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Sui dati Invalsi

Di Alberto Campaleoni

Sui dati Invalsi 2023 si continuerà presumibilmente a discutere. Il dato di partenza, però, è il peggioramento complessivo evidenziato dalle prove nazionali per quanto riguarda le competenze nelle materie cardine dell’Istruzione, ossia Italiano, Matematica e lingua straniera (Inglese).

Un’eccezione positiva riguarda le scuole medie, dove le prove Invalsi hanno registrato come il calo in Italiano e Matematica riscontrato tra il 2019 e il 2021 si è fermato ma non si è ancora verificata una vera e propria inversione di tendenza. In Inglese si registra invece un miglioramento.

L’allarme scatta poi di nuovo per le Superiori. In quinta, cioè nelle classi che hanno affrontato la Maturità quest’anno il calo si è pressoché arrestato ma i dati rimangono preoccupanti: in Italiano solo il 51% raggiunge il livello base (contro il 52% dell’anno prima); in Matematica i maturandi sono solo il 50%. Unico dato positivo si registra in Inglese, il 54% raggiunge il B2 nella prova di reading (+2 rispetto al 2022) e il 41% nella listening (+3 rispetto al 2022).

E’ indubbio che i dati Invalsi vanno letti – e così fanno gli esperti – tenendo conto di molti fattori, che riguardano la geografia, la storia personale degli allievi, le situazioni particolari delle realtà studiate. C’è stato anche chi ha ribaltato la “lettura allarmante” offrendone invece un’altra in chiave di ripresa del Paese. Ma i fatti sono “duri e cocciuti” e bisogna tenerne conto. Così a conclusione del Rapporto l’Invalsi sottolinea il problema endemico ormai della “diversità dei territori”, della scuola italiana a velocità diverse, pur senza abbandonarsi allo scoraggiamento. “Ancora una volta – si legge nelle conclusioni del Rapporto – i risultati Invalsi ci restituiscono un Paese a due velocità, se non talvolta a tre. Le scuole dell’Italia settentrionale riescono in generale a mantenere livelli di risultato in linea con i più importanti Paesi europei. Pur non senza difficoltà, le scuole di queste regioni conseguono risultati complessivi buoni, limitando la quota di allievi che terminano il ciclo secondario di secondo grado in condizioni di fragilità”. I problemi maggiori restano nelle altre regioni e cominciano dalla Primaria dove le differenze “devono essere prese in carico con estrema attenzione e determinazione. Si tratta, come sappiamo, del segmento fondamentale su cui concentrare gli sforzi perché è in questa fase della formazione dei giovani che si gettano le basi per l’acquisizione di competenze robuste che dovranno consolidarsi nel prosieguo del percorso scolastico”.

Ora, verrebbe da chiedersi dove sono le novità? Sono anni, infatti che questa scuola a diverse velocità viene rilevata e ancora siamo se non allo stesso punto, poco distanti. Davvero poco incoraggiante. Ma è sempre l’Invalsi a raccogliere la sfida e invita a non cadere “nella trappola di pensare che i problemi della scuola siano impossibili da risolvere”.

Ecco, forse qui la questione. Servono passi, anche passetti, piccoli ma costanti per migliorare. Magari anche passi indietro per riprendere ciò che si è perso e rilanciare. Ma continuando a credere nella scuola come sfida da vincere e non come partita persa.

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