(Foto ANSA/SIR)

Giovanna Pasqualin Traversa

Un disegno di legge contro gli stupri che inizierà il proprio iter alla ripresa dei lavori del Parlamento. Lo ha annunciato il 23 agosto, a margine del Meeting di Rimini, Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, sottolineando inoltre l’importanza di intervenire sul piano educativo e di porre un freno alla fruizione del porno per i minori. Temi sostenuti con convinzione anche dallo psicologo Marco Piccolo, responsabile del Sidef Calabria, associazione non profit di famiglie, all’indomani dello stupro di gruppo di Palermo

Dottor Piccolo, lei afferma che i nostri ragazzi sono sempre più immersi nella cultura del porno e che l’età si abbassa sempre più. Che impatto può avere questa sessualizzazione precoce e distorta sulla loro mente in formazione?
Stiamo parlando anche di bambini. Non essendoci di fatto alcun limite alla possibilità di accedere al porno, qualsiasi ragazzino anche di 10 o 12 anni in possesso di smartphone può entrare nell’universo della pornografia – un catalogo truce, variegato e condito da molta violenza – subendone un impatto negativo, anzitutto dal punto di vista emotivo.

Il modello di relazione uomo-donna rappresentato nel porno è fortemente misogino, caratterizzato da aggressività e prevaricazione maschile nei confronti della donna, ed è questo modello ad essere “incamerato” dai giovanissimi “utenti”.

Nei porno la star è la donna, ma il protagonista è l’uomo, spesso più uomini insieme, perché la regia è nella stragrande maggioranza maschile.

Dal punto di vista emotivo, questo determina la formazione di uno schema comportamentale a livello di relazioni uomo-donna totalmente sbilanciato e distorto.

Ma c’è dell’altro.

Di che si tratta?

Marco Piccolo – foto Sidef Calabria

Un accesso così prematuro al porno crea anche modelli di tipo sessuale incentrati sulla performance. Nella fase della tempesta ormonale legata alla pubertà, un ragazzo rischia di “vivere” la propria educazione sessuale secondo un paradigma che non guarda all’incontro con l’altro e alla dinamica del dono, ma è incentrato esclusivamente, grazie a corpi perfetti, luci ed effetti speciali, su una iper performance di tipo fisico e sessuale, totalmente al di fuori della realtà ma che si imprime come autentica in un cervello ancora in formazione.

Mi capitano giovanissimi, anche diciottenni, che si sentono inadeguati e ritengono di avere bisogno della pillolina blu.

Un episodio agghiacciante come lo stupro di Palermo è legato anche alla mancanza di presenza educativa da parte degli adulti? È mancata quell’educazione all’affettività, ai sentimenti, alle relazioni e al rispetto della donna che si dovrebbe “respirare” fin da piccoli in famiglia?
Oggi si riscontra una difficoltà ad accettare l’idea che si debbano educare i ragazzi alle virtù. Virtù che, come dice lei, si dovrebbero respirare in famiglia. Penso alle classiche virtù cardinali che non hanno valore solo per i cristiani: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, già presenti nell’Etica Nicomachea di Aristotele perché considerate anche nel mondo classico ideali da perseguire. Come genitori e come agenti educanti abbiamo fatto un passo indietro:

oggi parlare di virtù è diventato un tabù.

Mi rendo conto che la situazione delle famiglie è molto complicata: entrambi i genitori spesso lavorano tutto il giorno ed hanno poco tempo per stare con i propri bambini, ma sarebbe importante recuperare l’educazione alla temperanza e al dominio di sé attraverso il no. Dire no ad una richiesta del figlio lo aiuta a capire che esiste un limite e se ciò provoca una ferita, questa non è fine a sé stessa, ma lo sta addestrando alle ferite che la vita gli infliggerà. Si fa invece molta fatica a dire no, sia per i sensi di colpa sia per lo stile consumistico di una società che spinge ad avere tutto subito rifiutando l’idea del limite e dell’attesa.

Oltre ad un’assoluta incapacità di dominare i propri istinti, questa vicenda ha evidenziato una totale assenza di empatia…
Ci ha mostrato sette ragazzi “rotti” in alcuni meccanismi emotivi e psicologici, “rotti” nella loro capacità di entrare in empatia con la situazione. In questi quasi 60 terribili minuti, in nessuno di loro è scattato un meccanismo regolatorio; nessuno ha avuto uno sguardo più lucido, più umano; nessuno si è chiesto: che cosa stiamo facendo?

Ma un ragazzo incapace di essere empatico fino a questo punto, che tipo di esperienza familiare avrà vissuto?

Probabilmente è un bambino che non è stato guardato, che non ha sentito lo sguardo dei genitori né su di sé né sulla realtà.

Che cosa intende dire?
Mi chiedo come siano i genitori di un ragazzo che arriva a compiere un atto così grave. Che tipo di sguardo abbiano avuto su di lui, inoltre se abbiano guardato, ad esempio, ad eventi storici o di cronaca dandone un giudizio positivo o negativo secondo l’avvenimento, facendone insomma uno strumento educativo.

Lei sostiene che, come altri Paesi, anche l’Italia deve dotarsi di una legge di verifica dell’età per l’accesso al porno online, tema toccato il 23 agosto anche dal ministro Roccella…
Si tratta di un campo minato. Negi Usa l’Age Verification Law è stata approvata o è in fase di approvazione in 6/7 Stati. In Francia è stato un parto difficilissimo, che però ha visto la stessa industria del porno impegnata nel riconoscere la necessità di una barriera efficace per i minorenni. In Gran Bretagna la legge dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2024. Nel nostro Paese il divieto per i minori esiste sulla carta, ma è facilmente aggirabile da qualsiasi bambino/ragazzo con un semplice clic sullo smartphone. Il cuore del problema riguarda la tutela della privacy, oltre agli enormi interessi economici che ruotano intorno a questa “industria” per la quale i ragazzi costituiscono un ampio bacino di mercato. Se ogni accesso dovesse essere subordinato alla certificazione della propria maggiore età tramite una sorta di Spid o un altro strumento analogo, verrebbe meno la privacy. Occorre trovare una soluzione che in qualche modo salvaguardi la privacy; altrimenti,

mettendo su un piatto della bilancia la privacy e sull’altro la salute fisica e mentale dei ragazzi, ritengo quest’ultima un bene di gran lunga superiore al quale poter sacrificare anche la privacy.

Ovviamente, questo non basterà ad impedire episodi brutali come quello di Palermo, ma potrà contribuire a bonificare e salvaguardare le menti e le volontà dei nostri ragazzi.

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