era un Paese giovane, la natalità adesso è scesa a picco, e la popolazione sta invecchiando a ritmo dell’Italia. “Ora i ragazzi sono individualisti, capitalisti, consumisti – continua padre Vincenzo –. I giovani che si sposano non vogliono avere figli, la popolazione sta invecchiando. Vivono a ritmi veloci, la civiltà contemporanea è articolata, complessa, senza tregua. Chi non regge il ritmo resta fuori: ragazzi di strada anziani soli, persone sole, emarginate. Sono le nuove povertà di un mondo ricco”. Le conosce bene queste realtà padre Vincenzo che ha messo in piedi un network di assistenza con sei case per homeless, una mensa che offre quotidianamente circa 500 pasti a persone che nel 70% dei casi mangiano una sola volta al giorno, come racconta Bordo nel suo libro “Chef per amore” (Edizioni Cvs) appena pubblicato.
“Andiamo a cercarli”. Poi c’è la “Casa di Anna”, una Onlus che accoglie senzatetto ed emarginati, anziani soli e ragazzi di strada. Sono i “senza niente” della capitale. Padre Vincenzo spiega che “molti matrimoni finiscono in divorzi e i figli vengono affidati al padre che spesso fa fatica a gestire i figli da solo. Quando si risposa e ha figli con la nuova moglie, questa si occupa dei suoi bambini e trascura gli altri.La maggior parte dei ragazzi finisce in strada per violenze familiari. Facciamo molta terapia psicologica, programmi di recupero e per aiutarli a prendere un diploma per poter lavorare e inserirsi nella società.Il problema è aiutarli a recuperare fiducia nel mondo degli adulti. Abbiamo una équipe itinerante su un autobus, non aspettiamo che bussino alla nostra porta, andiamo noi a trovarli”.
*Popoli e Missione