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Il grazie in famiglia

Giovanni M. Capetta

Non sono le cime dolomitiche a cui siamo abituati grazie alla metà trentina della nostra famiglia, ma, dalla finestra, con mia moglie, scorgiamo la vetta di uno dei monti più alti della catena della Maiella e, ora dopo ora, ci pare che la natura, mite e insieme selvaggia, di questa terra d’Abruzzo, ci stia accogliendo con un calore tutto diverso da quello che nelle ultime settimane ha soffocato la capitale. “Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. Non agli dèi, ma a te voglio cantare” (v. 1). Facciamo nostre le parole di questo piccolo Salmo di ringraziamento (138) all’inizio di una settimana di convivialità, con altre dodici famiglie della comunità parrocchiale, guidati con sapiente affetto da due dei nostri frati minori. “Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome” (v. 2). Sì, siamo davvero grati al Signore, perché, ancora una volta, ci mostra il suo volto di misericordia attraverso questo tempo propizio. Un tempo di riposo dei corpi, alla fine di un anno di lavoro, ma soprattutto uno spazio in cui lo spirito può respirare a pieni polmoni, propiziato dal contatto più diretto con le meraviglie del Creato, sostenuto dall’amore dei fratelli più tangibilmente presente nella quotidianità dei pasti comuni, del camminare insieme, del gioco con i più piccoli e, infine, attraverso la preghiera al mattino, l’Eucarestia quotidiana e tre momenti forti di approfondimento a partire dalla Parola e dalla millenaria saggezza della Chiesa. Lasciati i quattro figli, ormai più che adolescenti, ai loro programmi estivi (un poco di vacanza al mare coi nonni, poi a Lourdes con i coetanei del Gruppo giovani, o in Route itinerante con il clan del gruppo Scout) questo tempo lo abbiamo dedicato alla coppia, “primo figlio” della nostra famiglia. Un tempo di manutenzione necessaria, come in piccolo sarebbe bene riuscire a fare ogni mese o poco più, con un week end di ritiro, o almeno un poco di tempo appartati, almeno una cena a tu per tu… Un tempo breve, ma intenso, a cui sono giunto con attese diverse rispetto alla mia sposa, come sempre, in modo affascinante succede, quando un uomo e una donna – anche se si conoscono da quasi 30 anni – approcciano la medesima esperienza. Eppure, con le parole del Salmo entrambi già possiamo dire: “Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza. Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra, quando ascolteranno le parole della tua bocca. Canteranno le vie del Signore: grande è la gloria del Signore! Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile; il superbo invece lo riconosce da lontano. Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita; contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano e la tua destra mi salva” (vv. 3-7). Sembrano parole esorbitanti, oppure appartenenti ad un’altra epoca e contesto e, invece, leggendo nel cuore, possono appartenerci e dalla pagina biblica, attraverso noi, tornare verso il cuore di Dio, ogni volta rinnovate, come sempre è la sua Parola. Il Signore anche quest’anno ha risposto alle nostre invocazioni e anzi ci ha anticipato con un amore che è sempre e comunque preveniente. Come non sentire, per fare solo uno dei mille accenni possibili, una sproporzione incommensurabile per il dono della salute nel corpo e nella mente (pur con i necessari aiuti e supporti…) di cui godiamo tutti nella nostra famiglia? Possiamo accampare il benché minimo merito, rispetto a chi in questo stesso momento è chiamato a piangere una persona cara che non c’è più, ad affrontare una malattia in un letto d’ospedale, o a star vicino ad un fratello che soffre o attraversa un’angoscia che pare senza speranza? Tante mattine, tante sere forse ci dimentichiamo che prima di ogni altro lamento, litigio o incomprensione fra noi, dovremmo lasciare solo e soltanto uno spazio di infinita gratitudine perché Dio Padre “ha accresciuto la nostra forza”. Non abbiamo meriti, ma possiamo riconoscere che abbiamo messo in gioco la fragile ma decisiva libertà che è in noi e abbiamo aperto a Gesù che non si stanca di bussare alla porta di casa, ma entra solo se lo invitiamo. Quanto è centuplicata la gioia se solo ci fidiamo che nel suo amore egli vuole la nostra felicità già qui ed oggi! Il Signore guarda verso l’umile, sa scrutare come nessuno nel cuore, ecco, forse è questa la chiave della porta: l’umiltà, quella stessa di Maria, che – pur avendo fatto domande di fronte a quell’annuncio che cambia la sua vita e la storia – accoglie un piccolo seme che genera la salvezza del mondo e potrà poi cantare nel Magnificat proprio ciò che il salmo anticipa profeticamente. Accompagnati da un padre esperto abbiamo condiviso una catechesi sull’ubbidienza nel matrimonio e, in questi giorni, si proseguirà meditando sugli altri consigli evangelici di castità e povertà che non sono per i soli religiosi, ma per tutti i cristiani, quindi anche per i coniugi, che desiderano vivere radicalmente, nella specificità della loro chiamata, la sequela di Gesù.  Lo lodiamo con il verso finale del Salmo 138, convinti che la nostra vita è opera delle sue mani e a noi sta solo affidarci docili alla sua volontà di bene: “Il Signore farà tutto per me. Signore, il tuo amore è per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani” (v. 8).