Tra i beni più preziosi e indispensabili che madre natura ha messo a nostra disposizione senz’altro primeggia l’acqua. Fonte di vita, sotto vari aspetti, rappresenta per tutti i viventi terrestri un bene insostituibile, da custodire e preservare. Eppure, l’irresponsabilità umana, talvolta tradotta in comportamenti scellerati, rischia di diventare una minaccia per la corretta gestione e fruizione del prezioso liquido. Un campanello d’allarme, ad esempio, viene fatto risuonare da un recente studio modellistico (pubblicato su “Nature Water”), secondo cui, entro il 2100, fino a 5,5 miliardi di persone in tutto il mondo potrebbero essere esposte ad acqua inquinata!
Tale conclusione emerge da un’accurata mappatura della qualità delle acque di superficie, in base a tre diversi scenari del clima e dello sviluppo socio-economico futuri. In tutti i casi, l’Africa sub-sahariana risulterebbe essere tra le aree più colpite.
“Queste previsioni – ha dichiarato Tafadzwa Mabhaudhi, che studia i cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare all’Università di KwaZulu-Natal a Durban, in Sudafrica – offrono un’analisi temporale e spaziale di quelle che finora sono state prove aneddotiche sulla qualità dell’acqua nell’Africa sub-sahariana”. Diventa, quindi, urgente agire per contrastare fattivamente questa prospettiva, poiché senza prevedere investimenti adeguati in infrastrutture o trattamenti idrici, “siamo sicuramente seduti su una bomba a orologeria”, avverte Joshua Edokpayi, ricercatore in gestione della qualità dell’acqua all’Università di Venda a Thohoyandou, in Sudafrica.
Del resto, le stime attuali dell’ONU indicano che ben 2 miliardi di persone nel mondo già ora hanno difficoltà ad accedere all’acqua potabile. Considerando gli ultimi decenni, poi, si può osservare come l’Asia orientale e la regione del Pacifico siano le aree che hanno registrato il maggior inquinamento delle acque superficiali, soprattutto a causa del boom dell’industrializzazione e della popolazione, origine di una crescente domanda di acqua in zone che, fino ad oggi, non hanno le infrastrutture per sostenerla.
Dunque, per poter analizzare gli effetti futuri di tendenze simili, i ricercatori hanno modellizzato la qualità dell’acqua in periodi di 20 anni (dal 2005 al 2100), utilizzando i modelli esistenti di qualità dell’acqua globale. Più specificamente, sono stati presi in considerazione tre scenari climatici futuri, normalmente utilizzati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC); essi sono indicati con le sigle SSP1-RCP2.6, SSP5-RCP8.5 e SSP3-RCP7.0. Per comprenderne le differenti caratteristiche, va chiarito che SSP, acronimo di “shared socioeconomic pathways” (percorsi socioeconomici condivisi), prende in considerazione diversi fattori sociali, mentre RCP, che sta per “representative concentration pathways” (percorsi rappresentativi di concentrazione), fa riferimento alle traiettorie delle concentrazioni di gas serra. Ad esempio, SSP5-RCP8.5 indica una proiezione “business-as-usual”, connotata da un continuo e forte progresso tecnologico, pur se con una preoccupazione limitata per il riscaldamento globale. SSP1-RCP2.6, invece, definisce un ottimistico futuro “verde”, dove la sostenibilità diventa una priorità globale.
Purtroppo, secondo le evidenze ottenute dagli studiosi, in qualunque di questi possibili scenari, comunque la qualità dell’acqua è destinata a peggiorare, particolarmente nei paesi del Sud America e dell’Africa sub-sahariana con economie emergenti. All’opposto, in molti paesi ricchi, i livelli di inquinanti organici e di sostanze che possono causare malattie tendono a diminuire, grazie al miglioramento del trattamento delle acque.
Vi è poi la proiezione detta SSP3-RCP7.0, che ipotizza un’imminente “strada accidentata” di crescenti rivalità nazionali, cui si aggiunge un lento progresso economico e ambientale. Tale modello è caratterizzato da una scarsa crescita economica, da gravi cambiamenti climatici e dall’espansione della popolazione, che porta a una gestione molto peggiore della qualità dell’acqua. Inutile dire che si tratta dello scenario peggiore. In questa prospettiva, infatti, entro il 2100 l’inquinamento organico dell’acqua nell’Africa sub-sahariana sarebbe più che quadruplicato, causando l’esposizione di 1,5 miliardi di persone ad acqua non sicura. Ma anche in molte regioni nell’Asia meridionale, nel Medio Oriente e nel Nord Africa il deterioramento della qualità dell’acqua conduce ad un aumento dell’esposizione all’inquinamento.
E pensare che, tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, tutti i cittadini del mondo dovrebbero avere accesso all’acqua potabile entro il 2030!