COLONNELLA – Grande festa lunedì 31 luglio a Colonnella, presso piazza Trento e Trieste, dove la comunità, capitanata dal primo cittadino Biagio Massi e dal parroco don Dino Straccia, si è riunita per festeggiare i 100 anni del Maestro Peppe Natali. Vista la gradita ricorrenza, abbiamo colto l’occasione per intervistarlo.

Maestro, come è stata la sua infanzia?
Sono nato a Colonnella il 31 luglio 1923 in una casetta sotto alla Torre dell’Orologio. I miei genitori erano persone umili, dei grandi lavoratori. Mio padre Clidio faceva il muratore. Mia madre Luigia, invece, sapeva fare tutto. Oggi si userebbe il termine casalinga, ma, secondo me, è riduttivo, perché una donna che sta in casa non fa un mestiere specifico, bensì ne sa fare tanti. Mia madre, ad esempio, oltre ad accudire il figlio e a fare le faccende domestiche, sapeva fare le iniezioni. Per l’epoca era come se fosse un’infermiera. Anche se sono figlio unico, non sono mai stato da solo. Mi è sempre piaciuta la compagnia, quindi ho trascorso bellissimi momenti insieme a tanti amici colonnellesi che purtroppo non ci sono più già da molti anni. Nonostante ci fosse tanta povertà, noi bambini eravamo contenti con poco ed abbiamo passato giorni felici e spensierati. Qui in paese ho frequentato prima la Scuola Elementare e poi anche la Scuola di Avviamento.

L’adolescenza invece come è stata? Quando lei aveva sedici anni, è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. Cosa ricorda di quel periodo?
Fortunatamente io non ho vissuto la Guerra da soldato. In quel periodo, infatti, ho deciso di intraprendere la strada dell’insegnamento. I miei genitori mi hanno mandato da uno zio paterno ad Ancona, dove ho frequentato la Scuola Magistrale. Essendo una città più grande, lì ho potuto non solo dedicarmi allo studio, ma anche vivere la mia giovinezza con maggiori opportunità: ho potuto, ad esempio, conoscere ed apprezzare il teatro, in particolare la lirica. Solo dopo la fine della Guerra, mi sono arruolato, frequentando il Corso Ufficiali a Roma e facendo successivamente il Sottufficiale per tutto il periodo del Servizio Militare, che all’epoca era obbligatorio.

Qual è stata la prima Scuola in cui ha insegnato?
Prima di tutto sono stato mandato a Sant’Omero. Avevo solo vent’anni e ricordo che al mattino insegnavo in classe agli scolari, mentre nel pomeriggio giocavo a calcio con loro nel piazzale antistante l’edificio scolastico. Successivamente sono finito prima a San Vito di Ortona ed infine a Martinsicuro, dove sono rimasto per ben trentotto anni fino al pensionamento, avvenuto quando ho raggiunto i sessantacinque anni di età.

Com’erano i bambini di allora? Nota delle differenze con quelli di oggi?
I bambini sono sempre gli stessi! Alcuni timidi e silenziosi, che non si muovono dal loro banco; altri vivaci, che fanno chiasso durante la ricreazione e, a volte, anche durante le lezioni. Anche se il mondo è cambiato, soprattutto per quanto concerne la tecnologia, l’animo umano è sempre quello e le emozioni che vivono le persone sono sempre le stesse.

Che maestro era? Severo o permissivo?
Erano tempi in cui un maestro, per farsi rispettare, poteva usare la bacchetta, quella vera, di legno, che faceva molto male. Poiché non mi è mai piaciuta, personalmente non ho mai voluto usarla. Allora, per farmi rispettare, alzavo leggermente il tono di voce. E devo dire che funzionava! Era sufficiente parlare a voce un po’ più alta per ottenere subito il silenzio e far mettere tutti gli alunni in fila al loro posto o al banco. Bastava la semplice intimidazione per scoraggiare ogni gesto maleducato o parola irrispettosa.

E cosa mi dice dell’amore? Dove ha conosciuto sua moglie?
Quando sono andato ad insegnare a Martinsicuro, tra le docenti c’era anche colei che poi sarebbe diventata mia moglie, Ida Di Giuseppe. Ricordo che le feci una corte insistente. Quando le chiesi di uscire per la prima volta, lei rifiutò il mio invito. Anche se rimasi malissimo, il suo diniego mi fece apprezzare la sua serietà. Fu in quell’occasione che iniziai a pensare che forse sarebbe potuta diventare mia moglie. Perciò non mi arresi. Dopo molti no, finalmente un giorno si decise ad accettare il mio invito. Ricordo che una volta la portai a fare un giro sulla mia Vespa. Sfortunatamente mi successe una cosa strana: feci un’improvvisa accelerazione alla partenza e Ida cadde a terra. Che figuraccia! Però, nonostante questa uscita burrascosa e a tratti esilarante, nel 1953 io ed Ida ci sposammo e mettemmo su famiglia. Insieme abbiamo avuto due figli: Pierluigi, che oggi ha 68 anni ed è un cardiologo, e Luciana, che oggi ha 66 anni ed è una geriatra. Entrambi mi hanno regalato dei fantastici nipoti: Piergiorgio di 36 anni, Francesca di 31 anni e Pietro di 27 anni.

Come è cambiata la società in questi cento anni?
A dire il vero a me pare che la tecnologia abbia fatto passi da gigante: da piccolo non avrei mai immaginato che gli uomini avrebbero usato dei computer o avrebbero comunicati tramite social come Facebook. Ma, a parte questo che per me è un accessorio, non la vera sostanza,  tutta questa differenza io non la trovo. La natura che ci circonda è sempre la stessa e anche i sentimenti umani sono sempre gli stessi: se leggiamo i tanti libri che i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità, scopriamo che l’animo umano non è mai mutato e che le situazioni che viviamo sono sempre le stesse: ciascuno di noi, in ogni epoca, nasce, cresce e vive, cercando la felicità attraverso la realizzazione delle relazioni umane. Siamo fatti per stare insieme, in una comunità di persone con cui condividiamo un tratto di una storia più grande di noi. Questo non cambierà mai.

Come ha trascorso questi cento anni? Quali sono stati i suoi interessi maggiori?
Come dicevo, sono un appassionato di musica lirica da quando ero ad Ancona, dove, insieme ad un anziano del luogo, andavo a vedere l’opera. Quando arrivavo al teatro, ore prima, lo trovavo già lì. Entrambi andavamo presto per poter prendere dei buoni posti al loggione, quindi attendevamo insieme l’inizio dello spettacolo.  La mia opera preferita è “La Traviata” di Giuseppe Verdi, ma ne conosco tante altre che sono addirittura in grado di cantare a memoria.
Oltre alla passione per il bel canto, mi piace molto leggere, in particolare i testi poetici. In numerose occasioni, durante diverse manifestazioni pubbliche, ho proclamato liriche celebri o stornelli in dialetto che hanno emozionato e divertito i miei compaesani.
Nutro infine un grande amore per due sport che mi hanno accompagnato per tutta la vita. Sono appassionato di ciclismo e di calcio. Per quanto riguarda il primo, sono ancora dilaniato dalla scelta tra Fausto Coppi e Gino Bartali, due grandi campioni che hanno segnato la mia giovinezza e anche l’età adulta. Per quanto concerne il secondo, sono un grandissimo tifoso della Juventus, la mia squadra del cuore per la quale tiferò fino alla fine! Ricordo in particolare gli anni di Boniperti, Sivori e  Charles, il celebre trio di attaccanti che hanno fatto sognare molti Italiani.

Qual è il suo rapporto con la fede?
Devo dire che, nell’arco degli anni, il mio rapporto con la fede ha subìto alti e bassi. Con alcuni parroci, in particolare, ho avuto rapporti di stima reciproca e grande considerazione. In tal senso un grande prete è stato don Marcello Di Girolami che ha tanto educato alla fede la comunità colonnellese e l’ha fatta crescere nell’amore, nella concordia e nei valori evangelici più profondi, come la giustizia, la solidarietà, la carità.

Non posso concludere senza farle una domanda banale, di cui però tutti vogliamo sapere la risposta! Qual è il segreto per vivere fino a cento anni?
È opportuno avere molto equilibrio ed è ancor meglio saperlo trasmettere ai figli. Se c’è quindi un segreto per campare cent’anni, è sicuramente questo!

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