MARTINSICURO – La Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona ha evidenziato ancora una volta quanto sia importante la ricerca di un rapporto personale con ogni singolo giovane. È anche per questo motivo che il nostro giornale ha pensato di incontrare alcuni giovani della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto che hanno preso parte alle giornate portoghesi per farci raccontare la loro esperienza.
Iniziamo con Iacopo Sabini, un giovane di 27 anni della Parrocchia San Gabriele dell’Addolorata di Villa Rosa di Martinsicuro, in passato animatore del gruppo dei giovani del dopo Cresima, attualmente ministro straordinario della Comunione, oltre che studente della Facoltà di Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi di Teramo.
Cosa l’ha spinta a partire per la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona?
Alcuni miei amici erano partiti per Madrid nel 2011, ma io all’epoca mi ero preso un periodo di pausa e non ero attivo in parrocchia. Quando poi nel 2016 c’è stata la GMG a Cracovia, ero appena rientrato nel gruppo dei giovani in parrocchia e non si è creata la situazione giusta per partire. Per quanto riguarda, invece, Panama nel 2019, la voglia di partire era tanta, ma era Gennaio ed io ero impegnato con l’Università. Il racconto dei miei amici, però, continuava a venirmi in mente: mi dicevano di essere rimasti in contatto con le famiglie che li avevano ospitati. Nonostante siano trascorsi degli anni, i legami con alcuni giovani incontrati durante le Gmg sono rimasti saldi: si mandano pacchi, si sentono telefonicamente e anche attraverso i social, alcuni Polacchi sono addirittura venuti in Italia a casa di una mia amica a Martinsicuro. Mi ha molto incuriosito, oltre alla testimonianza dell’esperienza in sé, sapere anche di questo scambio culturale, spirituale e fraterno che hanno vissuto e continuano a vivere. Quando ho saputo di Lisbona, quindi, mi sono detto: “Questa è l’occasione giusta per me!”. E sono partito abbastanza carico di aspettative che – devo dire – sono state proprio ben ripagate!
Quale è stato il momento più bello che ha vissuto durante la Gmg di Lisbona?
Il momento più bello in assoluto è stato al termine della Veglia con Papa Francesco. Ho alzato lo sguardo e mi sono reso conto del fatto che l’immenso, sterminato prato su cui eravamo (n.d.r. Parque Tejo, Lisbona), era colmo di giovani. Ho pensato a quanto sia grande la Chiesa! Spesso si dice che la preghiera e la religione siano qualcosa per vecchi; lì, invece, ho percepito che la Chiesa non è in declino, perché ci sono tanti, ma tanti giovani che credono in Cristo, che sono pronti a vivere secondo i suoi insegnamenti e che renderanno il mondo sempre migliore.
Ritiene che questa Gmg e le parole di Papa Francesco abbiano dato una spinta maggiore all’impegno dei giovani laici?
Come cristiani, siamo tutti chiamati ad annunciare la Parola. La Gmg, però, ha mosso qualcosa in più nei nostri cuori! Forse il contesto di festa e preghiera insieme, forse l’entusiasmo e la forza di Papa Francesco, forse la moltitudine di coetanei con cui abbiamo condiviso l’esperienza: tutto ha contribuito a farci sentire chiamati personalmente – chi un un modo, chi in un altro – a vivere con gioia la nostra vita, a dare testimonianza al mondo intero del nostro essere cristiani. Siamo tornati con una carica incredibile che non dobbiamo e non possiamo disperdere!
Dal racconto che sta facendo si percepisce quanto sia stata intensa ed importante, durante la Gmg, la dimensione dell’incontro. Quali incontri sono stati più significativi per lei e per la sua vita?
Un incontro significativo è stato, senza dubbio, quello con la famiglia che ci ha ospitato. Il proprietario, in particolare, è stato veramente gentile. Il primo giorno, appena arrivato in casa, ha notato che il mio zaino si era rotto; essendo titolare di un’azienda di pelletteria, mi ha chiesto di svuotarlo e di darglielo, così me lo avrebbe risistemato. L’accoglienza che abbiamo ricevuto è stata veramente calda e sentita. Prima di andare via, per ringraziarli e ricambiare la loro generosità, abbiamo lasciato loro alcuni prodotti gastronomici italiani, come maccheroncini di Campofilone ed olive all’Ascolana, che hanno apprezzato moltissimo! È stato bello sentirsi circondati di un affetto fraterno e sincero, accolti come se ci conoscessero da anni. Davvero ci siamo sentiti fratelli.
Poi ci sono stati momenti di incontro con i nostri coetanei, giovani ragazzi che provenivano da altre parti del mondo e con cui abbiamo scambiato parole, emozioni e anche qualche gadget. In particolare ricordo che la sera della Veglia con Papa Francesco, mentre stavo raggiungendo il settore assegnato a noi Italiani, c’era un ragazzo di Porto che sventolava il suo cappello per fare cambio con il mio: onestamente volevo tenere il mio, ma tanto era il suo desiderio di accaparrarsi il cappello degli Italiani, che alla fine glie l’ho ceduto volentieri, perché ho visto proprio la gioia nei suoi occhi! Il momento degli scambi, che è stato un vero e proprio baratto, oltre che essere divertente, è stata l’occasione per conoscere persone che, nonostante vivano molto lontano da noi, condividono le stesse fragilità, le stesse paure, gli stessi sogni che abbiamo noi. Fare questa scoperta è stato impagabile!
Un altro incontro infine che voglio citare è quello che abbiamo vissuto al termine della Festa degli Italiani. Oltre ad avere cantato e ballato sulle canzoni di Fiat 131 ed Lda, sono rimasto affascinato dalle parole di don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della CEI. Ad un certo punto ci ha invitato ad accendere le torce dei nostri cellulari e ci ha fatto riflettere sul fatto che dalla TV i telespettatori avrebbero visto tante piccole lucette, ma a noi probabilmente non avrebbe fatto piacere sapere di essere solo un puntino tra tanti, bensì avremmo voluto che qualcuno vedesse dietro il puntino la nostra storia, i nostri sentimenti. Mi sono ritrovato in quelle parole e mi sono commosso, soprattutto quando ci ha raccontato un episodio della vita del Papa Buono: “Un giorno Papa Giovanni XXIII, mentre stava posando per Manzù, che era ateo, vide l’artista piangere per la morte del comune amico don Giuseppe De Luca e allora gli disse: ‘Giacomo, hai notato che, quando piangi e guardi il cielo, le tue lacrime diventano stelle?’ Ecco, guardate il cielo sempre, quando le lacrime sono di gioia e anche quando nascono da un dolore. Sta a voi trasformarle in stelle, guardando il cielo”. Ho trovato nelle sue parole una grande forza ed un grande incoraggiamento per la mia vita.
Cosa desidera nella sua vita? In cosa crede consista la sua realizzazione? Qual è l’uomo che vuole diventare?
Per alcuni miei coetanei la realizzazione maggiore deriva dai successi nella professione e pensano spesso anche alla possibilità di trasferirsi altrove per poter avere maggiori opportunità. Io, al contrario non ho grandi aspettative dal punto di vista professionale: sono in un settore che nel nostro territorio fortunatamente offre occasioni di lavoro, quindi credo di poter trovare un’occupazione che mia dia da vivere dignitosamente. Ritengo infatti che il lavoro sia uno strumento per vivere, non il fine. La vera realizzazione consiste nel sentirsi felice, in pace, completo. In questo momento, ad esempio, credo che per sentirmi veramente felice avrei bisogno di incontrare una compagna con cui creare una famiglia che si fondi su Cristo. Per molti questo aspetto non è importante, per me invece è fondamentale, forse anche perché ho perso mio padre da tempo e mi rendo conto di quanto conti la famiglia. Credo che sia essenziale vivere momenti di preghiera insieme in famiglia e basare le proprie scelte su valori condivisi. Le famiglie che sono impostate in questo modo, sono più unite, più preparate ad affrontare le difficoltà della vita. La Gmg in tal senso mi ha dato una risposta: attraverso le testimonianze di alcuni sacerdoti e di tanti giovani e soprattutto attraverso le parole di Papa Francesco, ho capito che non devo preoccuparmi. Il Santo Padre, infatti, ci ha detto che Dio ci conosce, ci ha chiamato per nome e sa tutto di noi: conosce le nostre gioie, i nostri dolori, i nostri successi e i nostri fallimenti. Egli ci dice di non temere. Da quel momento sento proprio di affidarmi a Lui, di non stare tanto a preoccuparmi di una situazione che mi rattrista, di un episodio che mi delude o più in generale del futuro, perché Egli sa cosa è bene per me. Io so che il Signore è presente nella mia vita e sa come rendermi felice.
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