COLONNELLA – Si sono svolti venerdì 11 agosto, presso la chiesa San Cipriano in Colonnella, i funerali di Maria Antonietta D’Ambrosio, avvocata, mediatrice familiare, giornalista, fondatrice e presidente dell’Associazione “Truentum – Festa dei Manocchi Colonnella” che da anni contribuisce a rendere la celebre Festa di Luglio dedicata alla Madonna del Suffragio ancora più suggestiva e rievocativa della storia del secolo scorso.
Queste le parole del parroco don Dino Straccia: “Maria Antonietta ha vissuto intensamente, sia nella gioia sia nel dolore, i forti interessi e le aspettative della vita. Non aveva mezze misure, quindi in tutto lei campava. È stata protagonista di tante iniziative culturali, in particolare per recuperare le radici storiche della nostra comunità. Donna forte e decisa, nella sua vita ha avuto tempo per tutto: per ridere e per piangere, per lavorare e per riposarsi, per pregare e per divertirsi. Oggi la sua morte ci ricorda che, sebbene la Croce appartenga a tutti noi, non finisce tutto qui. Qui tutto inizia. Inizia un’altra storia. La vera Storia della nostra vita. Quella per cui siamo stati creati, quella per cui noi viviamo le nostre esperienze in attesa della Vita Eterna”.
Nata a Colonnella nel 1952, D’Ambrosio ha seguito prima gli Studi Superiori presso la Scuola di Ragioneria Sant’Antonio di Padova (che si sarebbe trasformata successivamente nell’Istituto di Istruzione Superiore “Augusto Capriotti”) di San Benedetto del Tronto, poi gli Studi Universitari presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo. Ottenuta l’abilitazione per l’Avvocatura, ha conseguito la Specializzazione in Criminologia a Milano e pure l’abilitazione per l’Insegnamento, anche se ha scelto altre strade per realizzarsi nel mondo del lavoro. Impiegata prima all’Ufficio Ragioneria del Comune di Colonnella e poi all’Ufficio Area II Settore Finanziario del Comune di Giulianova, ha continuato a coltivare le sue passioni e il suo amore per la conoscenza. Da Giornalista, ha collaborato in varie testate nazionali, come “Il Tempo” e “Il Centro”, e in riviste culturali locali, come “Sintesi – Rassegna di vita teramana”, che hanno contribuito a diffondere le tradizioni locali ed abruzzesi nel territorio e nel mondo.
“È stato proprio questo amore per il territorio e per le tradizioni del passato – afferma la Maestra Pina Olivieri, poetessa e pittrice colonnellese – che ha spinto Maria Antonietta nel 1981 a raccogliere una mia idea dell’anno precedente. Essendo io una Maestra nel piccolo Comune di Colonnella, mi venne in mente di coinvolgere alcuni miei ex alunni in una sfilata con abiti folkloristici durante la ‘Festa dei Manocchi’. Questa ricorrenza, che nel nostro paese viene festeggiata sempre la seconda Domenica di Luglio, è una tradizione antica che risale ai primi anni del Novecento, quando la comunità, all’epoca costituita per lo più da contadini, in onore della Madonna del Suffragio donava alcune carrate di grano al parroco, il quale a sua volta le vendeva e teneva il denaro ricavato dalla vendita per le necessità della parrocchia. Questa usanza negli anni si era un po’ persa: era sopravvissuta negli anni Ottanta solo attraverso i ricordi degli anziani e si era ridotta all’utilizzo, durante la Processione, di spighe che ornavano la statua della Madonna, a ricordare l’antico legame con le terra e le tradizioni contadine. Questo contesto ben si sposava con la sfilata in abiti folkloristici. La voce si diffuse presto tra le mamme, le quali contribuirono ad acquistare le stoffe necessarie e a far vestire i propri figli. Io, che mi diletto a realizzare creazioni manuali, preparai mazzi e cestini di spighe con le quali i bambini sfilarono in Processione. Maria Antonietta, sempre attenta a quello che succedeva sul territorio e con una sensibilità particolare verso il recupero delle antiche tradizioni, pensò bene di fondare un’associazione che avesse come scopo proprio questo e si adoperò per replicare la sfilata dell’anno precedente con il coinvolgimento degli adulti, ponendola all’interno di un progetto più ampio che rievocasse usi e costumi del passato: non solo abiti e scarpe, ma anche piatti della cucina abruzzese, strumenti antichi per la coltura dei prodotti agricoli, canti e balli della tradizione popolare abruzzese. Nel 1986 l’Associazione ottenne l’ufficialità e da allora la tradizione è andata avanti per decenni: sono infatti oltre quarant’anni che celebriamo la Madonna del Suffragio in questo modo, ogni anno migliorandoci un po’”.
“Ricordiamo – dichiarano Bruno Di Lorenzo e Mariano Ricci, due dei soci fondatori dell’Associazione Truentum – che Maria Antonietta, insieme a Luciano Rossi, ci chiamò per mettere su quest’associazione che, a suo dire, avrebbe dovuto occuparsi di fare cultura. Noi ci mettemmo a ridere, perché onestamente lei era una persona molto colta e ci sembrò strano che facesse questa richiesta proprio a noi, abituati a lavorare più con le braccia che con la testa. Lei, però, ci spiegò che si può fare cultura in tanti modi e che recuperare le antiche tradizioni fosse uno di questi. Ci parlò quindi della sua idea di rievocare la trebbiatura con gli antichi strumenti del mestiere e lì cominciammo a capire. Insieme a noi, vennero contattati i fratelli Egeo e Alvaro Gasperi, Dante Cacchiò, Vito Di Lorenzo e suo figlio Evandro, Quinto Ricci, i fratelli Severino e Vincenzo Di Biase, Italo Di Felice, Mauro Scarpantoni, i due soci Remo e Franco di cui non ricordo il cognome, tutti Colonnellesi che in qualche modo avevano competenza nel lavoro dei campi. Riuscimmo, con l’aiuto di tutti, a reperire i mezzi agricoli necessari per poter rievocare ‘lu mete‘ e ‘lu machenà’ ((n.d.r. la mietitura e la trebbiatura), prima a mano con la falce, poi con la falciatrice trainata dai buoi, così ottenevamo ‘li patacchije‘ (n.d.r. mazzetti di spighe) che legavamo con ‘li vazze‘ (n.d.r. spighe di grano incrociate che facevano da legaccio) per ottenere ‘li manucchije‘ (n.d.r. manocchi di spighe). Poi li ammucchiavamo insieme per ottenere le cavallette. Gli iscritti all’Associazione divennero sempre più numerosi, anche perché iniziammo a coinvolgere pure le nostre mogli e i nostri figli, quindi giovani e bambini”.
“In quegli anni – ricorda Gabriella Rossi, nipote di due dei soci fondatori nonché amica della presidente – io ero giovane, ma venni coinvolta volentieri dall’entusiasmo di Maria Antonietta. I primi incontri nacquero dalla volontà di ricordare le belle tradizioni antiche, legate alla lavorazione dei prodotti della terra, come ad esempio il grano. Nel giro di pochi anni la rievocazione della trebbiatura presso la tenuta D’Ambrosio divenne un appuntamento fisso di quella che per Colonnella è la ‘Festa’ per antonomasia. Successivamente Maria Antonietta aggiunse anche l’aspetto enogastronomico: accanto alla rievocazione della trebbiatura, cominciammo a rievocare anche i menu classici della cucina abruzzese, come le tagliatelle al sugo di papera, i maccheroncini al sugo con le pallottine, ‘lu paparo” (n.d.r. la papera) arrosto con le patate al forno, la ‘pizza dogge‘ (n.d.r. pizza dolce, ovvero torta tipica abruzzese), tutti accompagnati da buon vino delle cantine locali. Noi ragazze effettuavamo il servizio a tavola, mentre le donne più grandi facevano il lavoro di cucina. Ricordo che c’erano Silvana Scartozzi, Maria Di Lorenzo, le sorelle Silvana e Mafalda Rossi, Antonina Vagnoni, Giovanna Fidanza, Luciana Ferroni, Loredana Di Berardino, Maria Catocchia, Renata Coccia, Italia Ruggieri, Gilda Buono, Dina Silvestrini e tante altre di cui non conosco i nomi, ma che ricordo con grande piacere e commozione, perché restano tuttora tenutarie e custodi della tradizione culinaria colonnellese”.
Negli anni successivi l’Associazione Truentum crebbe sempre di più e la presidente D’Ambrosio pensò di arricchire la Processione con la realizzazione delle antiche carrate. “Negli anni Cinquanta – dichiara Bruno Di Lorenzo –, quando io avevo sette/otto anni, mio padre mi accompagnava per mano in piazza il giorno della Festa, quindi ho ricordi nitidi e molto belli legati a quella speciale occasione. All’epoca, il Comitato Feste Parrocchiali, quando passava per le famiglie, spesso non riceveva denaro come avviene oggi, bensì una certa quantità di grano secondo le proprie possibilità. Le famiglie più prestigiose del paese, come Volpi, Catenacci e Barnabei, chiedevano ad uno dei contadini che lavoravano per loro di preparare, per conto della famiglia, una carrata di grano da donare alla Parrocchia in onore della Madonna del Suffragio. Essere scelti per questo compito era un onore, anche perché in genere veniva incaricato il contadino più capace a tenere in ordine le mucche che poi avrebbero sfilato per le vie del centro fino a giungere in chiesa o davanti alla vecchia farmacia, perché non sempre i carri riuscivano a passare oltre l’arco di Tito (n.d.r. Di Saverio). Ricordo tra i contadini dell’epoca Silvio Cacchiò, Alessandro Di Lorenzo e alcuni anziani della famiglia Cifeca di cui non ricordo il nome”.
“Con il passare del tempo – dichiara Mariano Ricci – l’economia era cambiata e si era persa questa usanza di donare le carrate alla parrocchia, finché Maria Antonietta ci chiese di ripristinare anche questa vecchia usanza con l’aiuto di Vito Di Lorenzo e Luciano Rossi che in questo erano dei veri maestri. Andammo presso il terreno di Bruno Di Lorenzo e ci mettemmo all’opera per realizzare queste carrate. Ricordo che lavorammo anche di notte e nei giorni festivi. In particolare ricordo un’edizione in cui, presso il capannone di Schemeringio Rosati, preparammo un carro con l’aiuto di un architetto colonnellese il quale realizzò con le spighe di grano l’immagine della nostra Madonna. Facemmo da soli per alcuni anni, poi Maria Antonietta, che era sempre molto esigente, pensò di dare a queste carrate un significato ancora più profondo e fu necessario coinvolgere altre persone sia della comunità che dei paesi limitrofi”.
“Ricordo – afferma Stefano Bastianelli, Assessore all’Agricoltura e alle Politiche Giovanili del Comune di Colonnella – che un giorno Maria Antonietta venne a cercare mio padre Armando e mio nonno Alberto per dare vita ad una carrata con un’effigie della Madonna del Suffragio interamente realizzata con le spighe di grano. Chiamò due artisti di Corropoli di cui non ricordo il nome e la compaesana Pina Olivieri, i quali diedero le direttive per realizzare una vera e propria opera d’arte. Non si diede subito seguito a quell’iniziativa, ma l’opera che venne fuori rimase impressa nella mente dei Colonnellesi per molto tempo, tanto che molti negli anni a seguire raccontarono ai figli e ai nipoti di quella volta che degli artisti avevano realizzato con il grano una statua della Madonna! Nel 2002 un gruppo di giovani, memori di quanto i loro nonni avevano raccontato loro, vennero da mio padre Armando per riprendere quella tradizione. Mio padre, con molta gioia, li aiutò e li seguì per molti anni. Maria Antonietta, magnanima come al solito, mise a disposizione insieme alla sorella Pasqua Gina la tenuta D’Ambrosio. Non solo non ci ostacolò, bensì fu molto contenta di questa collaborazione intergenerazionale che, di fatto, fu un vero e proprio passaggio di consegne e permise di tramandare usanze e competenze. Oggi di quegli anziani resta solo Giovanni Ficcadenti, di 88 anni, che è un po’ la mascotte del nostro gruppo. Ringraziamo Maria Antonietta per il supporto che all’epoca ci diede, suggerendoci di volta in volta un tema da trattare e trasmettendo così, attraverso le carrate, messaggi importanti a tutta la comunità”.
Dagli anni 2008 in poi l’Associazione Truentum si occupò di recuperare anche le usanze legate al canto e al ballo popolare. “Maria Antonietta, che era instancabile nel realizzare mille idee – racconta la prof.ssa Elga Vagnoni, M.° di Canto e Pianoforte ed artista colonnellese –, ad un certo punto pensò di promuovere, attraverso l’Asssociazione, anche un piccolo coro folkloristico, che nell’arco di poco tempo divenne sempre più numeroso. Per i primi mesi i cantori furono accompagnati da Danira Micozzi e Danila Corsi; nel 2009 poi fui contattata io per seguire il coro in maniera continuativa, così da poter essere pronti per esibizioni in pubblico. Ricordo che facevamo le prove ogni settimana, accompagnati dall’allegra musica del du botte, prima suonato da Dante Capriotti, poi dal giovanissimo Davide Spinosi. Insieme al canto, volle che ci preparassimo anche per il ballo: furono prima Bruno Di Lorenzo, poi la signora Gianna Cicolani ed il marito Antonio D’Addario ad insegnare agli altri partecipanti alcuni balli della tradizione popolare, come la quadriglia e il saltarello. Ricordo in particolare il signor Gaetano Muro, che era un trascinatore nel ballo, e la signora Giovannina Chiodi, che si esibiva ballando con la conca appoggiata sulla testa, una capacità che solo le nostre nonne avevano. Nell’arco di un anno riuscimmo a preparare un repertorio con il quale ci esibimmo in altri Comuni limitrofi del Teramano e del Piceno durante le varie rassegne di cori folkloristici. Voglio ricordare l’energia e l’entusiasmo di Maria Antonietta che erano così contagiosi da riuscire a coinvolgere molte persone, nonostante facessero già parte di altri cori, come ad esempio la signora Irma Branciani che per un periodo prestò la sua voce a tre cori contemporaneamente! Per non parlare dell’estrema generosità con la quale Maria Antonietta, insieme alla sorella, la prof.ssa Pasqua Gina D’Ambrosio, ogni anno metteva a disposizione la tenuta di famiglia, cosa che avviene ancora oggi. Quando per la prima volta vidi gli abiti dei coristi, chiesi da dove li avessero presi e mi fu raccontato che Maria Antonietta aveva recuperato in un vecchio baule un abito tradizionale locale risalente alla fine dell’Ottocento e aveva quindi deciso di far cucire a sue spese al sarto Alcide Santroni i modelli per tutti noi. Investiva il suo denaro, ma soprattutto il suo tempo per recuperare le tradizioni antiche, convinta che il recupero dei valori del passato e della propria identità potesse aiutarci ad affrontare meglio le sfide del futuro“.
Grande dunque il contributo culturale che D’Ambrosio, attraverso l’Associazione Truentum, ha dato alla comunità colonnellese, come ricorda Gabriella Rossi: “Oggi sono tantissimi gli eventi dedicati al passato, ma quando Maria Antonietta iniziò fu una vera precorritrice. Il suo intento principale era quello di unire la tradizione alla contemporaneità e di legare ogni iniziativa al territorio. Nel 2015, ad esempio, propose di affiancare le classiche carrate ad una carrata dedicata al tema dell’Expo di Milano: ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’, affrontando così la tematica dell’alimentazione, dall’educazione alimentare nei Paesi sviluppati alla denutrizione o malnutrizione nei Paesi in Via di Sviluppo, fino al ruolo dell’Italia come ambasciatrice del buon cibo nel mondo. Spesso si faceva portavoce di messaggi evangelici ed umani importanti, come ad esempio nel 2017, quando decise di affrontare un tema particolarmente spinoso per la comunità, come l’accoglienza dei migranti. Ricordo che qualcuno non era così contento di trattare un argomento che per la comunità potesse risultare divisivo, ma lei non se ne preoccupò e andò dritta per la sua strada: trascorse la sera precedente la Festa ad abbellire la carena e la murata di una barca che poi ornò di spighe. Il giorno successivo, durante la consueta Processione, fece interpretare la personificazione dell’Italia ad una ragazza albanese. Far sfilare per le vie del paese questa giovane con sulle spalle il tricolore, insieme alle carrate e alla barca che rievocava i barconi con cui gli immigrati spesso clandestinamente giungono da noi, fu di grande impatto emotivo. Quando le chiedevo di qualche critica che riceveva – fatto abbastanza consueto in tutte le piccole comunità – lei mi rispondeva sempre che questo era un aspetto triste, ma che la prospettiva doveva essere più alta. E lei, devo dire, spesso ha elevato il punto di vista da cui guardare, dando alla comunità la possibilità di osservare le cose con maggiore chiarezza e nitidezza, illuminate da una Luce più alta e fulgida. Per noi dell’Associazione è stata una grande catalizzatrice di valori, che ci ha legato alla tradizione e alle nostre origini, ma nello stesso tempo è stata mediatrice e volano per le nuove generazioni. È stato bello negli ultimi anni vedere coinvolta nella Processione della Festa una nuova generazione di giovani, figli di Colonnellesi che in passato hanno contribuito a rendere grande l’Associazione. Ed è stato ancora più bello vedere alcuni giovani nel corteo funebre che ha accompagnato la nostra Maria Antonietta: sapere che la tradizione prosegue attraverso le nuove leve, le avrà certamente strappato un sorriso”.
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Grazie a tutti per la commovente partecipazione. Ringrazio la professionale giornalista Carletta Di Blasio per questo articolo che non solo ricorda fedelmente la personalità e l'impegno sociale e culturale di mia sorella Maria Antonietta ma altresì ha narrato con dovizia una parte importante della storia del nostro paese in una ricostruzione veritiera accedendo alle certe Fonti verbali dei nostri concittadini impegnati altresì nella rievocazione storica di tradizioni popolari in occasione della Festa dei Manoppi in onore di Maria SS del Suffragio. Possano i giovani prendere esempio che nella semplicità sta l'incanto! Si ringraziano tutti coloro i quali in passato e quest'anno, devoti alle forme di cultura popolare, tramandate spesso oralmente , hanno reso possibile tutto questo!