Di Alessandro Di Medio
Il turbamento dei giovani è stato in questi giorni un argomento evocato nei contesti più trasversali, dalla “eco-ansia” di Giorgia, così sincera e disarmata da commuovere un ministro, all’inquietudine a cui il Papa ha fatto riferimento all’inizio della XXXVII Giornata mondiale della gioventù, parlando agli universitari portoghesi: “Non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti. Essere insoddisfatti, in questo senso e nella giusta misura, è un buon antidoto contro la presunzione di autosufficienza e contro il narcisismo. […] Siamo in cammino verso… Siamo chiamati a qualcosa di più, a un decollo senza il quale non c’è volo. Non allarmiamoci allora se ci troviamo interiormente assetati, inquieti, incompiuti, desiderosi di senso e di futuro […]. Non siamo malati, siamo vivi!”.
Il Papa invita i giovani, agitati per il futuro del pianeta, a farsi agitare da altro, e perché no? Perché i giovani dovrebbero stare sedati e sazi, come auspicherebbero le loro ipertrofiche madri mediterranee? Sedati, sazi… e addomesticati – e poi li si accuserebbe pure di essere bamboccioni!
Invece è proprio il turbamento il sentimento tipico della giovinezza, che è tutt’altro che spensierata (a differenza dell’infanzia, ma anche qui solo per i privilegiati): la giovinezza è inquieta come è inquieta l’adolescenza, sebbene per motivi molto diversi; l’adolescente si agita per le immense trasformazioni che vive e subisce, mentre il giovane per le progressive esposizioni: al mondo degli adulti, e più in generale al domani, che esige che lo si raggiunga attraverso la formulazione di progetti.
Il giovane ha motivo di essere turbato, perché inizia a navigare a vista verso il suo destino, ma deve imparare a distinguere i vari tipi di turbamento che agitano il suo cuore, per non andare alla deriva con pillole e/o serie tv.
C’è infatti un turbamento che guarda alla situazione attuale e proietta nel futuro immagini catastrofiche suggerite dalla paura; c’è un altro turbamento, auspicabile, che solo nel futuro, ovvero nel Regno, può trovare la pienezza, e che dunque fa stare stretti nel presente, e non fa arrendere al criterio della comodità.
Il primo turbamento, che nel neologismo dell’eco-ansia trova semplicemente la sua attuazione più aggiornata, si muove dall’esterno verso l’interno, e fa arrivare fino al cuore il polverone del rumore, delle proiezioni, delle immagini e delle parole che provengono dai media; tutto questo agita, perché sia le fonti delle informazioni che i possibili esiti non sono e non possono essere sotto il controllo della persona, che dunque si sente più insicura e va in loop, amplificando la portata delle notizie, non certo edificanti, che riceve e che alimentano le sue paure, che a loro volte la rendono più instabile e insicura, così da amplificare ulteriormente l’eco pauroso di quanto sente e vede, ecc. ecc.
Il secondo turbamento, quello che il Papa auspica per i giovani, ha tutt’altro timbro e dinamica: non viene dall’esterno, ma dall’interno, dal profondo del cuore, che con il progredire dell’età e della consapevolezza di sé, si scopre incompleto e vuole di più. Induce a mettere via i giocattoli e a cercare l’amore, e suscita numerose importanti domande su di sé e sul proprio destino. Questa sana e santa inquietudine guarda al futuro non come destinazione rovinosa e ineluttabile, come induce a credere l’altro turbamento, quello della paura, ma come al luogo del possibile, ovvero alla mèta da raggiungere scegliendo i passi da compiere.
Il primo turbamento, quello dell’eco-ansia e delle sue varianti, paralizza e fa sentire impotenti; il secondo turbamento, quello del cuore che si sente incompleto, induce a muoversi, a discernere, a decidere.
Ecco il senso dell’augurio del Papa: siccome il cuore può ospitare una sola inquietudine alla volta, così come una sola gioia alla volta, che sia l’inquietudine giusta, quella che ci porta al di più, e non quella della paura. Per carità, nel mondo ci sono tante situazioni preoccupanti, e negare la minaccia di catastrofi ecologiche possibili sarebbe da scriteriati; ma non sarà la paura a offrire la soluzione, perché la paura congela, pertanto andare in ansia serve a poco, mentre serve a molto imparare a discernere, così da capire qual è il nostro posto nel mondo, chi vogliamo essere, e dunque come siamo chiamati a salvare il pezzetto di mondo che ci è affidato.
E il discernimento inizia sempre dall’ascolto sincero e disponibile di quella inquietudine che ci mette in movimento, e non ci fa accontentare.